Oltre 14 milioni di euro per 462 opere d’arte pagate in media tra il 70 e l’80% in più rispetto al loro valore di mercato. E’ lo shopping dissennato degli ex vertici di Veneto Banca finito al centro di un nuovo filone di inchiesta della Procura di Roma nelle settimane in cui la ex popolare veneta, insieme a Pop Vicenza, spera nel soccorso del Tesoro e in un’improbabile clemenza della Commissione Ue per evitare il bail in. Secondo Repubblica, che dà conto dell’indagine, gli esperti incaricati dai pm di valutare quadri, statue di Canova, specchiere settecentesche e altri tesori che fanno parte del patrimonio della banca ritengono che “su 109 opere valutate sopra i 30mila euro e pagate oltre 12,6 milioni nessuna risulta valutata il giusto prezzo”.
I 12 pezzi valutati da Sotheby’s, in particolare, valgono tra i 256 e i 400mila euro ma sono stati pagati 1,25 milioni. Le 42 opere esaminate da Bonhams sono iscritte a bilancio per oltre 5 milioni ma sul mercato frutterebbero al massimo 964mila euro. Un quadro di Guglielmo Ciardi, pittore veneziano di fine ‘800, fu acquistato per 415mila euro: 404mila in più rispetto alla quotazione corrente. Il consulente dei giudici rileva “gravi e diffuse irregolarità” e parla di “serie perplessità” sui prezzi d’acquisto, “superiori anche alle perizie coeve, quando effettuate”. Ora i pm vogliono appurare se qualcuno, in questo modo, si sia arricchito.
Gli acquisti risalgono ai tempi in cui al vertice dell’istituto c’era il direttore generale Vincenzo Consoli, indagato e lo scorso anno finito per tre mesi ai domiciliari con le accuse di aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza. Fu proprio Consoli, secondo gli investigatori, a sollecitare il cda a procedere agli acquisti senza badare a spese. Gli attuali vertici si preparano ad avviare un’azione di responsabilità nei confronti del vecchio consiglio di amministrazione per questo e gli altri episodi di cattiva gestione, come già fatto dalla Banca Popolare di Vicenza nei confronti dell’ex presidente Gianni Zonin, dell’ex consigliere delegato Samuele Sorato e di una lunga lista di amministratori, destinatari di una richiesta danni nell’ordine di circa 2 miliardi di euro. Consoli, tramite il suo avvocato, sostiene che tutte le procedure sono state rispettate. In primavera l’ex dg ha anche avviato contro l’istituto di credito di Montebelluna una doppia causa per ottenere 3,5 milioni di euro di liquidazione.