Il Prefetto di Mantova, Carla Cincarilli, con provvedimento d’urgenza, dopo essersi consultata con il ministero dell’Interno, ha revocato le designazioni dei funzionari componenti la settima sottocommissione elettorale circondariale responsabile per il comune di Sermide e Felonica. Il provvedimento si è reso necessario poiché in questo comune di poco più di 7mila abitanti, alle elezioni di domenica scorsa è stata ammessa una lista dichiaratamente neofascista nei contenuti e nei simboli.

La lista, denominata Fasci Italiani del Lavoro, è riuscita a raccogliere ben 334 voti, pari al 10,41%. Un risultato che ha spiazzato gli stessi vertici dell’organizzazione capaci di eleggere, per la prima volta, un rappresentante nel consiglio comunale. Si tratta di Fiamma Negrini, ventenne studentessa figlia di Claudio Negrini, fondatore e leader del movimento che si ispira alle idee mussoliniane.

Ora, la decisione del Prefetto è arrivata sull’onda dell’indignazione manifestata qualche giorno fa dall’Anpi e dall’Osservatorio delle nuove destre, stupiti che un partito potesse presentarsi alle elezioni nonostante abbia come simbolo un fascio littorio che sovrasta una ruota dentata. Indignazione che è diventata preoccupazione quando gli scrutini hanno determinato un risultato sbalorditivo. A quel punto se ne sono interessati anche la presidente della Camera Laura Boldrini, che ha scritto direttamente al ministro dell’Interno Marco Minniti, e alcuni parlamentari che hanno presentato interrogazioni sulla vicenda.

“L’ammissione di una lista che si richiama dichiaratamente a nomi e immagini del partito fascista – ha scritto la presidente della Camera nella missiva inviata al Viminale – desta forti perplessità sul piano giuridico in quanto, come rilevato, tra gli altri, dall’Anpi – sembra contrastare con le norme costituzionali e legislative che vietano la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista”. La Boldrini ha anche ricordato come “le Istruzioni per la presentazione e l’ammissione delle candidature, emanate nello scorso mese di maggio dal Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione Centrale dei servizi elettorali del ministero dell’Interno, stabiliscono che le commissioni elettorali circondariali ricusano ‘i contrassegni in cui siano contenute espressioni, immagini o raffigurazioni che facciano riferimento a ideologie autoritarie, per esempio le parole ‘fascismo’, nazismo’, ‘nazionalsocialismo’ e simili”.

Insomma, la terza carica dello Stato chiedeva un segnale per rimediare a una clamorosa svista da parte della Sottocommissione elettorale competente per il Comune di Sermide e e Felonica – andato a elezioni perché interessato a un procedimento di fusione fra due enti amministrativi – e questo segnale è arrivato con la rimozione dei funzionari responsabili. Una decisione politica, che non influirà sul risultato elettorale a meno che le altre liste in corsa decidano di impugnare legalmente il provvedimento. Ma, al momento, non sembra esserci quest’intenzione e Fiamma Negrini è, a tutti gli effetti, un consigliere comunale dei Fasci Italiani del Lavoro.

Un partito non certo neonato, che si era presentato alle urne, sempre a Sermide, in quattro occasioni dal 2002 in poi. Senza lasciare traccia. Stavolta, invece, quel 10 per cento ottenuto ha pesato anche dal punto di vista mediatico. Anche se, già in passato, qualche organo di informazione si era occupato del movimento neofascista. In particolare, il 28 ottobre del 2003, anniversario della marcia su Roma, Negrini e alcuni suoi adepti affissero una gigantografia di Benito Mussolini nella bacheca pubblica del comune di Castelbelforte, sempre in provincia di Mantova, per commemorare ed esaltare il duce e il fascismo.

Il comandante della stazione locale dei carabinieri denunciò l’episodio e da lì partì un procedimento giudiziario che fece finire Negrini e un altro esponente del suo partito nel registro degli indagati per il reato di apologia di fascismo. Dopo due anni i due indagati furono assolti dall’accusa nel corso dell’udienza preliminare: secondo il gup il fatto non costituiva reato poiché il comportamento adottato dagli indagati non era concretamente pericoloso e non si richiamava agli aspetti violenti del fascismo.

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