C'è un evidente problema di accettazione del proprio e altrui corpo, nella società instagrammata dei giorni nostri. E pazienza se l'adesione a un modello di magrezza quasi patologica è solo frutto di filtri e trucchi da Photoshop. L'importante è l'apparire, non l'essere
Tra le tante porcate che i social portano con sé, forse la più fastidiosa è il body shaming, che consiste nel prendere di mira il corpo di qualcuno (quasi sempre donne, ovviamente). E questa attrice è troppo grassa, e hai visto il culone di Tizia, e l’altra ha la cellulite. Uno stillicidio continuo e incessante di giudizi sul corpo delle donne che quotidianamente invade i social network e veicolano un messaggio sbagliato e pericoloso. Viviamo da tempo nell’era dell’immagine, dell’apparire, ma negli ultimi anni il fenomeno è diventato ancora più perverso, perché adesso la percezione distorta del corpo (femminile ma anche maschile) è aiutata dalla tecnologia, da Photoshop, dai filtri Instagram.
Molti di noi, prima di pubblicare un selfie o una innocente foto tra amici, la modificano con semplicissime app per smartphone che aiutano a “piallare” il ventre, ad asciugare le guance, a gonfiare il sedere o ad alleggerire il punto vita. Potremmo dare la colpa di questa fissazione collettiva alla moda, alla pubblicità, al cinema. Potremmo prendercela con uno showbusiness che costruisce in laboratorio bamboline inverosimili e condizionano le aspirazioni fisiche del pubblico. La verità, però, è che siamo tutti bravi a lamentarci di questo andazzo fino a quando arriva in rete un’immagine inusuale per una star e cominciamo fare le pulci, noi per primi, alla sua forma fisica. L’ultimo caso in ordine di tempo è quello di Rihanna, complice una fotografia in cui la cantante barbadiana mostra inattese rotondità. Ed ecco che parte il tiro alla star, “colpevole” semplicemente di essere grassa, una cosa che possiamo perdonare a noi stessi ma non a un personaggio così popolare a ogni latitudine. Perché noi “abbiamo tanti pensieri”, “mica abbiamo i suoi soldi” e ovviamente “se fossimo ricchi come lei saremmo in piena forma”.
È un fenomeno insopportabile, quello del body shaming, soprattutto perché è evidente la disparità di trattamento tra uomini e donne. Anche i maschietti celebri sono sempre più al centro di sfottò, meme e battutacce sulla loro forma fisica, ma è nulla paragonato a cosa si scatena contro una donna che osa prendere qualche chilo. Rihanna ha risposto da par suo, dimostrando ancora una volta di possedere una personalità forte e di infischiarsene altamente dei giudizi sprezzanti di un manipolo di leoni da tastiera. Ha pubblicato, su Instagram, una sorta di meme sul rapper Gucci Mane (assai rotondo nel 2007 e in perfetta forma nel 2017): “Se non sai affrontarmi nella versione Gucci Mane del 2007, non mi meriti nella versione Gucci Mane del 2017”. Game, set, match.
Ma lei è Rihanna, e come sempre mangia in testa a tutti. Ci vuole ben altro per scalfire una personalità del genere. Il problema, però, è quando nell’occhio del ciclone del body shaming finiscono ragazze decisamente meno attrezzate caratterialmente e che rischiano di subire gli effetti nefasti di questo fenomeno odioso. Anche in Italia siamo messi male, su questo fronte. La vittima preferita di chi ci vorrebbe tutti magri e tonici è Vanessa Incontrada, bella e brava attrice e conduttrice. Tornata in tv per condurre con Carlo Conti i Wind Music Awards, la Incontrada ha dovuto subire i soliti commenti acidi sul suo corpo NORMALE. È bene sottolineare NORMALE, perché Vanessa Incontrada non è grassa (e anche se lo fosse, dove sarebbe il problema?). Semplicemente, non rispetta i canoni ossessivi della bellezza da Instagram, non è Emily Ratajkowski, con tanto di grand canyon sull’addome a dimostrare la magrezza doc. E se ci si prende la briga di sfottere una splendida donna come Vanessa Incontrada, immaginate cosa sono capaci di fare, gli stessi criticoni da tastiera, nella loro vita normale nei confronti di colleghi di lavoro, amici, compagni di scuola decisamente più in carne.
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Forse solo qualcuno può capire le vittime di questa porcheria social: chi ha perso molto peso, chi è riuscito, per motivi di salute o per libera scelta, a dimagrire. Chi è stato “rotondo” per anni, magari sin dall’adolescenza, si è sentito chiamare in ogni modo: palla di lardo, arancino con i piedi, Gabibbo, cicciobombo e via così (perché la fantasia non ha davvero limiti, quando c’è da insultare), salvo poi vedere cambiare l’atteggiamento nei suoi confronti dopo il dimagrimento. Un complimento dietro l’altro, maggiore attenzione a quello che si ha da dire (che con il girovita non c’entra nulla). Gente che fino a poco tempo fa non ti dava retta nemmeno per un caffè, adesso è ai tuoi piedi, letteralmente. Perché adesso rientri nel club dei normopeso (sottopeso sarebbe ancora meglio, per la visione malata che ha una parte della società). Chi è stato obeso e adesso non lo è più, comprende meglio di chiunque altro gli effetti nefasti del body shaming e soprattutto sa quanto la situazione muti radicalmente dopo il dimagrimento. C’è un evidente problema di accettazione del proprio e altrui corpo, nella società instagrammata dei giorni nostri. E pazienza se l’adesione a un modello di magrezza quasi patologica è solo frutto di filtri e trucchi da Photoshop. L’importante è l’apparire, non l’essere. L’importante è sembrare magri, per potersi arrogare il diritto di criticare e sfottere chi non lo è. I danni di questo approccio al proprio corpo sono evidenti, soprattutto tra le nuove generazioni. E allora viva Rihanna, viva Vanessa Incontrada, donne splendide e di carattere nonostante non indossino una 38 extrasmall. E soprattutto viva la capacità di accettare e accettarsi come siamo, perché forse grasso non sarà bello (soprattutto per motivi di salute, mica estetici), ma secco e inacidito è ancora peggio.