C’erano una volta i Guns N’ Roses. E oggi ci sono ancora. La scommessa è vinta, il miracolo riuscito. Fino a due anni fa pochi avrebbero puntato sul ritorno fianco a fianco di Axl Rose e Slash. Protagonisti di un divorzio diventato con il tempo leggenda, in Italia i due non si vedevano insieme da ben 24 anni (l’ultimo live a Modena, nel 1993). E invece eccoli esibirsi sullo stesso palco. Voce e chitarra, come una cartolina degli anni Novanta, davanti a quasi 90mila persone stipate negli spazi dell’autodromo di Imola, per la prima e unica tappa nostrana del Not in this lifetime tour. Ragazzini nati già dopo lo scioglimento della band accanto a fan decisamente meno giovani, che per l’occasione hanno tirato fuori la bandana d’ordinanza riposta nei cassetti almeno vent’anni fa.
Certo, nemmeno per questi ex-ragazzacci di Los Angeles, tutti catene, droghe e risse, il tempo si è fermato. È ben visibile nel volto e nel fisico di Axl, che porta i segni di tutti i suoi 55 anni vissuti pericolosamente, appesantito e fasciato in abiti appariscenti e di qualche taglia in meno (o in più). Ma la voce, quella sì, regge per quasi tre ore filate di concerto, raggiungendo picchi inaspettati e con pochissime pause. Non più potente come un tempo, è vero, ma ancora graffiante e disperata. E dove non arriva lui arriva Slash, virtuoso, un po’ spaccone (saluta il pubblico improvvisando una verticale da circense), con l’immancabile cilindro calato sulla testa incanta il pubblico dominando più volte la scena. E dimostra di sapersi divertire ancora parecchio.
video tratto dalla pagina Facebook ufficiale del gruppo
Un potente spettacolo rock, a metà tra nostalgia e meraviglia, con una coreografia abbastanza tradizionale, condita da maxischermi, fiamme e fuochi d’artificio. La band, sul palco nella formazione originaria quasi al completo (oltre ad Axl e Slash, ci sono anche Duff McKagan al basso e Dizzy Reed alle tastiere, ma mancano altri due componenti storici: il chitarrista Izzy Stradlin e il batterista Steven Adler) ha aperto il concerto con un classico, It’s so easy (brano d’apertura anche dei loro primi tour), tratto dal loro primo album Appetite for destruction del 1987. Lavoro che ha cambiato la storia e i costumi del rock. Il live è andato avanti rispettando le attese del pubblico, con una carrellata di classici, da Welcome to the jungle a Mr Brownstone, a Estranged, Civil war, Sweet child o’ mine. Nel mezzo anche i 10 minuti di Coma, e poi cover storiche dei Guns, come Live and let die e Knockin on heavens door. Nella seconda metà del live ecco Black hole sun, omaggio al leader dei Soundgarden, Chris Cornell, scomparso alcune settimane fa, capace già dopo poche note di strappare un lungo applauso al pubblico. In scaletta anche una Wish you were here strumentale e da brividi, mentre per la chiusura trionfale è stato scelto come da tradizione un altro successo delle origini, Paradise city.
Il concerto, in Italia il più grande evento rock di quest’anno insieme al live da record di Vasco Rossi a Modena, è stato anche un banco di prova importante per le nuove misure di sicurezza, disposte dopo i fatti Torino e gli attentati di Manchester. A Imola è stata messa in pratica la nuova circolare del Dipartimento di pubblica sicurezza. Doppio filtro all’entrata, controlli con il metal detector, divieto di spostarsi tra i diversi settori, elicotteri in cielo e cani antiesplosivo. Nonostante i timori del sindaco, Daniele Manca, che nella vigilia aveva fatto appello ad arrivare con largo anticipo per non intasare gli ingressi, tutto è filato liscio con code brevi e scorrevoli. Gestione meno efficiente invece per quanto riguardo l’entrata dei giornalisti, molti dei quali pur con un “ingresso press” si sono ritrovati all’ultimo momento esclusi da tutte le aree stampa. Circostanza che ha reso difficile il loro lavoro. “Decisione del management” sono state le uniche spiegazioni dei responsabili di Studio’s, che si occupavano dei rapporti con i cronisti.