Meno cemento ma anche meno servizi per un’area lontana dal centro e con diverse problematiche ambientali e di mobilità. Il compromesso soddisfa la sindaca Raggi che parla di “progetto rivoluzionato, innovativo ed eco-sostenibile” e il Movimento 5 stelle. O almeno una sua parte, visto che le resistenze non mancano, in Comune come nei municipi, e il voto in assemblea previsto per la settimana prossima si annuncia tutt’altro che sereno
Tre grattacieli cancellati, alla modica cifra di 75 milioni di opere pubbliche in meno. Tanto costerà alla Capitale la sforbiciata alle cubature del nuovo stadio della Roma fortemente voluta dalla giunta di Virginia Raggi, che ieri ha approvato la nuova delibera di pubblica utilità che sostituisce la precedente di Ignazio Marino. Meno cemento, dunque, ma anche meno servizi per un’area lontana dal centro e con diverse problematiche ambientali e di mobilità. Ma il compromesso soddisfa appieno la sindaca, che parla di “progetto rivoluzionato, innovativo ed eco-sostenibile” e il Movimento 5 stelle. O almeno una sua parte, visto che le resistenze non mancano, in Comune come nei municipi, e il voto in assemblea previsto per la settimana prossima si annuncia tutt’altro che sereno.
TAGLIO DELLE CUBATURE DEL 50% – Il progetto è quello uscito dalla famosa riunione fiume con l’As Roma di fine febbraio: nel piano definitivo che dovrebbe vedere finalmente la luce nei prossimi mesi non ci sono grosse sorprese. La delibera di giunta, però, era attesa per chiarire i dettagli, i numeri del dossier, visto che fino ad oggi il Comune si era limitato ad approvare solo una memoria molto vaga. Ora è tutto nero su bianco, a partire dal taglio netto alla colata di cemento prevista dal progetto originario: grazie all’eliminazione delle tre torri di Libeskind, la superficie del business park (il mega centro destinato ad ospitare locali direzionali e commerciali) viene ridotta di oltre il 50%. Come voleva il M5s, che contro la speculazione di Tor di Valle aveva condotto una vera e propria crociata.
LO SCONTO AI PRIVATI – Tutto questo ha un prezzo, però. Insieme all’edificazione privata, diminuiscono anche gli investimenti dei proponenti in infrastrutture direttamente o indirettamente funzionali all’impianto (di cui del resto le costruzioni erano una compensazione). Adesso ci sono anche le cifre precise: le opere pubbliche a carico dei privati ammonteranno a circa 120 milioni di euro. Nella delibera 132 di Marino erano a quota 195 milioni: lo sconto a favore di As Roma e Eurnova è di almeno 75 milioni. Nella nuova delibera vengono confermati l’unificazione tra via del Mare e via Ostiense (38 milioni, che mentre prima avrebbero dovuto servire solo per lo svincolo adesso dovranno bastare per tutta la tratta), il ponte ciclopedonale di Magliana (10 milioni), gli interventi sul fosso del Vallerano a rischio idrogeologico (12 milioni, più del doppio del primo progetto); 40 milioni per la metro vengono dirottati sul potenziamento della Roma-Lido, in più c’è un altro ponte ciclopedonale tra la nuova stazione “Tor di Valle” del trenino e lo stadio (5 milioni), e la realizzazione del parco fluviale sul Tevere (comunque previsto anche nel primo progetto ma come opera accessoria, ora gli vengono assegnati subito 14 milioni di euro).
NIENTE PONTE SUL TEVERE – A saltare, dunque, sono essenzialmente due grandi opere di mobilità: il prolungamento della Metro B, cassato da tempo dal dipartimento mobilità perché ritenuto poco funzionale e rimpiazzato con il rinforzamento della linea Roma-Lido (con un investimento inferiore di 10 milioni, però); e soprattutto il ponte sul Tevere, che sarebbe dovuto costare oltre 90 milioni e viene cancellato. E questo resta il nodo principale del progetto, visto che di fatto l’impianto sarà collocato su un unico asse di accesso/uscita (la nuova via del Mare), già oggi molto trafficato. Il Campidoglio per far risparmiare i privati ha deciso di puntare sul Ponte dei Congressi, che dovrebbe sorgere nella stessa area ma con tempi più lunghi (la commissione ha già constatato i ritardi: sicuramente non sarà pronto per l’inaugurazione dello stadio). E soprattutto sarà pagato da fondi pubblici messi a disposizione dal Cipe (circa 150 milioni). Un’operazione poco trasparente secondo il Partito Democratico: “Un’opera finanziata dallo Stato diventa funzionale alla lottizzazione privata. Presenterò presto un’interrogazione”, ha annunciato il deputato Umberto Marroni.
LA SETTIMANA PROSSIMA IN AULA – Più che dalle lamentale dell’opposizione, però, il Movimento 5 stelle dovrà guardarsi dalle divisioni interne. L’iter prevede ora il passaggio finale in Assemblea capitolina, possibilmente entro il 15 giugno per poter riconvocare subito una nuova conferenza dei servizi. Prima, però, servirebbe il via libera del Municipio IX, quello dove sorgerà l’impianto, in cui ci sono diverse resistenze: alla fine, nonostante parecchi malumori, l’amministrazione locale si sarebbe convinta a dare parere positivo con diverse prescrizioni. Poi toccherà al voto in aula, dove ci sono almeno 3-4 consiglieri “ribelli” per nulla intenzionati a chinare la testa. “Mi aspetto di andare avanti secondo gli impegni presi”, ha ammonito Raggi. La partita sullo stadio della Roma non è ancora chiusa.