Relaxer è il terzo disco in studio degli alt-J, band divenuta nel frattempo vessillo del pop-rock alternativo non solo europeo, ma mondiale. È questo anche il primo album scritto e registrato non tra un concerto e l’altro, ma nel vuoto del tempo libero – sempre meno – del trio inglese composto da Joe Newman, Gus Hunger-Hamilton e Thom Green: il primo si è chiuso a guardare film (letterale), il secondo ha aperto un ristorante, il terzo ha ovviato alla “regola” uscendo da solista. Presa forma tra la fine dello scorso anno e l’inizio di quello ancora in corso, Relaxer, più che un disco è il tabernacolo nel quale è contenuta la carriera – fulminea – degli alt-J, e in quanto tale ne raccoglie tutti gli elementi caratteristici: la forte introspezione musicale, la profonda versatilità e le intenzioni minimali quanto ricche negli arrangiamenti.
A differenza dei precedenti An awesome wave (2011) e This is all yours (2014), Relaxer non muove dall’ansia da prestazione di chi deve una (o più) conferme, ma si limita ad assecondare l’impeto e l’istinto dei 3 sbarbatelli, nel frattempo divenuti vere e proprie star: comunque mai banali e prevedibili. Frutto anche di una serie di nuovi ritorni (come i campionamenti dei brusii dei visitatori della cattedrale di Ely – nel cui coro Hamilton cantava – o la visita ai noti Abbey road studios di beatlesiana e pinkfloydiana memoria), l’album si sviluppa attraverso otto canzoni (sette inedite e una cover che tanto cover non è).
Un totale di neanche 40 minuti, in cui i punti più alti vengono raggiunti dai brani 3WW, In cold blood, Adeline (adagiata sul tema de La sottile linea rossa creato da Hans Zimmer) e in occasione della rivisitazione, surreale e bellissima (anche se un po’ posticcia) del classico House of the rising sun: per il quale gli alt-J mettono mano, in parte, anche al testo. Intrigante pure la penultima Last year, impreziosita dalla voce di Marika Hackman: venticinquenne anch’essa sugli scudi, nelle vesti di giovane promessa del folk inglese.
Come un greatest hits senza aspettative e sorprese, Relaxer è un disco interessante nel quale mancano i colpi di coda, ma non gli spunti degni di nota, dove viaggiare alla ricerca dell’altezza vertiginosa delle curve orgasmiche contro cui si vorrebbe impattare è un girovagare vano ma non inutile. Un viaggio breve ma dovuto, che vi farà atterrare senza troppo sbattimento e clamore ma certo non con la tranquillità di un caffè la domenica pomeriggio. Qualcosa che preme per uscire, ma alla fine non esce, che nell’atto di rimanere potenza senza concretizzarsi lascia comunque dietro il rumore di un lavoro onesto.