"Alcuni portali sono ritenuti responsabili di favoreggiamento al terrorismo e di diffondere notizie false”, spiega Lina Attallah, cofondatrice di Mada Masr, oggi unico giornale indipendente del Paese che pubblica una versione del suo portale in inglese. Ma secondo lei la strategia di al Sisi non è sostenibile: "Così si colpisce la gente comune che di solito si occupa di politica"
Negli ultimi giorni sulle bacheche dei social network di molti attivisti egiziani circola una vignetta: il presidente Abdel Fattah El-Sisi tiene in mano un cavo spezzato con i fili elettrici a penzoloni ed esclama “No internet”. La caricatura è stata pubblicata da Mada Masr, uno dei 63 giornali online bloccati nelle ultime due settimane dal governo del Cairo. “Nonostante le innumerevoli chiamate, non abbiamo ancora ricevuto nessuna risposta ufficiale”, racconta a Ilfattoquotidiano.it Lina Attallah, cofondatrice di Mada Masr, al momento l’unico giornale indipendente del Paese che pubblica una versione del suo portale in inglese.
“Una nostra fonte all’interno del Consiglio dei media (organo governativo costituito lo scorso gennaio con una nuova legge, ndr), ci ha spiegato che almeno 17 siti di news erano stati oscurati perché ritenuti responsabili di favoreggiamento al terrorismo e di diffondere notizie false”, continua Attallah. Tra questi ci sono, oltre al quotidiano Masr Al-Arabeya e al settimanale web Al-Mesryoon pubblicati in Egitto, altre testate già ampiamente prese di mira negli ultimi anni come Al Jazeera e l’Huffington Post Arabic, entrambi sponsorizzati dal Qatar, il piccolo e ricco stato del Golfo che supportando il movimento islamista dei Fratelli Musulmani rappresenta uno dei nemici principali dell’attuale presidenza egiziana. Inoltre altri due siti, Il Daily News Egypt e El Borsa, sono diventati inaccessibili dai browser locali.
“Mada Masr è tornato a essere visibile nella maggior parte delle aree in Egitto che utilizzano il servizio di connessione TE-DATA (la compagnia telefonica di stato egiziana)”, spiega Attallah. “Noi al momento continuiamo a produrre i nostri contenuti e cerchiamo di aggirare le limitazioni utilizzando i social e altre piattaforme che ci permettono di bypassare il blocco”.
Non è la prima volta che le autorità egiziane – che comunque non hanno diffuso nessun comunicato a riguardo – tentano di attuare misure di controllo su Internet, mezzo che fu ampiamente di supporto per gli attivisti della rivoluzione del 2011. I rappresentanti del sindacato dei giornalisti egiziano si sono riuniti oggi con alcuni giornalisti dei siti web bloccati e hanno annunciato che sporgeranno denuncia di fronte al Procuratore Generale.
Lo scorso ottobre anche il portale The New Arab, sempre vicino ai Fratelli Musulmani, era stato bloccato tramite l’iniezione di pacchetti di reset (RST) per impedire la comunicazione tra il server e il sito internet. La stessa tecnica era stata utilizzata anche lo scorso dicembre per provocare il malfunzionamento di Signal, l’applicazione di messaggistica istantanea. Questa volta l’attacco informatico mirato ai portali di informazione coincide con un ulteriore giro di vite contro oppositori politici e una nuova e draconiana legge sulle Ong ratificata dal presidente Sisi. Il primo a farne le spese è stato Khaled Ali, avvocato, attivista politico ed ex candidato vicino ai rivoluzionari di piazza Tahrir alle presidenziali del 2012. Due settimane fa, Ali, al suo ritorno da Roma dove aveva partecipato a un’iniziativa sul caso Regeni, è stato arrestato e detenuto per alcuni giorni e a breve andrà a processo per “violazione della pubblica morale”.
Allo stesso tempo le forze di sicurezza hanno iniziato una serie di perquisizioni e arresti ai danni di gruppi politici e partiti. Secondo quanto riportato da Amnesty International, 26 attivisti sono ancora detenuti con delle accuse relative a presunte attività terroristiche. L’ultimo colpo di coda è arrivato, infine, con la ratifica della presidenza di una legge sulle organizzazioni non governative che introduce forti limitazioni sulle loro attività. Secondo diversi analisti il nuovo giro di vite delle autorità egiziane è legato alle elezioni presidenziali che si terranno la prossima primavera, nel 2018. Un atto preventivo per limitare le voci di dissenso a un governo già indebolito dai numerosi attentati perpetrati dallo Stato Islamico ai danni della minoranza cristiana.
“Non penso che questa nuova ondata repressiva possa rappresentare una strategia sostenibile”, conclude Attallah. “Le ultime azioni, in particolare quelle sulla limitazione del web, stanno colpendo anche la gente comune che solitamente non si occupa di politica. Molti cittadini egiziani potrebbero iniziare a mal sopportare provvedimenti che al momento non hanno una ragione”.