Il Movimento 5 stelle ha un elettorato a “fisarmonica” che si allarga quando la competizione è nazionale e si restringe quando è invece locale. E soprattutto una platea di votanti che, per quanto riguarda le elezioni amministrative, è rimasta congelata al 2012. L’analisi dei flussi dell’Istituto Cattaneo di Bologna si concentra sul crollo nelle urne dei grillini, ma anche sulla rinascita del centrodestra che deve il suo successo soprattutto al buon risultato delle sue componenti più radicali: la Lega Nord (+2,6 per cento) e i partiti della Destra (Fratelli d’Italia e altri). Forza Italia invece ha perso il 2,2 per cento dei consensi rispetto a cinque anni fa, ma ha arginato la crisi grazie agli alleati. Infine il centrosinistra pur avendo avuto “segni di difficoltà a livello municipale”, ha retto grazie alla buona prestazione delle liste civiche”. Perdono però voti sia la Sinistra che il Pd (-1,8 per cento), mentre le componenti centriste perdono addirittura 6,8 punti. Morale, a livello locale, emergono “pressioni maggioritarie” che portano alla formazione di “coalizioni ampie e inclusive” creando un bipolarismo municipale. Un fenomeno che contrasta però con le dinamiche che si verificano poi alle elezioni nazionali, dove, dicono i ricercatori autori dello studio Macro Valbruzzi e Andrea Pedrazzani, la partita è ancora aperta.
L’elettorato dei 5 Stelle? “A fisarmonica” – Il crollo nelle urne del Movimento 5 stelle avviene mentre in contemporanea, a livello nazionale, i grillini oscillano tra la prima e la seconda posizione nei sondaggi. La spiegazione, secondo gli analisti dell’istituto di Bologna, sarebbe da ricercare in un elettorato “a fisarmonica”: si allarga quando la competizione si muove in una dimensione nazionale, mentre si restringe e si rimpicciolisce in chiave territoriale. Prendendo in esame gli stessi comuni, a distanza di cinque anni, si nota come il M5s sia rimasto praticamente immobile: è passato dall’8,1 per cento al 7,8 segnando una diminuzione dei consensi dello 0,2%. Se il confronto viene fatto con le politiche del 2013 (25%), il dato è naturalmente molto più pesante: -18 per cento. Le due competizioni però sono molto diverse ed è scorretto fare un paragone tra le due dimensioni. Quello che viene evidenziato dal Cattaneo appunto è che il M5s, a livello amministrativo, “nonostante il maggiore sforzo di radicamento e diffusione è rimasto sostanzialmente fermo a 5 anni fa, con un elettorato congelato incapace di estendersi nei comuni”. La domanda a questo punto è se questa natura a fisarmonica appunto durerà nel tempo: quello che viene notato è che la maggior parte dell’elettorato “intermittente dei 5 stelle” ha trovato rifugio nell’astensionismo delle competizioni locali.
Il centrosinistra tiene grazie alle civiche: Pd e Sinistra in calo – Nel centrosinistra, invece, il discorso è più complesso. Esistono infatti “segni di difficoltà a livello municipale”, ma globalmente le amministrative hanno segnalato “una sostanziale tenuta elettorale”. Che ha però come fattore principale “la buona prestazione delle liste civiche”. In generale si nota “una riduzione dei consensi, in termini di punti percentuali, sia per la Sinistra (Sel, Sinistra Italiana, Articolo uno, Rivoluzione civile ecc.) che per il Partito democratico. Per la precisione, la Sinistra perde un punto percentuale, mentre il Pd scende in media dal 26,3 al 24,5 (-1,8%).
Il centrodestra vince: tirano i radicali di Carroccio e Destra – “Il dato che emerge”, spiegano i ricercatori nell’analisi, “è che gli unici due partiti che guadagnano voti sono entrambi del centrodestra, la Lega nord (+2,6%) e i partiti riuniti sotto l’etichetta della “Destra” (Fratelli d’Italia, e altri). Il calo di Forza Italia di 2,2 punti percentuali è compensato dai guadagni elettorali dei partiti più ‘radicali'”. Morale, “laddove il centrodestra si è presentato unito e compatto, ha incontrato i favori degli elettori e ha aumentato i suoi consensi. E questo dimostra l’esistenza, a livello comunale, di un elettorato forzaleghista che premia le opzioni unitarie o di coalizione”.
Bipolarismo municipale- E’ come se ci fossero due Italie: quella che vota per le amministrative che si polarizza tra centrodestra e centrosinistra e quella che invece va alle elezioni nazionali pronta a scegliere anche una terza opzione (appunto il Movimento 5 stelle). Secondo il Cattaneo infatti, i risultati mettono in chiaro che “i giochi in vista delle politiche sono ancora aperti e nessuno ha la vittoria in tasca“: “Lo scenario nazionale”, si legge, “è attualmente caratterizzato dalle spinte centrifughe alla disgregazione dell’offerta politica, mentre a livello locale prevalgono le pressioni maggioritarie alla formazione di coalizioni ampie e inclusive” creando un bipolarismo municipale. Di certo, prosegue il Cattaneo, “la convivenza tra questi due sistemi è destinata a produrre tensioni e frizioni all’interno delle principali coalizioni, ma ad oggi non sappiamo quale spinta (nazionale-disgregante o locale-aggregante) finirà per prevalere. Molto, ovviamente, dipenderà dalle regole elettorali e dalle interpretazioni che di esse daranno gli attori politici”.
Affluenza in caduta libera al Nord e nelle regioni rosse – Tra i dati da tenere in considerazione c’è anche il crollo dell’affluenza. Domenica si è registrato un calo consistente rispetto al 2012, ovvero dal 68,1 per cento al 61,5 per cento. Ma si tratta, come rileva un’analisi dell’Istituto Cattaneo, di un trend di lungo periodo che non è uguale per tutta l’Italia. Negli ultimi 25 anni c’è stata una netta inversione di tendenza: se all’inizio degli anni novanta le regioni con una maggiore partecipazione elettorale erano quelle del centro-nord oggi sono quelle del centro e del sud a mostrare una maggiore affluenza. Al nord e nelle regioni “rosse”, dagli anni ’90 ad oggi, la diminuzione si attesta in media attorno ai 26 punti percentuali. Le regioni del meridione hanno invece avuto un calo di 12 punti: se negli anni novanta erano quelle dove si votava meno, adesso sono quelle dove si vota di più. Al nord e nelle regioni considerate da sempre più a sinistra, osserva il Cattaneo, l’aumento dell’astensionismo pare essere legato, in buona parte, a trasformazioni di lungo periodo, come “la scomparsa dei partiti di massa, l’assenza di formazioni politiche dai contorni ideologici e programmatici ben delineati e il relativo attenuarsi della fedeltà elettorale”. Al centro e, soprattutto, al Sud invece “la scomparsa dei partiti tradizionali ha avuto un effetto meno consistente sulla partecipazione perché il voto era ed è più condizionato da rapporti localistici tra i candidati e gli elettori”. In conclusione l’area del “non-voto” aumenta e in molte grandi città “va a votare poco più di un elettore su due”.