Sono circa 9mila i minori egiziani che attraversano il Mediterraneo ogni anno e molti di loro finiscono nella rete dei trafficanti di droga e dello sfruttamento sessuale in Italia. A riportarlo è il magazine saudita Al Majalla, che dedica la copertina del nuovo numero a un reportage di Yasmine al Geressi realizzato a Torino, dal titolo Abusati e sfruttati: la storia dei migranti bambini in Italia. Un fenomeno, quello dell’immigrazione minorile dall’Egitto, esploso a causa delle condizioni economiche che si sono deteriorate, ricorda il magazine. Le famiglie egiziane sono spinte a inviare i figli da soli a pensando di trarre vantaggio dalla legislazione italiana sui minori non accompagnati che non prevede per loro il rimpatrio forzato e impone che venga fornito un alloggio sicuro, cibo e accesso all’istruzione.

Diritti che l’Italia non garantisce, scrive la rivista. “Abbiamo dormito per molto in strada. Ogni giorno vediamo cose che ci fanno odiare le nostre vite. E’ stato il più grande sbaglio della mia vita” racconta Ahmed, minore egiziano arrivato in Italia che dice di voler tornare in Egitto. Questo abbandono fa sì che i bambini entrino facilmente in contatto con il mondo della droga e della prostituzione minorile. “Nessuno aiuta nessuno qui, specialmente se non hai famiglia”, racconta l’adolescente, originario del governatorato egiziano di Qalyubia, che come decine di migliaia di altri adolescenti ha pagato ai contrabbandieri decine di miglia di ghinee per arrivare in Italia. E’ stata l’idea di un futuro migliore a spingere Ahmed ad attraversato il deserto, quello fra l’Egitto e la Libia, rischiando la morte. Arrivato al confine, i membri di una tribù beduina lo hanno sequestrato: “Ma sono riuscito a rompere la porta del posto dove ero rinchiuso e ho cominciato a correre per le montagne”.

Una volta sul barcone in partenza dalla Libia – ricorda Ahmed – “uno dei ragazzi con noi è morto sulla barca – ricorda Ahmed – ha continuato a vomitare fino a quando non è spirato”. Poi, i contrabbandieri hanno preso il cadavere e lo hanno lanciato in mare. “Eravamo tutti arrabbiati. Era uno di noi. Come potevano fare una cosa del genere: è haram, un peccato”, aggiunge Ahmed. E “quando abbiamo protestato ci hanno detto di non parlare o chi lo avrebbe fatto sarebbe stato gettato in acqua”.

Arrivato in Italia, Ahmed ha scoperto che le difficoltà non erano finite. Purtroppo, scrive la giornalista, per la maggior parte dei ragazzi non accompagnati incontrati a Torino le speranze per futuro migliore e felice sono scomparse. “L’Italia non è più quella di una volta”, sottolinea Ahmed, spiegando che è quasi impossibile trovare un lavoro stabile in cui si guadagni abbastanza per sopravvivere, e che la presenza degli immigrati, in un momento in cui il mondo assiste a attacchi terroristici, ha creato molto razzismo. Come Ahmed, anche Salem, un altro ragazzo egiziano arrivato via barca, è pentito di essere arrivato in Italia. “Dico ai miei amici di non venire. Non c’è lavoro”. Salem è sopravvissuto al naufragio della barca sulla quale era salito. “Eravamo in 300. Si è capovolta e 100 sono morti”, ricorda. Quando le forze di sicurezza egiziane hanno salvato i sopravvissuti “ci hanno picchiati e insultati”. Poi ha ritentato l’attraversata ed è arrivato aTorino.

Il fenomeno dei minori non accompagnati che attraversano il Mediterraneo è in crescita. Secondo dati dell’Unicef, nove su dieci dei 25.846 minori che hanno attraversato il mediterraneo nel 2016 – riporta al Majalla – erano non accompagnati. Si stima che 4,579 persone siano morte nel tentativo di attraversare il tratto di mare che separa la Libia all’Italia nel solo anno passato, fra questi 700 minori. E proprio in Egitto c’è la città, Rashid, da dove parte il più alto numero di minori, diretti verso la città libica di Sirte.

Il Ministero degli Affari Esteri egiziano – riporta la rivista – ha chiesto ripetutamente al governo italiano di intervenire, insieme alle ong per il sostegno dell’infanzia, per limitare il controllo che i gruppi criminali esercitano sui minori. Mentre la fondazione egiziana per il progresso della condizione dell’infanzia ha mandato diversi report a riguardo di questo problema alle Nazioni Unite, senza però ottenere risposta.

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