In occasione dell’uscita del suo ultimo disco, Mare nero, voglio parlarvi di Alessio Lega. Conosco Alessio da molti anni, ci vediamo pochissimo, pur abitando vicini e ci sentiamo ancora meno. In sostanza, non ci curiamo l’uno dell’altro, eppure mi “lega” ad Alessio una strana forma di amicizia basata sul terrore.
Vi spiego in che cosa consiste il terrore. Tanti anni fa mio fratello Roberto mi presentò questo ragazzotto leccese: la loro amicizia era nata da una comune passione per i fumetti. Provai subito una forma di terrore culturale appena lo sentii parlare di “epoca pre-gluckiana”. Dentro di me si spalancò una voragine: forse Alessio si riferiva a un’epoca della canzone italiana prima del famoso brano di Adriano Celentano? No, non mi sembrava plausibile.
Si trattava di altro. Ma di che cosa? Che cavolo era questa epoca pre-gluckiana? Per tutta la serata provai uno smarrimento pre-gluckiano. Wikipedia ancora non esisteva e ci misi del tempo a capire che Alessio si riferiva a Cristoph Willibald Gluck, un compositore tedesco del XVIII secolo.
A quel tempo mio fratello e io vivevamo da soli – i nostri genitori si erano trasferiti in Versilia – e facevamo quasi ogni giorno delle feste in casa. Un bellissimo periodo di anarchia finanziata dai soldi delle turbine a vapore che mio padre vendeva come il pane. Ogni tanto veniva anche Alessio con la sua chitarra e con la sua adorabile sorella Mariaelena. Alessio era alle prime armi, meglio, alle prime note. Si stava ancora costruendo come cantautore, ma già si sentiva l’incoercibile passione che lo animava, che lo faceva vibrare negli accordi. Sembrava quasi di gustare quella voce densa come miele ardente che gli colava sulla bocca. Nel suo sguardo già si intuivano lontananze pescose che lo avrebbero portato a diventare quello che oggi è: un cantautore senza macchia e senza paura, un ribelle che fa della propria ribellione un canto di poesia civile.
Dove c’è un’ingiustizia sociale c’è la voce di Alessio che arriva per donare un senso di libertà a chi lo ascolta. Di quegli anni ormai lontani ricordo una canzone d’amore che diceva: “Ti scordo, no, non ti scordo”. Mi piaceva tantissimo e ogni volta gli chiedevo di cantarmela. E se oggi ci incontrassimo, gli chiederei ancora quella canzone d’amore.
In fondo tutta l’anarchia si basa sull’amore: l’anarchia è amore, il gesto di Bresci fu una forma purissima d’amore. Non si appuntano medaglie al petto di chi massacra il popolo. L’amore non può accettarlo. L’amore è anche ribellione.
Io e mio fratello siamo debitori ad Alessio di due scoperte che ci hanno accompagnato negli anni: Piero Ciampi e Léo Ferré. Prima di Alessio per noi erano due perfetti sconosciuti, ora sono i cantautori che amiamo di più in assoluto.
Grazie Alessio, ti ho promesso un video ritratto, prima o poi lo faremo, in epoca post-gluckiana possono accadere cose meravigliose e terribili, tra le meravigliose ci mettiamo un bicchiere di vino assieme, tra le terribili abbiamo l’imbarazzo della scelta, tra coliche renali, coliche renziane e coliche berlusconiane. Ma non di sole coliche si vive, c’è anche la poesia della rivolta.