"Non sono un criminale e soprattutto non sono e non sarò mai un mafioso" ha detto l'imputato leggendo alcuni fogli contenenti anche una lettera indirizzata direttamente ai giudici. La Dda di Milano ha fatto soltanto "molto rumore per nulla"
Un appello insolito rivolto ai giudici prima della camera di consiglio. Fabrizio Corona ha citato il daimon di Platone, e ha fatto commuovere e scoppiare a piangere la sua fidanzata Silvia Provvedi, quando anche lui con la voce rotta dall’emozione l’ha definita “unica e speciale” e un “amore vero”. Si è difeso strenuamente spiegando, in sostanza, di essere un “perseguitato”. Il verdetto del collegio presieduto da Guido Salvini è atteso per il pomeriggio.
“Non sono un criminale e soprattutto non sono e non sarò mai un mafioso”, ha detto Corona leggendo alcuni fogli contenenti anche una lettera indirizzata direttamente ai giudici. La Dda di Milano, ha insistito Corona, ha fatto soltanto “molto rumore per nulla“, con un’altra citazione stavolta shakespeariana, e ciò solo perché arrestare Corona dà “5 minuti di celebrità a tutti”. Corona è imputato per intestazione fittizia di beni, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e violazione delle norme patrimoniali sulle misure di prevenzione per quei 2,6 milioni trovati in Austria e in un controsoffitto. Per lui la procura ha chiesto 5 anni e la difesa un’assoluzione sostenendo che il denaro accumulato da Corona è frutto soltanto di tante serate nei locali pagate in nero all’ex re dei paparazzi.
“Fuori ad aspettarmi è rimasta mia madre, che darebbe la vita per mio figlio ma si sta facendo vecchia, e la mia fidanzata, che pur essendo giovane è unica e speciale e quello che ha fatto per me non lo avrebbe fatto nessuna donna. Ho questa piccola famiglia, mi aspetta ed è l’unica cosa che voglio, i soldi non mi interessano, potete anche tenerveli. Datemi ciò che è giusto e fatemi riprendere il percorso da dove lo avevo interrotto – dice Corona leggendo una lettera – Sono stanco non penso di essere è più forte come prima e ho paura, non per me ma per mio figlio, che dal giorno del mio arresto a casa di mia madre in un modo così assurdo non è più quello di prima. Sono sempre stato un casinista, sono forse un matto, ma non sono un criminale e soprattutto non sono e non sarò mai un mafioso”, ha proseguito, “mio figlio Carlos di 14 anni è venuto a trovarmi in carcere e mi ha detto: non può esistere una società basata sul libero arbitrio, cerca di essere fiducioso e soprattutto ricorda che il perdono è meglio di una preghiera”.