La deposizione dell’ex capo dell’Fbi al Senato James Comey sulle pressioni subite nel Russiagate non allenta le tensioni su Donald Trump, responsabile del suo licenziamento. “Nonostante tante false affermazioni e bugie, totale e completa discolpa… e Wow, Comey è una gola profonda!”, tenta di difendersi il presidente su Twitter. Poi, nella conferenza stampa alla Casa Bianca con il presidente della Romania, lancia l’affondo in diretta mondiale: l’audizione di Comey dimostra che “non c’è stata nessuna collusione (con la Russia, ndr), nessuna ostruzione (della giustizia, ndr), è un leaker” che ha detto “molte cose non vere”. Quindi la sfida, dicendosi pronto “al 100%” a dare la sua versione dei fatti sotto giuramento, smentendo di aver mai chiesto fedeltà a Comey e di aver auspicato che lasciasse cadere l’indagine sull’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn nel Russiagate. Quanto all’esistenza di registrazioni dei loro colloqui, ha annunciato sibillino che farà sapere “qualcosa nel prossimo futuro”. Intanto i vertici della commissione intelligence della Camera che indaga sul Russiagate hanno chiesto a Comey qualsiasi nota o memo in suo possesso delle conversazioni con Trump.
Ma la “nube” del Russiagate ora si fa più cupa e sembra destinata ad accompagnarlo a lungo, trascinando davanti alla commissione intelligence del Senato anche un membro di famiglia, il genero-consigliere Jared Kushner, e facendo piovere nuovi sospetti sul ministro della Giustizia Jeff Sessions, per un terzo contatto non dichiarato con l’ambasciatore russo in Usa Serghiei Kisliak. Per Kushner non è ancora stata fissata una data ma si parla di fine giugno o inizio luglio. Il marito di Ivanka dovrà fornire chiarimenti su un incontro in dicembre alla Trump Tower in cui, come membro del transition team, avrebbe discusso con Kisliak la creazione di un canale segreto diretto con il Cremlino. C’è poi un secondo incontro sospetto di Kushner in dicembre: con Serghiei Gorkov, uomo di Putin laureatosi all’Accademia dei servizi segreti e presidente della Veb, la banca statale russa sotto sanzioni Usa usata dal Cremlino per i suoi progetti politico-economici. Un faccia a faccia su cui ieri Comey non ha voluto rispondere pubblicamente.
L’indiscrezione di un terzo contatto di Sessions con Kisliak è stata invece confermata a porte chiuse dallo stesso capo dell’Fbi e potrebbe inguaiare Sessions dopo che era stato costretto ad astenersi dalle indagini sul Russiagate per aver nascosto i primi due. Come linea di difesa Trump sceglie di valorizzare solo un punto della deposizione di Comey, ossia la ripetuta conferma che non era indagato nel Russiagate, e di demolire tutto il resto come menzogna, restituendogli l’accusa di essere un bugiardo. Con l’aggravante di essere pure una ‘gola profonda’, dopo che lo stesso Comey ha ammesso di aver organizzato la fuga di notizie delle sue conversazioni col presidente, nella speranza che fosse nominato un procuratore speciale. Un tema, questo, che Trump pare voler cavalcare per minare la credibilità dell’ex direttore del Bureau: il suo avvocato personale, Marc Kasowitz, intende denunciare Comey al Dipartimento di giustizia e alla commissione giustizia del Senato per aver diffuso tramite un amico il memo del colloquio col presidente. Il documento non è classificato, come ha precisato ieri lo stesso ex capo dell’Fbi, e Trump non ha esercitato il suo privilegio esecutivo – che garantisce la segretezza delle sue conversazioni – per bloccare la deposizione.
Quindi Comey legalmente non rischia nulla, ma si espone alle accuse di aver agito dietro le quinte, animato da spirito di vendetta. Questa la linea sostenuta da molti repubblicani e dai media conservatori. “Abuso di potere”, concordano invece i Dem, cauti però sulla possibilità di procedere all’impeachment per ostacolo alla giustizia. Tutto è nelle mani del procuratore speciale Robert Mueller.