La Dda di Napoli prepara l’appello. Vuole in carcere Gennaro Bove, il 44enne consigliere comunale di Mugnano (Napoli) indagato per associazione camorristica ed intestazione fittizia di beni. I pm Vincenza Marra e Maurizio De Marco, coordinati dall’aggiunto Filippo Beatrice, ritengono il consigliere eletto in Centro Democratico organico al clan degli scissionisti “Amato-Pagano”, che negli ultimi anni ha ripiegato da Napoli verso l’area a nord del capoluogo campano. Il politico è titolare di una agenzia immobiliare e un’agenzia di viaggi. Avrebbe partecipato, si legge nelle carte notificate stamane, alle strategie estorsive del gruppo camorristico e sarebbe stato il punto di contatto tra le istituzioni e il clan, al quale avrebbe fornito notizie su gare e appalti. Il Gip Mauro Morra la pensa diversamente, ha ridimensionato l’accusa in concorso esterno e gli ha inflitto il divieto di dimora nella provincia di Napoli. Respingendo contestualmente altre dieci richieste di arresto, tra le quali fa rumore quella dell’imprenditore Mario Moxedano, per un breve periodo nel 1994 vice presidente del Napoli nel dopo Ferlaino – fu lui a portare Vujadin Boskov in panchina – poi presidente del Neapolis Mugnano e del Savoia, con interessi sparpagliati tra l’edilizia e le sale da gioco.
Due anni fa Mario Moxedano fu arrestato in “Dirty Soccer”, l’operazione della Procura di Catanzaro sulle partite di calcio truccate in Serie D. Stavolta la Procura di Napoli, che ha iscritto nel registro degli indagati 80 persone, lo accusa di ricettazione e intestazione fittizia di beni con l’aggravante camorristica. Secondo il lavoro inquirente del nucleo investigativo dei carabinieri di Castello di Cisterna e del Gico della Finanza di Napoli, Mario Moxedano avrebbe realizzato le sue fortune reimpiegando denaro di provenienza illecita in alcune società a lui riconducibili – Maris Servizi s.r.l., General Quality Service, Dap Distribuzione, Montale Immobiliare s.r.l., Immobiliare S. Giovanni, Costruzioni Roselli s.r.l., Farcos arreda – “compiendo in tal modo operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro”.
Risorse grazie alle quali Mario Moxedano – fratello di Francesco Moxedano, totalmente estraneo alle sue vicende giudiziarie, già assessore a Napoli di Luigi de Magistris e attualmente consigliere regionale campano Idv nella maggioranza di Vincenzo De Luca – avrebbe anche aperto diverse sale bingo a Mugnano, Pompei e Sorrento. La procura aveva chiesto il sequestro del suo patrimonio sottolineando le umili origini dei genitori. Il Gip ha rigettato la richiesta, ritenendo lacunosa la ricostruzione dell’evoluzione della ricchezza dell’imprenditore. Agli atti ci sono le dichiarazioni di un pentito, il 45enne Carmine Cerrone, che ha riferito di due prestiti del boss Cesare Pagano a Mario Moxedano: 1 milione di euro la prima volta nel 2008, il doppio l’anno seguente, poi investiti nella ristrutturazione della sala Bingo di Mugnano, nella realizzazione della pista di go-kart a Mugnano e nella costruzione della sala slot a Fuorigrotta e del Bingo a Pompei. Ma il Gip sottolinea che con questi prestiti Moxedano avrebbe effettuato investimenti per conto proprio e non per conto del clan “con il quale si sarebbe semplicemente impegnato a restituire il capitale ricevuto e interessi pari al 12 % su base annua”.
Altri pentiti riferiscono in maniera generica di rapporti e cointeressenze tra l’ex presidente del Neapolis e il clan, condite da dettagli sul tentativo di truccare una partita (che non sarebbe andato in porto e comunque non riguarda questa indagine). Dichiarazioni che fanno scrivere al Gip che “i contatti tra Moxedano Mario ed i vertici del clan Amato-Pagano devono ritenersi assolutamente fuori discussione, ma i dati raccolti non consentono di ritenere integrato, in relazione alla contestata condotta di cui all’articolo 648 ter cod. pen., un quadro indiziario grave e coerente ai fini della applicazione di una misura cautelare personale né, almeno allo stato, probabile una sua condanna in relazione all’indicato reato, tanto da giustificare il sequestro di tutto il suo patrimonio”. La Dda farà appello anche su questo punto.