Davide Dalla Vigna, padovano di 23 anni, è partito con l'obiettivo di frequentare la scuola di giornalismo nella capitale del Paese dell'America Latina. Per pagare gli studi lavora alla Dante Alighieri e all’Istituto Italiano di Cultura italiano. "La più bella città al mondo resta la mia Venezia, ma in nessun altro posto mi sono trovato così bene come qui"
“Sto provando a convincere più gente possibile ad andarsene”. Ha solo 23 anni Davide Dalla Vigna, ma è già convinto che il suo futuro non potrà mai essere in Italia. “Nel mio Paese ero solo laureato senza futuro. Qui a Città del Messico la mia vita è straordinaria”, racconta mentre in aeroporto aspetta un amico che, come lui, ha lasciato tutto in Italia per andare a insegnare lingua e cultura italiana in Sud America. Anche il 23enne padovano, infatti, da un anno e mezzo vive a Città del Messico dove insegna italiano alla Società Dante Alighieri e all’Istituto Italiano di Cultura. “Sono partito con la semplice promessa di un colloquio con il direttore della Dante. Cercavo un lavoro che mi permettesse di pagarmi una scuola di giornalismo”.
Infatti, anche se insegnare italiano in Messico “è un autentico lusso perché mi pagano e mi diverto”, il vero sogno del giovane veneto è il giornalismo. “In Italia diventare giornalista è un’impresa, la gavetta è lunghissima. E del giornalismo italiano non amo il primato della velocità sulla qualità e la grande concentrazione editoriale”. Poco attratto dai media del Belpase, è proprio da uno scrittore italiano che, indirettamente, è arrivata la spinta a cambiare la sua vita. È stato quando Davide si è trovato a sentire Roberto Saviano raccontare in televisione dei 100mila morti che ci sono stati in Messico negli ultimi quattro anni legati alla droga. “Denunciare è un dovere, così ho pensato di andare in Messico per raccontare queste storie e per frequentare una delle migliori scuole di giornalismo dell’America Latina”. Fare la valigia non è stato difficile ed eccolo sbarcare a 21 anni nella terra dei cartelli e dei narcos.
In attesa di avere abbastanza risorse per iscriversi alla scuola di giornalismo Carlos Septién García, insegnare italiano a Città del Messico “non è un lavoro ma un puro divertimento: gli studenti apprendono da me, e io da loro”. Un lavoro che Davide ha ottenuto perché, oltre alla laurea in Lingue, civiltà e scienze del linguaggio all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha frequentato online il master in Didattica e promozione della lingua e della cultura italiane a stranieri. “Quando sono partito odiavo il nostro Paese”. Ma, paradossalmente, ora che si trova Oltreoceano a raccontarlo, sta iniziando a conoscerlo meglio e concordare con chi lo considera “il più bello al mondo”. Eppure non dimentica perché ha comprato quel biglietto di sola andata un anno e mezzo fa. “Fuori si è pronti a cercare opportunità e a crederci. In Italia invece ci si abbatte a causa di favoritismi, pochi soldi e perché ci si stanca di fallire”.
Tra i suoi colleghi, sono tanti gli under 30 ad avere scelto di andarsene per i suoi stessi motivi. “Rimanere significherebbe sprecare tempo prezioso, probabilmente facendo un lavoro che non piace, poco pagato, con poche soddisfazioni e vedendo considerati inutili i propri studi”. Insomma, per l’aspirante giornalista l’Italia lo avrebbe portato in “uno stato di nevrosi da non permettere di godermi la vita come si deve”. In Messico, invece, sente che gli viene riconosciuta l’ambizione che ha avuto prendendo un biglietto di sola andata per il Sud America a soli 21 anni.
“Vista la mia età ritengono il mio curriculum ottimo. Riconoscono che ho fatto un’impresa e che ora, volendo fare la scuola di giornalismo, voglia tentarne un’altra mille volte più grande”. Da mesi, per Davide, Città del Messico è un’amante che lo ha corteggiato con la cultura, i musei e i teatri, i colori e la gente. “La più bella città al mondo resta la mia Venezia, ma in nessun altro posto mi sono trovato così bene come qui. Amo dire che tutto quello che non è Città del Messico è noia. E poi, la vita è troppo breve per rimanere in Italia”.