Il Polo delle Libertà si alleò con il Carroccio al Nord e con An in altre zone d'Italia. Le Comunali suggeriscono che si è tornati a quella dinamica: Forza Italia perno in tutta Italia, i leghisti trascinatori al Nord (dove ritrovano le vecchie percentuali tra 20 e 30), il radicamento del partito della Meloni in alcune città. Così al vecchio leader potrebbe tornare la tentazione del Mattarellum
Torniamo alle coalizioni!, è la tendenza del momento. Ma è meglio tornare alle coalizioni, quando una coalizione ce l’hai. Sembra un motto di Massimo Catalano, ma è la differenza tra centrosinistra e centrodestra. Nonostante i litigi e le incomprensioni a livello nazionale Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia si alleano in tutta Italia (salvo eccezioni). E funzionano perché ciascuno dei tre è in grado di fare da battistrada in territori diversi. Il Carroccio è stabilmente il traino al Nord e in certi casi anche nelle Regioni rosse, Forza Italia resiste al Centro e al Sud. I Fratelli d’Italia – nel loro piccolo – hanno exploit, come a La Spezia e ad Asti ed esprimono candidati unitari. E’ una forma di coalizione che ricorda, questa volta sì, il mitologico ’94 berlusconiano. All’epoca il Polo delle Libertà faceva leva sulle alleanze variabili: al Nord con la Lega secessionista di Umberto Bossi e al Sud con l’Alleanza Nazionale patriottica di Gianfranco Fini. Fu il trucco per battere la gioiosa macchina di Achille Occhetto. Ora potrebbe tornare una formula più multiforme. In Puglia e in particolare a Lecce va in doppia cifra Direzione Italia, il partito di Raffaele Fitto, semi-sconosciuto in tutta Italia ma macinatore di voti nella terra dell’ex governatore. Il sistema elettorale perfetto, con questo schema, è il Mattarellum. Le alleanze possono essere variabili, collegio per collegio, candidato per candidato. Berlusconi potrebbe essere tentato di mettere in scacco Renzi e dirgli: ok, volevi il Mattarellum? Facciamolo. Per Giorgia Meloni è “la rinascita del bipolarismo”.
Dice Matteo Salvini che va bene rimettere insieme la coalizione di centrodestra, ma è la Lega Nord il traino. Lo è di sicuro al Nord, dove riprende le penne che per alcuni anni aveva perso. In certe zone della Lombardia la lista del Carroccio supera il 20 e tocca il 30, come ai vecchi tempi, anche in province diverse: succede in provincia di Varese, a Tradate, ma anche in quella a Cantù, Meda, Castiglione delle Stiviere. A Padova città la Lega ha preso solo il 6, ma la lista civica con il nome di Massimo Bitonci, l’ex sindaco ricandidato che ora si giocherà la guida del Comune con Sergio Giordani (centrosinistra), ha ottenuto il 24 per cento, col Pd inchiodato al 13: Bitonci è uno dei più fedeli alla linea di Salvini. Ad Alessandria, Piacenza, Lodi, Monza, la Lega è il secondo partito più votato dopo il Partito Democratico. A Genova il terzo. A Parma ha preso il 12. La media che rimbalza da Comune a Comune, dal Nord al Centro, è quella del 14 per cento, cioè la cifra che tutti i sondaggi attribuiscono – decimale più decimale meno – alla forza politica ex nordista e ora un po’ più sovranista. In Lombardia fino a oggi la Lega governava 16 Comuni, ora è già passata a 19 in attesa di 26 ballottaggi. “In tanti Comuni lombardi – rivendica il segretario – la Lega torna ad essere sopra il 30 per cento. Questa la dedico a quei fenomeni che dicevano che la scelta di essere presenti a livello nazionale ci avrebbe penalizzato in casa”. I fenomeni sarebbero in particolare Umberto Bossi. E la sorpresa è che Salvini non molla nemmeno il progetto di Noi con Salvini, lista che in Campania e in Puglia prende solo qualche decimale. Tuttavia tutti i Matteo si somigliano e il leader leghista mette l’accento sull’Aquila, dove la lista prende il 6, Guidonia (8), Ladispoli (11) e San Felice Circeo, in provincia di Latina.
A pagare un prezzo dello stato di salute della Lega Nord è Forza Italia. Il partito di Berlusconi è protagonista di una performance meno visibile rispetto all’alleato ex federalista. Ma è costante praticamente in tutta Italia. In alcuni grossi centri in Lombardia e in Veneto, per esempio, tocca cifre vicine al 20 per cento. La media è del 12-13, anche in questo caso in linea con i sondaggi e visibilmente in calo rispetto alle Politiche del 2013.In più – ragionamento che vale al pari del Pd – in zone in cui è forte il voto di centrodestra si disperde in miriadi di liste civiche: succede in Campania, Puglia, Sicilia, soprattutto. Una pratica alla quale la Lega Nord non si sottopone. E in fondo è di Forza Italia l’unico sindaco di centrodestra già eletto al primo turno, anzi riconfermato, cioè il primo cittadino di Frosinone Nicola Ottaviani. Lì Forza Italia ha preso l’11, mentre la lista Ottaviani ha conquistato il 13. Di fatto Forza Italia è fondamentale per vincere, anche se gli sta scivolando la golden share dell’alleanza.
Poi ci sono dei fenomeni locali. Accade per esempio a Fratelli d’Italia. Tanto da arrivare a conquistare Comuni tosco-emiliani come Abetone, in provincia di Pistoia, prendere il 7 a Piacenza, raggiungere il 14 a La Spezia, oscillare tra il 6 e l’8 in certe zone di Toscana, Emilia Romagna e Lazio, in Venezia Giulia. All’Aquila, dove ha preso il 6, ha espresso anche il candidato sindaco, Pierluigi Biondi, che ha trascinato al ballottaggio il rivale del Pd.
Ma la coalizione si può allargare ancora, anche a Raffaele Fitto, che – pur scomparso dalle tv e dai giornali – in Puglia è ancora un re delle preferenze, non solo personali. Il suo movimento, Direzione Italia, raccoglie fino al 18 per cento a Lecce, dov’è la prima lista e doppia sia il Pd che Forza Italia. Non solo: la classe dirigente “fittiana” è riconosciuta in tutte le province del sud della Regione, Brindisi e Taranto comprese.
Angelino Alfano ha più volte detto di non essere interessato a questo tipo di centrodestra. Ma poiché il centrodestra ha abituato a liti e pacificazioni a tempo di record e quindi Alternativa Popolare potrebbe essere corteggiata dopo alcune prestazioni in Regioni del Sud. A Catanzaro Ap prende il 9, nei Comuni popolosi della Campania prende di media il 6, a Frosinone supera il 5, mentre a Palermo le liste centriste prendono il 9 e a Trapani l’Udc il 5. Tutto questo manca al centrosinistra: non solo il Pd pare inviso a tutte le forze politiche alla sua sinistra (e viceversa), ma Articolo 1-Mdp non si è presentato in nessun Comune, Campo Progressista non esiste e Sinistra Italiana ha raccolto briciole e pochi seggi. Il ruolo della sinistra è delegato ad alcune liste civiche (che hanno sognato e mancato di poco il ballottaggio a Padova e Catanzaro) che si ispirano all’associazionismo, all’ambientalismo e alla società civile, alle quali si vorrebbe riferire anche Giuliano Pisapia. Inascoltato.