Era probabilmente cerchiata in rosso sul calendario, evidenziata nei promemoria, segnata forse persino nelle sveglie dei telefoni cellulari. E non poteva essere altrimenti visto che quella di oggi è una giornata fondamentale per la Regione Siciliana, una data importantissima, un giorno da ricordare negli anni a venire. Uno pensa: che cosa potrà mai accadere di così rilevante nell’isola del Gattopardo, nella Regione dei corsi e ricorsi storici, delle alchimie politiche che anticipano epoche nazionali e segnano destini di governi e governanti? Il varo di una legge rivoluzionaria? La riforma dell’agrodolce statuto Autonomo? L’inaugurazione di una linea ferroviaria da Paese occidentale o – chissà – persino di un’opera simbolica tipo il ponte sullo Stretto? Nossignore. Niente di così banale. Al contrario in Sicilia oggi è il V-Day, non il Vaffa Day di Beppe Grillo ma più semplicemente il giorno del vitalizio, importante solo per poche decine di cittadini.

Giacarlo Cancelleri

Il V Day dei deputati – Dalla scorsa mezzanotte i consiglieri regionali dell’isola – che qui per la verità si fanno chiamare “onorevoli“, cioè deputati, come fanno i loro colleghi di Montecitorio – hanno maturato il diritto a percepire la pensione. Sissignore: ai 51 consiglieri eletti per la prima volta nel 2012 sono bastati quattro anni, sei mesi e un giorno tra i banchi dell’Assemblea regionale siciliana per garantirsi un assegno mensile che cominceranno a percepire a partire dal loro sessantacinquesimo compleanno. Tutti tranne i 14 consiglieri del Movimento 5 Stelle che hanno rifiutato l’assegno inviando una lettera di rinuncia all’Ars e che oggi hanno organizzato un corteo di protesta contro il privilegio. “I politici hanno fatto la legge Fornero per i cittadini che però non si applica ai politici stessi: è un grande paradosso”, dice Giancarlo Cancelleri, che studia da governatore e infatti lancia subito la sua proposta. “Quando saremo al governo di questa regione – promette – aboliremo i vitalizi. Chi fa il consigliere regionale ha diritto solo ai contributi per il periodo in cui è in carica. Niente assegni regalo“. Al pentastellato risponde Davide Faraone del Pd. “Per rinunciare ai privilegi i deputati M5s all’Ars avrebbero dovuto dimettersi ieri e non l’hanno fatto. Hanno spedito una settimana fa una lettera che è carta straccia e oggi marciano urlando vergogna, avendo maturato, da qualche ora, anche loro i requisiti pensionistici”, attacca il sottosegretario alla Salute. “Non è così – assicura però Cancelleri – la nostra rinuncia è stata inserita nei nostri fascicoli personali. Al compimento dei 65 anni d’età non percepiremo un euro”.

Rosario Crocetta

Le regole del privilegio – Ma mettendo da parte le beghe tra dem e grillini a quanto ammonta la cifra dell’emolumento? Niente di faraonico: “appena” 1.023 euro lordi al mese, ma una paga soddisfacente per chi nei fatti ha lavorato meno di cinque anni. Senza considerare che questa è la somma che va solo ai 51 consiglieri alla prima legislatura: tutti gli altri – quelli cioè con più anni trascorsi all’Ars – vedranno semplicemente aumentare l’importo del vitalizio, e parallelamente diminuire l’età minima per accedere al privilegio. Merito dell’articolo 2 del regolamento delle pensioni dei deputati varato dall’Ars nel 2012. “Per ogni anno di contribuzione oltre il quinto l’età richiesta per il conseguimento del diritto alla pensione è diminuita di un anno, con il limite all’età di 60 anni”, recita il regolamento, che all’articolo successivo disciplina invece come “la frazione di anno si computa come anno intero, se la durata non è inferiore a 6 mesi e un giorno”. È per questo motivo che dopo soli  quattro anni e mezzo scattano comunque i privilegi previsti in origine per chi ha ricoperto l’incarico di onorevole per una legislatura intera.

I pensionati dell’ultimo giorno – L’onorevole Gianfranco Vullo, eletto per la prima volta dal Pd nel 2012, dovrà per esempio aspettare appena tre anni per compiere 65 anni e quindi aggiungere all’eventuale pensione maturata come geometra e imprenditore anche quell’assegno bonus timbrato Regione Siciliana. Per incassare il suo privilegio, invece, dovrà attendere fino al 2053 il giovane Toti Lombardo, che all’Ars è entrato appena ventiquattrenne avendo ricevuto in eredità il seggio dal padre Raffaele, penultimo governatore dell’isola. Accede automaticamente al vitalizio, invece, l’attuale presidente Rosario Crocetta, che di anni ne ha già 66 e sull’argomento ha spesso regalato promesse mai mantenute. “I vitalizi dei deputati regionali in Sicilia vanno aboliti, ma io non ho una maggioranza e non posso agire”, diceva fino a poche settimane fa su Rai Uno, intervenendo all’Arena di Massimo Giletti.

Palazzo dei Normanni

Quattro settimane e un vitalizio – La stessa trasmissione che aveva appena finito d’intervistare tale Salvatore Caltagirone. Chi? Un settantenne di Grotte, un paesino in provincia di Agrigento, che era stato vicesindaco nel suo comune con lo Psdi e poi nel 1996 era stato candidato con Alleanza Nazionale alle regionali. Non era stato eletto fino al 12 aprile del 2001, quand’era subentrato ad un collega passato alla Camera. Cinquantuno giorni dopo, però, la legislatura era finita. Poco male, perché quelle quattro – cinque settimane trascorse all’Ars hanno fruttato a Caltagirone un assegno da tremila euro“In realtà, sono 2mila euro netti . Rinunciare? E perché? Come me ce ne sono tanti altri. Se rinunciano loro, allora rinuncio al vitalizio pure io”, sosteneva il diretto interessato regalando ai microfoni della Zanzara una verità: in Sicilia, infatti, i colleghi di Caltagirone sono innumerevoli.

La carica dei 180 – I vitalizi erogati da Palazzo dei Normanni costano ogni anno 19 milioni e mezzo di euro, più degli stipendi dei deputati in carica che invece pesano sui bilanci “soltanto” per 16 milioni. Nel dettaglio ogni mese ricevono l’assegno ben 180 ex deputati che costano alle casse del’Ars 902 mila e 302 euro ogni trenta giorni, 10 milioni e 824 mila euro l’anno. Si va dai 6.838 che arrivano ogni mese sul conto del 95enne Nicola Cipolla, eletto nel 1951 con il Pci e poi titolare di una lunga carriera da senatore, ai tremila di Pietro Zizzo, anche lui ultranovantenne ma titolare di una sola legislatura all’Ars, fino ai 4.973 percepiti dall’ex ministro della Dc Calogero Mannino e ai 6.092, invece di Emanuele Macaluso, storico leader dei miglioristi. Cifre che tra l’altro vanno spesso sommate agli altri vitalizi erogati da Camera e Senato: fino al 2011, infatti, il privilegio siciliano era cumulabile con quelli romani.

Davide Faraone

Vitalizi di padre in figlio – Poi ci sono gli assegni di reversibilità: sono 117 per una spesa complessiva mensile di 522 mila euro, cioè sei milioni e 264 mila all’anno. Gli ex deputati dell’Ars, infatti, dopo la morte hanno la possibilità di girare l’assegno ai coniugi o ai figli, a patto che questi ultimi siano “in stato di bisogno”. È il caso della moglie dell’avvocato Elios Costa, eletto all’Assemblea Regionale Siciliana con 14mila voti. Era il 1947, il presidente del consiglio si chiamava Alcide De Gasperi, George Marshall non aveva ancora presentato al mondo il suo celebre piano di aiuti economici per l’Europa, e quella era la prima legislatura del parlamento siciliano in epoca repubblicana. Costa rimase all’Ars solo tre anni, non venne rieletto nel 1951, e a Palazzo dei Normanni non mise più piede. Forse non avrebbe mai immaginato che quei tre anni da deputato regionale gli avrebbero fruttato più di duemila euro al mese di vitalizio: assegno che dopo la sua morte passò alla moglie.

Privilegi anche per i non eletti – Più leggera la cifra incassata dalla vedova di Franco Bisignano, appena mille euro, ma comunque un’enormità se si considera che Bisignano all’Ars non è mai entrato. Si candidò nel 1976 con il Movimento Sociale Italiano, fu il primo dei non eletti e rimase fuori dal Parlamento Regionale. Bisignano però, non si arrese: iniziò a farsi chiamare “onorevole” (anche se era soltanto sindaco del minuscolo comune di Furnari, nel messinese) e cominciò una guerra a colpi di carta bollata contro Antonino Fede, eletto al suo posto, ma non residente in Sicilia. Per trovare un tribunale che gli desse ragione impiegò vent’anni tondi: nel 1996 quindi gli venne concessa la liquidazione e il vitalizio che da qualche anno è passato alla vedova. E pazienza se a quelle elezioni di quarantuno anni fa Bisignano non venne mai eletto: capita ogni tanto che a festeggiare il V Day sia anche chi non è neanche riuscito neanche a vincere un’elezione.

Twitter: @pipitone87

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