Soltanto a distanza di diverse settimane dai roboanti annunci del Consiglio dei Ministri è finalmente dato leggere il testo del decreto-legge sull’obbligatorietà dei vaccini e, quindi, svolgere delle considerazioni fondate su dati normativi certi. Innanzitutto va operata una premessa. Risulta difficile accettare l’impiego dello strumento del decreto-legge, ciò per almeno i seguenti motivi: 1) la salute futura dei bambini non dovrebbe dipendere da provvedimenti affrettati e di fatto sottratti, in Parlamento, a tutti i confronti del caso (in primis scientifici e giuridici); 2) i decreti-legge, che intervengono su materie così delicate, finiscono per generare allarmi ed incertezze fra i genitori che senz’altro non meritano di trovarsi dinanzi a norme precarie sia nelle more della loro approvazione in Parlamento, sia in seguito attesi i maggiori rischi di declaratorie di incostituzionalità; 3) le modalità di somministrazione dei vaccini, a prescindere che siano imposti o meno dalla legge, necessitano di un intervento del legislatore ordinario che sia organico e tale da toccare tutti i profili fondamentali; in particolare, l’imposizione di così tanti vaccini, insieme od a distanza di poco tempo, a bambini sempre più piccoli esige una rete vaccinale impeccabile in relazione a tutti i suoi livelli.
Merita soffermarsi su quest’ultimo punto, poiché il dibattito sull’obbligatorietà dei vaccini sembra avere oscurato una verità inconfutabile e comprovata anche dalla Cassazione: se i vaccini sono somministrati senza le dovute accortezze, possono verificarsi tragedie e danni di immense proporzioni. La seguente vicenda, certificata infine dalla Suprema Corte nel 2014, è emblematica. Come accertato dalla Corte di Appello di Torino nel 2012, Alessandra, all’età di cinque anni, venne sottoposta ad una vaccinazione antidifterica/antitetanica. Sennonché nessuno al consultorio si peritò di rinviare la somministrazione del vaccino alla luce del fatto che tre settimane prima la bimba era stata sottoposta ad un intervento di tonsillectomia e poi aveva avuto un’influenza. Nessun medico verificò che quel giorno non vi fossero controindicazioni alla vaccinazione. Tornata a casa la bambina cominciò ad accusare uno stato febbrile che il medico di base, prontamente contattato, non ritenne meritevole di approfondimento, né la sera stessa né per le settimane successive. Il personale della locale guardia medica, dopo una frettolosa visita, rifiutò ulteriori interventi invitando mamma e nonna della bimba a non disturbarli oltre per una “banale febbre”. Anche i medici dell’ospedale, ove infine approdava la madre disperata dal persistere dei sintomi della piccola, minimizzavano la situazione. Risultato: la bambina – bellissima, solare e vivace sino al giorno della vaccinazione – ha trascorso il resto della sua vita (tuttora in corso) in condizioni estreme, ridotta pressoché ad un vegetale.
Ora, la triste storia di Alessandra e della sua famiglia – tragedia cui forse contribuì la possibile difettosità del vaccino trivalente somministratole – ci insegna che, tanto nel caso in cui i vaccini siano obbligatori che laddove risultino facoltativi, lo Stato e le sue appendici locali devono pensare non soltanto ad investire ingenti somme di denaro sull’acquisto dei vaccini, ma anche a strutturare e finanziare un sistema di somministrazione degli stessi il più sicuro ed efficiente possibile. Ciò implica investimenti a tutti i livelli sui seguenti fronti: 1) predisposizione di un numero adeguato di personale addetto alla somministrazione; 2) strutture organizzate e preparate a dialogare con genitori e bambini; 3) formazione costante di medici e personale; 4) controlli accurati sulle performance di ogni elemento della rete vaccinale.
Fra le tante domande che occorre porsi dinanzi all’irruento intervento governativo si pone allora la seguente: il decreto-legge n. 73 del 7 giugno 2017 affronta il tema della sicurezza della rete vaccinale e stanzia risorse adeguate al riguardo? Appare, invero, grave che nulla si dica in merito a tali profili. Infatti, al comma 3 dell’art. 2 il Governo si limita ad autorizzare la modesta spesa di duecentomila euro per l’anno 2017 al fine di permettere al Ministero della salute di promuovere (non meglio precisate!) “iniziative di comunicazione e informazione istituzionale per illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni” di cui al decreto. In tutta evidenza lo stanziamento in questione è insufficiente, qualsiasi sia lo scopo effettivo perseguito.
Soprattutto sorprende come all’art. 7, comma 2, si specifichi quanto segue: “Dall’attuazione del presente decreto, a eccezione delle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 3, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. In breve, il Governo non stanzia un euro in più sulla rete vaccinale attuale nonostante l’introduzione dell’obbligatorietà della somministrazione di ben 12 vaccini (un autentico record nell’Unione Europea che meriterebbe ulteriori verifiche). Questa impostazione (12 vaccinazioni obbligatorie senza investimenti di sorta sulla sicurezza dei bambini) appare decisamente critica, anzi grave, soprattutto in considerazione della scelta del Governo e, ancora più consolidata, di diversi soggetti istituzionali (anche a livello regionale) di non allertare i genitori circa i reali rischi di vaccinazioni non precedute da esaustive anamnesi e, comunque, di reazioni avverse. In assenza di una gestione delle vaccinazioni concretamente affidabile il pericolo è che i bambini – soprattutto quelli delle famiglie che non possono permettersi un’assistenza pediatrica di elevato livello e, ad ogni modo, personalizzata – finiscano per essere trattati, dispiace prospettarlo, come dei “polli da batteria”.
Sovviene ancora una volta il caso di Alessandra: la piccola si trovò ad essere vaccinata in consultorio, senza che nessuno si peritasse di controllare il suo stato di salute; invece, la prole del giudice di primo grado, come candidamente raccontato da quest’ultimo alla madre di Alessandra nel corso di un’udienza orribile, beneficiò delle attenzioni di un medico amico di famiglia, che rinviò la somministrazione di alcuni vaccini. Si dubita fortemente che il breve passaggio di sessanta giorni in Parlamento del decreto n. 73/2017 per la sua conversione possa risolvere il problema della sicurezza della rete vaccinale, soprattutto nel momento in cui tutte le attenzioni sono centrate sul tema della legge elettorale. Tuttavia, anche se appesa ad un filo, rimane pur sempre la speranza che la politica, nel momento in cui si sta avventurando in un passaggio così epocale e drastico come la somministrazione obbligatoria di 12 vaccini, abbandoni i proclami (fatti sulla pelle dei bambini) e, quindi, metta seriamente mano alla sicurezza delle vaccinazioni.
Marco Bona
Giurista
Cronaca - 9 Giugno 2017
Vaccini, senza una gestione affidabile e potenziata, bambini rischiano la fine dei polli da batteria
Soltanto a distanza di diverse settimane dai roboanti annunci del Consiglio dei Ministri è finalmente dato leggere il testo del decreto-legge sull’obbligatorietà dei vaccini e, quindi, svolgere delle considerazioni fondate su dati normativi certi. Innanzitutto va operata una premessa. Risulta difficile accettare l’impiego dello strumento del decreto-legge, ciò per almeno i seguenti motivi: 1) la salute futura dei bambini non dovrebbe dipendere da provvedimenti affrettati e di fatto sottratti, in Parlamento, a tutti i confronti del caso (in primis scientifici e giuridici); 2) i decreti-legge, che intervengono su materie così delicate, finiscono per generare allarmi ed incertezze fra i genitori che senz’altro non meritano di trovarsi dinanzi a norme precarie sia nelle more della loro approvazione in Parlamento, sia in seguito attesi i maggiori rischi di declaratorie di incostituzionalità; 3) le modalità di somministrazione dei vaccini, a prescindere che siano imposti o meno dalla legge, necessitano di un intervento del legislatore ordinario che sia organico e tale da toccare tutti i profili fondamentali; in particolare, l’imposizione di così tanti vaccini, insieme od a distanza di poco tempo, a bambini sempre più piccoli esige una rete vaccinale impeccabile in relazione a tutti i suoi livelli.
Merita soffermarsi su quest’ultimo punto, poiché il dibattito sull’obbligatorietà dei vaccini sembra avere oscurato una verità inconfutabile e comprovata anche dalla Cassazione: se i vaccini sono somministrati senza le dovute accortezze, possono verificarsi tragedie e danni di immense proporzioni. La seguente vicenda, certificata infine dalla Suprema Corte nel 2014, è emblematica. Come accertato dalla Corte di Appello di Torino nel 2012, Alessandra, all’età di cinque anni, venne sottoposta ad una vaccinazione antidifterica/antitetanica. Sennonché nessuno al consultorio si peritò di rinviare la somministrazione del vaccino alla luce del fatto che tre settimane prima la bimba era stata sottoposta ad un intervento di tonsillectomia e poi aveva avuto un’influenza. Nessun medico verificò che quel giorno non vi fossero controindicazioni alla vaccinazione. Tornata a casa la bambina cominciò ad accusare uno stato febbrile che il medico di base, prontamente contattato, non ritenne meritevole di approfondimento, né la sera stessa né per le settimane successive. Il personale della locale guardia medica, dopo una frettolosa visita, rifiutò ulteriori interventi invitando mamma e nonna della bimba a non disturbarli oltre per una “banale febbre”. Anche i medici dell’ospedale, ove infine approdava la madre disperata dal persistere dei sintomi della piccola, minimizzavano la situazione. Risultato: la bambina – bellissima, solare e vivace sino al giorno della vaccinazione – ha trascorso il resto della sua vita (tuttora in corso) in condizioni estreme, ridotta pressoché ad un vegetale.
Ora, la triste storia di Alessandra e della sua famiglia – tragedia cui forse contribuì la possibile difettosità del vaccino trivalente somministratole – ci insegna che, tanto nel caso in cui i vaccini siano obbligatori che laddove risultino facoltativi, lo Stato e le sue appendici locali devono pensare non soltanto ad investire ingenti somme di denaro sull’acquisto dei vaccini, ma anche a strutturare e finanziare un sistema di somministrazione degli stessi il più sicuro ed efficiente possibile. Ciò implica investimenti a tutti i livelli sui seguenti fronti: 1) predisposizione di un numero adeguato di personale addetto alla somministrazione; 2) strutture organizzate e preparate a dialogare con genitori e bambini; 3) formazione costante di medici e personale; 4) controlli accurati sulle performance di ogni elemento della rete vaccinale.
Fra le tante domande che occorre porsi dinanzi all’irruento intervento governativo si pone allora la seguente: il decreto-legge n. 73 del 7 giugno 2017 affronta il tema della sicurezza della rete vaccinale e stanzia risorse adeguate al riguardo? Appare, invero, grave che nulla si dica in merito a tali profili. Infatti, al comma 3 dell’art. 2 il Governo si limita ad autorizzare la modesta spesa di duecentomila euro per l’anno 2017 al fine di permettere al Ministero della salute di promuovere (non meglio precisate!) “iniziative di comunicazione e informazione istituzionale per illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni” di cui al decreto. In tutta evidenza lo stanziamento in questione è insufficiente, qualsiasi sia lo scopo effettivo perseguito.
Soprattutto sorprende come all’art. 7, comma 2, si specifichi quanto segue: “Dall’attuazione del presente decreto, a eccezione delle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 3, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. In breve, il Governo non stanzia un euro in più sulla rete vaccinale attuale nonostante l’introduzione dell’obbligatorietà della somministrazione di ben 12 vaccini (un autentico record nell’Unione Europea che meriterebbe ulteriori verifiche). Questa impostazione (12 vaccinazioni obbligatorie senza investimenti di sorta sulla sicurezza dei bambini) appare decisamente critica, anzi grave, soprattutto in considerazione della scelta del Governo e, ancora più consolidata, di diversi soggetti istituzionali (anche a livello regionale) di non allertare i genitori circa i reali rischi di vaccinazioni non precedute da esaustive anamnesi e, comunque, di reazioni avverse. In assenza di una gestione delle vaccinazioni concretamente affidabile il pericolo è che i bambini – soprattutto quelli delle famiglie che non possono permettersi un’assistenza pediatrica di elevato livello e, ad ogni modo, personalizzata – finiscano per essere trattati, dispiace prospettarlo, come dei “polli da batteria”.
Sovviene ancora una volta il caso di Alessandra: la piccola si trovò ad essere vaccinata in consultorio, senza che nessuno si peritasse di controllare il suo stato di salute; invece, la prole del giudice di primo grado, come candidamente raccontato da quest’ultimo alla madre di Alessandra nel corso di un’udienza orribile, beneficiò delle attenzioni di un medico amico di famiglia, che rinviò la somministrazione di alcuni vaccini. Si dubita fortemente che il breve passaggio di sessanta giorni in Parlamento del decreto n. 73/2017 per la sua conversione possa risolvere il problema della sicurezza della rete vaccinale, soprattutto nel momento in cui tutte le attenzioni sono centrate sul tema della legge elettorale. Tuttavia, anche se appesa ad un filo, rimane pur sempre la speranza che la politica, nel momento in cui si sta avventurando in un passaggio così epocale e drastico come la somministrazione obbligatoria di 12 vaccini, abbandoni i proclami (fatti sulla pelle dei bambini) e, quindi, metta seriamente mano alla sicurezza delle vaccinazioni.
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Caro bollette, a due settimane dagli annunci di Giorgetti il decreto slitta ancora: cdm rinviato a venerdì
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Io sono un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente". Così Simone Cristicchi, ospite a 'Maschio Selvaggio' su Rai Radio 2, risponde alla conduttrice Nunzia De Girolamo quando fa notare al cantautore romano come la canzone sanremese 'Quando sarai piccola' sia piaciuta tanto a Elly Schlein quanto a Giorgia Meloni.
"Si tende sempre a identificare gli artisti politicamente, la musica invece non ha fazioni, non ha colori. Devo dire che tu hai messo insieme la destra e la sinistra", ha detto De Girolamo al cantautore arrivato quinto nella classifica finale. "Questo mi fa sorridere - ha confessato Cristicchi - sono molto contento di questo apprezzamento bipartisan, o anche super partes, che ha generato la mia canzone. Io sono sempre stato un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente, proprio perché volevo che la mia musica e la mia arte potesse arrivare a tutti ed è giusto che sia così".
"Ovviamente ho le mie idee, come tutti, non le rinnego e non mi vergogno di esternarle quando è il momento e quando ho voglia, però - ha concluso il cantautore - sono veramente contento di aver fatto questa canzone che sia piaciuta più o meno a tutti".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il caro bollette è un problema sempre più grave, che non possiamo più far finta di non vedere. Paghiamo le bollette più care d’Europa, che a sua volta paga le bollette più alte tra i competitor internazionali. Siamo i più tartassati tra i tartassati, con un evidente danno alla competitività delle imprese e al potere di acquisto delle famiglie. I lavoratori, in particolare, pagano questi aumenti tre volte: la prima in casa quando arriva la bolletta, la seconda perché le aziende devono metterli in cassa integrazione poiché con l’energia alle stelle perdono produttività, la terza perché l’energia spinge a rialzo l’inflazione e i prodotti nel carrello della spesa costano di più". Lo dice Annalisa Corrado della segreteria del Partito Democratico.
"Agire è possibile e doveroso. Possiamo farlo subito, a partire dalla protezione dei soggetti vulnerabili, oltre 3 milioni e mezzo di utenti, per il quali il governo vuole bandire aste che sarebbero una iattura. Bisogna fermarle immediatamente e riformare piuttosto l’acquirente unico, che al momento gestisce il servizio di tutela della vulnerabilità, perché possa tornare a stipulare i contratti pluriennali di acquisto, agendo come vero e proprio gruppo d’acquisto".
"È necessario inoltre agire ad ogni livello possibile per disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello del gas: occorre lavorare ad una riforma europea dei mercati, scenario non immediato, agendo però contemporaneamente ed immediatamente per un “disaccoppiamento di fatto”, come quello che si potrebbe attuare supportando i contratti pluriennali con i produttori di energia da fonti rinnovabili (PPA, Power purchase agreement). Dovremmo prendere esempio dalla Spagna di Sanchez, inoltre, che ha imposto un tetto al prezzo del gas, ottenendo risultati brillanti che hanno trainato la ripresa d’industria ed economia. Dobbiamo fare di più e meglio per la transizione energetica per liberarci dalla dipendenza del gas: oltre ad insistere su sufficienza energetica ed elettrificazione dei consumi, dobbiamo agire ad ogni livello perché la quota di energia da fonti rinnovabili nel nostro mix di produzione cresca: questo è l’unico modo strutturale di far penetrare il beneficio in bolletta del basso costo delle energie pulite".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - “Allarmano e inquietano gli atti violenti rivolti in questi giorni contro le Forze dell’Ordine, a loro va la nostra piena solidarietà”. Lo dichiara la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi dopo gli incendi dolosi che hanno coinvolto questa mattina il commissariato e la Polstrada di Albano Laziale e nei giorni scorsi il comando della Compagnia dei carabinieri di Castel Gandolfo.
“Auguriamo agli agenti intossicati una pronta guarigione. Nell’attesa che sia fatta chiarezza sulle dinamiche e che i responsabili siano consegnati alla giustizia, non possiamo che schierarci senza indugio al fianco di chi ogni giorno si impegna per la sicurezza delle cittadine e dei cittadini”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Le bollette energetiche di famiglie e imprese sono alle stelle. Meloni ha fischiettato per mesi, ignorando anche le nostre proposte. E oggi annuncia il rinvio di un Cdm promesso ormai due settimane fa. Non avevano detto di essere 'pronti'?". Lo ha scritto sui social Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Tutto quello che ha a che fare con le emergenze vere di cittadini, famiglie, imprese passa in secondo piano nell’agenda del governo Meloni. Così è stato ed è per le liste d’attesa e per il diritto alla salute negato a milioni di concittadini, così è per il caro-bollette che da troppi mesi penalizza le aziende italiane e mette in ginocchio le fasce sociali più disagiate". Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella segreteria del Partito Democratico.
"Oggi la segretaria del Pd Elly Schlein ha presentato proposte molto chiare e concrete, che raccolgono peraltro l’interesse di imprenditori e associazioni degli utenti. Il Cdm sul problema del caro energia pare invece che slitti a venerdì. La presidente Meloni ne approfitti per raccogliere le nostre proposte sul disaccoppiamento del prezzo dell’energia da quello del gas e sull’Acquirente unico".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - La lotta alle mafie andrebbe portata avanti "in maniera trasversale. Ma non stiamo vedendo disponibilità all'ascolto e al lavoro comune da parte di questa destra". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno. "Noi continueremo a fare da pungolo costante, il messaggio che deve arrivare chiaro alle nuove generazioni è che la mafia è un male, e un freno al nostro Paese. Il Pd oggi più che mai è intenzionato a portare avanti questo lavoro con determinazione, mano nella mano con le realtà che affrontano il problema ogni giorno e ne sanno certamente più di noi".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Nel contrasto alle mafie "il ruolo delle forze dell'ordine e della magistratura è fondamentale. Noi riconosciamo e sosteniamo il lavoro quotidiano delle forze dell'ordine. Vanno sostenute le forze dell'ordine, come la magistratura, che invece vediamo attaccata tutti i giorni da chi governa". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno.