di Antonia Di Lorenzo*
“Quando è troppo è troppo”, ha affermato la premier britannica Theresa May all’indomani del duplice attacco terroristico a London Bridge e Borough Market avvenuto la sera di sabato 3 giugno, in cui si contano 7 morti e 48 feriti.
Pronuncia quell’ ‘enough’ lentamente, ma con tono perentorio, dopo che il Regno Unito sembra essere diventato ufficialmente l’obiettivo principale del regime jiadista, dopo che in appena 78 giorni si sono verificati tre attacchi, ricordando anche quello del 22 marzo a Westminster e quello di Manchester del 23 maggio.
In un normale sabato sera, in cui ci incontra in qualche locale o pub del centro, si ordina una pinta da sei sterline, la prima di una lunga serie, forse, con la scusa di una finale di Champions; che poi, a dire il vero, agli inglesi per bere non serve nemmeno una scusa.
Le parole di Theresa May, però, pronunciate a pochi giorni dal voto, dovrebbero far riflettere soprattutto lei perché non occorrono più né campagne elettorali, né soluzioni semplicistiche.
La sua critica non si scaglia contro il “troppo poco” fatto dal punto di vista legislativo per contrastare il fenomeno del terrorismo. Lei, del resto, lo sa benissimo: avendo ricoperto la carica di ministro dell’Interno dal 2010 al 2016, e avendo ridotto durante tutto il suo mandato il numero delle forze armate di circa il 20%, indebolendo notevolmente la sicurezza e la reattività di un’intelligence che dovrebbe arrivare prima di quella fatidica frase “Tizio era già noto alle forze dell’ordine”.
Due dei tre attentatori di quest’ultimo bagno di sangue, uccisi in soli otto minuti a partire dagli accadimenti, erano, per l’appunto, già noti alle forze di polizia. Si tratta di Kuram Shazad Butt, apparso in un video girato a Regent’s Park mentre sventolava la bandiera dello Stato Islamico, denunciato altresí da un’italiana, circa due anni fa, con l’accusa di addescare ragazzini al parco. Lo stesso compare successivamente mentre discute con un agente della polizia che alla fine lo lascia andare. Kuram, mesi più tardi, viene assunto come customer assistant da Transport for London.
Insieme a lui, Rachid Redouane, di origine pakistana e Youssef Zaghba, italo-marocchino, un ventiduenne nato da madre italiana residente a Bologna e padre marocchino. Era stato fermato in aeroporto dopo che le forze dell’ordine si erano insospettite perché aveva un volo di sola andata per la Turchia, uno zainetto e pochi soldi con sé. Dopo aver disposto una perquisizione in casa nonché il sequestro del cellulare, dal dispositivo i tecnici rilevarono immagini che lasciavano intendere la volontà del giovane di aderire allo Stato islamico.
Youssef, tramite un avvocato, dopo essere stato arrestato ha fatto ricorso al tribunale del riesame, accolto dai magistrati in quanto non sussistevano gli estremi per formulare un’accusa di terrorismo. È stato peró inserito nella lista dei soggetti pericolosi, inoltrando tutta la documentazione all’Mi5 nell’aprile 2016. Scotland Yard ha reso noto che Youssef non è mai stato monitorato né dall’Mi5 né dalle forze di polizia.
Ad oggi, a 24 ore dal voto, i sondaggi vedono rimontare il partito laburista di Jeremy Corbyn pur se non con dati certi (alcuni sondaggi mostrano un divario di tre o quattro punti, altri di dieci, alcuni solo di un punto) alimentando l’ipotesi che il partito conservatore della May non otterrà la maggioranza necessaria che potrà permetterle di imporre la sua posizione negoziale in Europa in merito alla questione Brexit, avendo perso sin dall’annuncio delle elezioni ad aprile ad oggi almeno una ventina di seggi, si torna a discutere sulla linea da adottare che sarà necessariamente quella della tolleranza zero verso qualsiasi forma di estremismo.
Ma cosa significa ‘tolleranza zero’ ora che siamo in prossimità delle elezioni che segneranno per sempre il destino del Regno Unito?
Potrebbe forse essere inteso come un attacco alla caratteristica portante della società britannica: il multiculturalismo. Come fosse un effetto boomerang di secoli di guerre e colonizzazioni. Quello che in Paesi come il Regno Unito, ha dato modo a chiunque di continuare a vivere secondo proprie credenze, seguendo propri usi e costumi.
Così si segna una linea di frattura tra due linee politiche: quella che fa leva sulla paura, in stile Trump che da Oltreoceano attacca il sindaco di Londra Sadiq Khan per aver invitato i cittadini a non allarmarsi, e quella che sostiene si possa arginare il problema con la cooperazione di tutti, mantenendo salda una società aperta che, per sua natura e salvaguardia, necessiterebbe di un’intelligence europea da cui, in caso di linea dura per la Brexit, il Regno Unito sarebbe probabilmente escluso.
Che Corbyn si prepari a smacchiare il leopardo, questo è tutto da vedere.
Sta di fatto che, forse, Theresa May ha già perso, comunque vada.
(*Autrice del romanzo Quando Torni? disponibile su Amazon, Itunes, Kobe, Scribd, Smashwords, Barnes&Noble, Lulu.com e su quest’ultimo anche in versione cartacea. Scrive anche sul suo blog personale)
FQ Londra
Cittadini del mondo
Mondo - 7 Giugno 2017
Elezioni Regno Unito, se punta sulla tolleranza zero la May ha già perso
di Antonia Di Lorenzo*
“Quando è troppo è troppo”, ha affermato la premier britannica Theresa May all’indomani del duplice attacco terroristico a London Bridge e Borough Market avvenuto la sera di sabato 3 giugno, in cui si contano 7 morti e 48 feriti.
Pronuncia quell’ ‘enough’ lentamente, ma con tono perentorio, dopo che il Regno Unito sembra essere diventato ufficialmente l’obiettivo principale del regime jiadista, dopo che in appena 78 giorni si sono verificati tre attacchi, ricordando anche quello del 22 marzo a Westminster e quello di Manchester del 23 maggio.
In un normale sabato sera, in cui ci incontra in qualche locale o pub del centro, si ordina una pinta da sei sterline, la prima di una lunga serie, forse, con la scusa di una finale di Champions; che poi, a dire il vero, agli inglesi per bere non serve nemmeno una scusa.
Le parole di Theresa May, però, pronunciate a pochi giorni dal voto, dovrebbero far riflettere soprattutto lei perché non occorrono più né campagne elettorali, né soluzioni semplicistiche.
La sua critica non si scaglia contro il “troppo poco” fatto dal punto di vista legislativo per contrastare il fenomeno del terrorismo. Lei, del resto, lo sa benissimo: avendo ricoperto la carica di ministro dell’Interno dal 2010 al 2016, e avendo ridotto durante tutto il suo mandato il numero delle forze armate di circa il 20%, indebolendo notevolmente la sicurezza e la reattività di un’intelligence che dovrebbe arrivare prima di quella fatidica frase “Tizio era già noto alle forze dell’ordine”.
Due dei tre attentatori di quest’ultimo bagno di sangue, uccisi in soli otto minuti a partire dagli accadimenti, erano, per l’appunto, già noti alle forze di polizia. Si tratta di Kuram Shazad Butt, apparso in un video girato a Regent’s Park mentre sventolava la bandiera dello Stato Islamico, denunciato altresí da un’italiana, circa due anni fa, con l’accusa di addescare ragazzini al parco. Lo stesso compare successivamente mentre discute con un agente della polizia che alla fine lo lascia andare. Kuram, mesi più tardi, viene assunto come customer assistant da Transport for London.
Insieme a lui, Rachid Redouane, di origine pakistana e Youssef Zaghba, italo-marocchino, un ventiduenne nato da madre italiana residente a Bologna e padre marocchino. Era stato fermato in aeroporto dopo che le forze dell’ordine si erano insospettite perché aveva un volo di sola andata per la Turchia, uno zainetto e pochi soldi con sé. Dopo aver disposto una perquisizione in casa nonché il sequestro del cellulare, dal dispositivo i tecnici rilevarono immagini che lasciavano intendere la volontà del giovane di aderire allo Stato islamico.
Youssef, tramite un avvocato, dopo essere stato arrestato ha fatto ricorso al tribunale del riesame, accolto dai magistrati in quanto non sussistevano gli estremi per formulare un’accusa di terrorismo. È stato peró inserito nella lista dei soggetti pericolosi, inoltrando tutta la documentazione all’Mi5 nell’aprile 2016. Scotland Yard ha reso noto che Youssef non è mai stato monitorato né dall’Mi5 né dalle forze di polizia.
Ad oggi, a 24 ore dal voto, i sondaggi vedono rimontare il partito laburista di Jeremy Corbyn pur se non con dati certi (alcuni sondaggi mostrano un divario di tre o quattro punti, altri di dieci, alcuni solo di un punto) alimentando l’ipotesi che il partito conservatore della May non otterrà la maggioranza necessaria che potrà permetterle di imporre la sua posizione negoziale in Europa in merito alla questione Brexit, avendo perso sin dall’annuncio delle elezioni ad aprile ad oggi almeno una ventina di seggi, si torna a discutere sulla linea da adottare che sarà necessariamente quella della tolleranza zero verso qualsiasi forma di estremismo.
Ma cosa significa ‘tolleranza zero’ ora che siamo in prossimità delle elezioni che segneranno per sempre il destino del Regno Unito?
Potrebbe forse essere inteso come un attacco alla caratteristica portante della società britannica: il multiculturalismo. Come fosse un effetto boomerang di secoli di guerre e colonizzazioni. Quello che in Paesi come il Regno Unito, ha dato modo a chiunque di continuare a vivere secondo proprie credenze, seguendo propri usi e costumi.
Così si segna una linea di frattura tra due linee politiche: quella che fa leva sulla paura, in stile Trump che da Oltreoceano attacca il sindaco di Londra Sadiq Khan per aver invitato i cittadini a non allarmarsi, e quella che sostiene si possa arginare il problema con la cooperazione di tutti, mantenendo salda una società aperta che, per sua natura e salvaguardia, necessiterebbe di un’intelligence europea da cui, in caso di linea dura per la Brexit, il Regno Unito sarebbe probabilmente escluso.
Che Corbyn si prepari a smacchiare il leopardo, questo è tutto da vedere.
Sta di fatto che, forse, Theresa May ha già perso, comunque vada.
(*Autrice del romanzo Quando Torni? disponibile su Amazon, Itunes, Kobe, Scribd, Smashwords, Barnes&Noble, Lulu.com e su quest’ultimo anche in versione cartacea. Scrive anche sul suo blog personale)
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Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Il Milleproroghe è un provvedimento routinario, in teoria nell'esame tutto doveva andare liscio. Invece l'iter di questo provvedimento è stato un disastro, la maggioranza l'ha gestito in modo circense, dando prova di dilettantismo sconcertante". Lo ha detto la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S al Senato, nella dichiarazione di voto sul Milleproroghe.
"Già con l'arrivo degli emendamenti abbiamo visto il panico nel centrodestra. Poi è arrivata la serie di emendamenti dei relatori, o meglio del governo sotto mentite spoglie, a partire da quelli celebri sulla rottamazione delle cartelle. Ovviamente l'unica preoccupazione della maggioranza, a fronte di 100 miliardi di cartelle non pagate, è stata solo quella di aiutare chi non paga. Esattamente come hanno fatto a favore dei no vax, sbeffeggiando chi sotto il Covid ha rispettato le regole. In corso d'opera abbiamo capito che l'idea di mettere tre relatori, uno per ogni partito di maggioranza, serviva a consentire loro di marcarsi a vicenda, di bloccare gli uni gli sgambetti degli altri. Uno scenario surreale! Finale della farsa poi è stato il voto di un emendamento di maggioranza ignoto ai relatori e una ignobile gazzarra notturna scoppiata tra i partiti di maggioranza. Non avevamo mai visto tanto dilettantismo in Parlamento".
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Il decreto Milleproroghe rappresenta una sfida importante, un provvedimento cui abbiamo dato un significato politico, un’anima. L’azione di questo governo punta a mettere in campo riforme e norme strutturali ma esistono anche pilastri meno visibili che hanno comunque l’obiettivo finale della crescita delle imprese e della nostra economia, di sostenere il sistema Italia nel suo complesso. Ecco perché col decreto Milleproroghe abbiamo provveduto ad estendere o a sospendere l’efficacia di alcuni provvedimenti con lo scopo di semplificare e rendere più snella la nostra burocrazia, sempre con l’obiettivo dichiarato della crescita. Fra questi norme sulle Forze dell’ordine e sui Vigili del Fuoco, sostegno ai Comuni e all’edilizia, nel campo sociale e sanitario come in quello dell’industria e della pesca e sul contrasto all’evasione fiscale. Più di 300 emendamenti approvati, tra cui anche quelli dell’opposizione, al fine di perseguire, con questo esecutivo, la finalità di fornire alla nostra Nazione gli strumenti per crescere e per questo il voto di Fratelli d’Italia è convintamente a favore”. Lo dichiara in aula il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo.
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Dico al ministro Crosetto che l’aumento delle spese per armamenti, addirittura fino al 3%, ruba il futuro ai nostri figli. Ruba risorse alla sanità, alla scuola, ai trasporti. L’aumento delle spese per le armi non ci renderà più sicuri, ma alimenterà conflitti e guerre, come la storia dimostra”. Così Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, in merito alle dichiarazioni di Crosetto sull'aumento delle spese militari.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Il problema della situazione carceraria nel Paese è un problema che ogni giorno ci tocca da vicino, stiamo gia' predisponendo le dovute soluzioni. Abbiamo gia' definito il piano carceri e il commissario straordinario". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Criticità nel disegno di legge costituzionale non ve ne sono tali da alterare il testo, ma sarà seguito da una serie di leggi ordinarie. Per esempio, manca nella disegno di legge costituzionale la riserva per le quote cosiddette rosa, ma questo lo metteremo nelle leggi di attuazione che saranno leggi ordinarie. Anche il sistema del sorteggio potrà essere meglio definito. Ma una cosa e' certa: questa legge costituzionale non si modifica". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, parlando delle dichiarazioni del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli che ieri, aveva parlato dei "punti di criticità della riforma del Csm" sui quali si e' appuntata anche l'attenzione della Commissione Ue, aveva sottolineato la necessita' di "un'approfondita riflessione.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Oggi in Turchia, parlando con il mio omologo, il ministro di giustizia turco, quando ho detto che probabilmente i magistrati italiani faranno uno sciopero, lui è rimasto sorpreso e mi ha domandato 'ma è legale?'. Se i magistrati vogliono fare lo sciopero che lo facciano, ma quello che è certo e che, senza alcun dubbio, noi andremo avanti perché e' un nostro impegno verso gli elettori". Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo in vdieocollegamento di ritorno dalla Turchia alla Giornata dell'orgoglio dell'appartenenza degli avvocati a Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - La separazione delle carriere dei magistrati "è un dovere verso elettorato perché lo avevamo promesso nel nostro programma e questo faremo. Il nostro e' un vincolo politico verso l'elettorato". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento, di ritorno dalla Turchia, alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo. "Io sto girando un po' dappertutto per redigere protocolli - ha proseguito il ministro -, e ogni qualvolta parliamo di separazione carriere ci guardano con un occhio perplesso perché in tutti gli ordinamenti del mondo questo è normale".