La Chiesa Episcopale di Scozia ha deciso che officerà e riconoscerà le nozze delle coppie omosessuali: una decisione presa a maggioranza dal sinodo interno ma che ora pone gli episcopali scozzesi in rotta di collisione con il resto della Comunione Anglicana, cioè delle chiese riformate e anglicane di tutto il mondo che si riconoscono nella direzione della Church of England e del suo primate, l’arcivescovo di Canterbury, al secolo Justin Welby.
Uno strappo che era stato preceduto da quello della Chiesa Episcopale d’America, che, accettando i matrimoni gay, ha provocato una “frattura permanente” con la Comunione anglicana, e gli 85 milioni di fedeli sparsi nelle 38 “province” anglicane autonome nel mondo, che l’ha espulsa dai suoi organi. La decisione di oggi, la prima di una chiesa del Regno Unito, è stata votata da sei delle sette diocesi scozzesi (contro solo quella che unisce Aberdeen e le isole Orcadi), prevede che un prete possa fare obiezione di coscienza.
Ora si prevede che la Scozia diventi il punto di riferimento per tutti le coppie omosessuali di fede anglicana dalle isole britanniche. Una decisione salutata quindi con entusiasmo dai ‘liberal’ fra clero e fedeli, ma che potrebbe avere anche gravi conseguenze, in quanto la legge canonica è stata modificata con la rimozione della clausola del matrimonio come appannaggio esclusivo di un uomo e di una donna: una clausola che l’ala conservatrice del clero anglicano, il sinodo mondiale e anche Canterbury difendono a spada tratta come originante dalle Sacre Scritture.
E agli scozzesi potrebbe toccare la stessa sorte decisa per gli americani, ostracizzati da un “concilio” di tutte le province anglicane l’anno scorso a Canterbury, colpevoli di “un allontanamento cruciale dalla fede e dall’insegnamento praticati dalla maggioranza delle nostre province sulla dottrina del matrimonio”.