Sono i cinesi i più insistenti e determinati nello shopping di piloti Alitalia. Sentite cosa scrive Dave Ross, presidente della Chengdu Airlines, consociata della grande Hainan, in una mail indirizzata ai comandanti e ai primi ufficiali italiani: “Paghiamo 25.800 dollari al mese. Offriamo cinque diverse tipologie di turno di lavoro e un’eccellente qualità di vita“. Ingolositi da retribuzioni triple rispetto a quelle italiane, stressati da mesi di pessime notizie sulla compagnia di Fiumicino, scettici sulla possibilità che l’azienda possa riprendersi dopo il terzo fallimento in meno di dieci anni, stanchi di condizioni di lavoro ritenute poco gratificanti e senza sbocchi di carriera, molti piloti giovani e meno giovani stanno accettando l’offerta.
Ventuno su 24 che si erano presentati ai selezionatori cinesi hanno passato l’esame e presto faranno le valigie. Altri 10, invece, tutti del gruppo dei 180 piloti di Boeing 777, hanno scelto di andarsene accettando le condizioni proposte dalla Norwegian. Un’altra cinquantina se n’era andata alla spicciolata nei mesi precedenti con destinazione gli Emirati, per salire sugli aerei dell’allora azionista Etihad di Abu Dhabi, ma anche di altre ricche compagnie del Golfo. Una parte aveva invece scelto Vueling, Easyjet o Wizzair. Totale: più di 80 piloti hanno già salutato Fiumicino per altri approdi.
E’ una vera e propria fuga quella in corso tra i poco più di 1.300 comandanti e primi ufficiali Alitalia. Gli effetti sull’organizzazione del lavoro cominciano a farsi sentire: da questo mese e fino a ottobre sono stati tagliati i riposi per non lasciare scoperti i voli, dai 10 giorni soliti sono scesi a 8. Il peggio, dal punto di vista dei piloti, è che non ci sono contropartite. Il taglio, è scritto in una nota, viene effettuato “laddove necessario e senza prevedere il pagamento/restituzione, rilevando tale necessità così impellente da spingere la gestione commissariale a valutare di procedere unilateralmente in caso di mancata condivisione”. E anche questa decisione, vissuta come un’imposizione dai piloti, non è un balsamo per rasserenare gli animi, ma benzina per chi vuole scappare.
Secondo autorevoli informazioni provenienti dagli ambienti dei piloti Alitalia tra quattro mesi, subito dopo la fine dell’estate, il fenomeno degli abbandoni diventerà dirompente e la compagnia avrà difficoltà a organizzare in maniera accettabile i turni di volo. Quattro mesi non è un lasso di tempo a caso, è il periodo di preavviso che l’azienda di Fiumicino pretende dai piloti che decidono di dimettersi. Chi volesse andarsene prima deve pagare una penale e siccome pochi hanno intenzione di farlo, molti comandanti stanno continuando a indossare la divisa Alitalia e a salire sui suoi aerei anche se già hanno un piede sulla porta d’uscita. Ci sono piloti che non volendo aspettare non si fanno frenare dall’impiccio della penale e se ne vanno da un giorno all’altro sfidando l’azienda a rincorrerli con una richiesta di danni che chissà come, quando e dove potrà essere riscossa.
I piloti Alitalia, insomma, sono diventati un terreno di caccia da parte delle compagnie di mezzo mondo. I cinesi di Chengdu Airlines sono così insistenti e così sicuri che non si rassegnano di fronte ai rifiuti: “Se non sei interessato”, scrivono nella mail, “passa per favore queste informazioni ai tuoi colleghi”. Il pilota segnalatore viene ricompensato con 1.500 dollari per ogni preda indicata. Anche Ryanair e Easyjet intendono pescare tra i piloti Alitalia in fuga. Ryanair che ormai da tempo è la prima compagnia in Italia per numero di passeggeri trasportati e che continua a espandersi, nei giorni passati si è rivolta ufficialmente all’Anpal, l’Agenzia per le politiche attive, manifestando la volontà di assumere piloti e assistenti di volo Alitalia. Easyjet, invece, nonostante le perdite di bilancio del primo semestre ha annunciato l’assunzione di 450 piloti a partire da giugno confidando sul futuro del trasporto aereo che in effetti è in crescita in tutto il mondo. Ovvio che in cima alla lista di Easyjet ci siano i piloti Alitalia.