Per chi si vuole candidare a segretario dopo il commissariamento di due anni del presidente del partito servono 400 firme da raccogliere in almeno 6 municipi. Da qui le critiche per un regolamento "antidemocratico". Ma chi ha i problemi maggiori è proprio la "Grosse Koalition" che mette insieme varie correnti. E spunta anche il mistero dei "moduli bianchi"
Quattrocento firme da raccogliere in almeno 6 municipi diversi. E fra salti mortali e polemiche, ora spuntano anche possibili irregolarità. E’ di nuovo caos nel Pd di Roma, che si appresta a eleggere il suo nuovo segretario dopo oltre 2 anni di commissariamento cittadino targato Matteo Orfini. Anche perché le regole ferree e lo “sbarramento” voluti dal Nazareno stanno non solo “mettendo in pericolo la democrazia nel partito”, ma stanno anche complicando la vita proprio alla coalizione di maggioranza che alle ultime primarie si è schierata con Matteo Renzi segretario, alleanza ormai dilaniata in correnti e sotto-correnti i cui esponenti da giorni litigano e si insultano fra di loro.
Regolamento “antidemocratico”
Ma andiamo con ordine. Come detto, le regole per presentare le proprie candidature al congresso cittadino sono davvero complesse e, senza una struttura adeguata alle spalle, è difficilissimo anche solo pensare di schierarsi sulla griglia di partenza. Ogni aspirante segretario, infatti, deve presentare entro le 19 lunedì (domani) almeno 400 firme certificate, obiettivo proibitivo se si considera che non si può andare oltre le 70 firme in ogni municipio. A questi livelli si tratta di esponenti i quali, ben che vada, hanno svolto il ruolo di presidenti o consiglieri di municipio: raccogliere sottoscrizioni in un weekend estivo fuori dal proprio territorio di riferimento diventa difficilissimo e contribuisce a un meccanismo che finisce per escludere dalla corsa gran parte degli outsider. Una scelta che, proprio per questo, molti hanno considerato “poco democratica”.
La coalizione renziana esplode
Come detto, però, questo sistema ha finito per mettere in crisi proprio la “Grosse Koalition” coordinata proprio da Matteo Orfini. Un calderone in cui sono finiti renziani della prima, seconda e terza ora, i cosiddetti “turborenziani”, gli orfiniani, i franceschiniani, i popolari, gli ex veltroniani e a cui si sono aggiunti anche i zingarettiani, in principio orlandiani ma da qualche settimana imbarcatisi sul carro di Renzi. Da giorni non si fa che parlare del possibile candidato: Valeria Baglio (ex presidente dell’Assemblea Capitolina), Daniele Torquati (ex presidente del Municipio XV), Cristina Maltese (ex minisindaca al Municipio XII) e Mariano Angelucci (riferimento dei popolari) i nomi più gettonati. In realtà, come scrive Repubblica, il Nazareno – stanco dei litigi – ha “ordinato” di “andare tutti su Andrea Casu”,trentenne che ha come riferimento politico Luciano Nobili (a sua volta renziano e “padre” della candidatura di Roberto Giachetti in Campidoglio), ma “non senza aver acquisito il consenso di Nicola Zingaretti”.
Il giallo dei “moduli bianchi”
Il tempo però stringe e gli outsider si stanno muovendo. In campo ci sono già Livio Ricciardelli, 26enne consigliere del Municipio I, e Andrea Santoro, ex presidente del Municipio IX Eur, che hanno già raccolto il 75 oer cento delle firme necessarie. La domanda è: i renziani quando inizieranno con le sottoscrizioni se non hanno ancora il candidato (e probabilmente non lo avranno ancora per diverse ore?). Qui il giallo. A quanto risulta a IlFatto.it, dal Nazareno è partita la raccolta firme con “i moduli in bianco”, quindi senza l’indicazione del candidato; una pratica che, se fosse confermata, non è prevista dal regolamento e rischia di invalidare il congresso. Battutine e sospetti si fanno largo sui social network. “Ma a parte Ricciardelli e Santoro che stanno facendo i salti mortali – si chiede provocatoriamente su Facebook Fabio Bomarsi, esponente del Municipio XII – mi spiegate come faranno gli XMAN-WOMAN altri a raccogliere 400 firme in meno di 36 ore?”. Risponde Raffaella Petrilli, ex membro della segreteria romana: “Spero vivamente che le raccolte firme nei circoli o altrove si svolgano usando l’intero modulo per la raccolta, compresa la prima pagina in cui è scritto il nome del candidato”; Emanuela Piccioni è sicura: “Hanno già firmato in bianco” e Pina Cocci conferma: “Sì, purtroppo”. Un bel problema, insomma. E i concorrenti dell’attuale “mister X” renziano, cosa dicono in proposito? A IlFatto.it, Andrea Santoro dichiara: “Ho chiesto a tutti quelli che mi stanno dando una mano in queste ore di preparare i moduli con il mio nome ben evidente. Se dobbiamo cambiare, iniziamo dalle basi. Altri metodi lasciamoli a chi rappresenta il passato”.