Non ero preparato a rispondere”: questa frase, pronunciata da un uomo adulto, è importante. Per molti motivi. In primo luogo è ammissione di ignoranza e spiazzamento, atteggiamento che, come sosteneva il filosofo Socrate, costituisce la base della vera conoscenza: so di non sapere è infatti l’assunto indispensabile per chi desideri studiare, informarsi, alimentare il pensiero e, si spera, anche la critica del pensiero stesso e la conseguente libertà di espressione. Che succede, però, quando è un padre a pronunciarla, quella frase, in relazione a domande sulla sessualità che un figlio o una figlia di pochi anni gli rivolgono?

Succede che a Modena, (nell’evoluta Emilia Romagna, quella degli asili modello per la parità di genere di Reggio, da una parte, e dell’industria del divertimento, anche sessuale, della riviera romagnola, dall’altra), in una quinta classe di scuola elementare la maestra distribuisca fotocopie su ciò che negli anni 50 si chiamavano “i fatti della vita”, perifrasi utile a evitare la parola “sesso”, e spieghi quel fascicoletto che ha per titolo Amarsi. I disegni e le frasi sono simili a quelli del libro edito da Feltrinelli Noi e il nostro corpo, curato dal Boston women health collective, e proposti nel Manuale illustrato di terapia sessuale di Helen Kaplan negli anni 70: fu quello il testo che passai, con emozioni contrastanti, ai miei figli appena adolescenti.

Niente di morboso. Eppure c’è chi protesta: a dieci anni sarebbe troppo presto vedere disegni di corpi nudi e intrecciati. Presto? Ci preoccupiamo per i nostri bambini e bambine e per questo li dotiamo di cellulari, a volte ancora prima che imparino a leggere e a scrivere, nell’irrazionale convinzione che questo li renda meno vulnerabili, illudendoci che poterli rintracciare in ogni minuto li ripari dalla violenza di un mondo sempre più crudele. Eppure balbettiamo, e siamo in imbarazzo quando ci rendiamo conto che attraverso quello strumento tecnologico quei bambini e quelle bambine possono accedere a youporn, quindi a immagini che non vorremmo vedere nemmeno noi che siamo persone adulte. Quelle sono immagini spesso violente, senza gioia, senza un contesto, che non possono né vogliono dire nulla della complessità emotiva che il sesso può avere tra persone libere e responsabili.

Sì, è vero: non si è mai davvero pronti ad affrontare il discorso sulla sessualità con chi si è messo al mondo, mentre dovrebbe essere proprio uno dei compiti più importanti dei padri e delle madri, perché sono loro gli esseri umani che li hanno generati, quei bambini e quelle bambine. Il paradosso è che subiamo un bombardamento continuo di messaggi ad altissimo contenuto sessuale (spesso sessista), veicolati da ogni media intorno a noi, ma difficilmente sappiamo ricondurre il sesso alle nostre vite, ai nostri corpi, alle emozioni che viviamo e che dovremmo sapere trasmettere a chi abbiamo messo al mondo proprio attraverso la sessualità. Di una cosa sono certa: è indispensabile essere, come genitori e genitrici, le prime fonti, e il discorso va affrontato il più presto possibile. Tra le 1.800 risposte alle sei domande sulla sessualità che lanciai nel 2012 dal blog del Fatto quotidiano, che diventò il libro dal quale germogliò il laboratorio di teatro sociale per uomini Manutenzioni-uomini a nudo, ce n’è una che darei a una bambina o un bambino per spiegare cosa sia la sessualità: “È la cosa che mi ha fatto venire al mondo e che dà energia alla vita. Una parte importante di ogni essere umano che sarebbe bene conoscere e accettare meglio”.

Qualcuno tra i genitori di Modena ha pensato che le immagini e le parole di quell’opuscolo fossero “troppo esplicite”. Penso che non ci sia nulla di peggio che nascondere la verità innocente del desiderio dei corpi: è infatti proprio nell’occultare, nel velare, nel nascondere, nell’essere reticenti che si annidano il morboso, il peccato, la vergogna. Raccontando, da padri e madri, le nostre emozioni di piacere e di desiderio ai piccoli che abbiamo dato alla luce proprio grazie a quelle emozioni, regaliamo loro la possibilità di difendersi dai pericoli della pornografia violenta alla quale sono esposti fin dai primi anni di scuola.

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