Glielo hanno ripetuto porgendogli il premio: “Maestro, non smetta mai di terrorizzarci”. Lui ha sorriso, la maschera inconfondibile. 77 anni a breve, ma evergreen negli apprezzamenti del suo cinema, squisitamente horror. Dario Argento ha così accolto il Globo d’oro alla carriera tributatogli dall’Associazione della Stampa Estera per la 57ma edizione dei Globi d’oro, appena celebrata nella capitolina Villa Medici. Per il grande regista romano del brivido per cui tutto è iniziato da “un corridoio buio” giacché “nulla mi ha mai spaventato di più”, si tratta della conferma di una stima planetaria mai cessata, specie fuori dai confini nazionali. Recentemente omaggiato da un corposo volume in formato “dizionario” (Universo Dario Argento di Alberto Pallotta – Giovanni Aloisio, ed Ultra 2017), Argento è stato festeggiato con gli altri premiati della serata, selezionati nell’ambito di 28 lungometraggi, 72 documentari e 90 corti italiani della stagione in corso da 33 membri dell’Associazione Stampa Estera, che in totale annovera 350 corrispondenti stranieri nel Belpaese rappresentanti di 54 Paesi.
L’appello al regista: “Maestro, non smetta mai di terrorizzarci”
I Globi d’oro – alterego italiana dei più glamour Golden Globes – sono gli unici riconoscimenti al cinema italiano che si distanziano per originalità dai vari David di Donatello, Nastri d’Argento e Ciak d’Oro: a distinguerli è una reale genuinità di scelta, un’originalità ontologica generata dalla totale assenza di legami di qualsivoglia natura con l’industria cinematografica nostrana. In tal senso i vincitori possono vantarsi dell’unico criterio adottato dal comitato selezionatore: il merito.
È infatti significativo che il Globo d’oro per il Miglior Film sia andato a un’opera tanto bella quanto invisibile (rispetto al pubblico generalizzato) come La stoffa dei sogni di Gianfranco Cabiddu, girata nella straordinaria nonché selvaggia cornice dell’Asinara, la principale isola della Sardegna. Non v’è dubbio che lo sguardo “straniero” abbia raccolto la raffinatezza testuale e drammaturgica imbastita dal regista sardo attorno a Shakesperare mescolato a Eduardo De Filippo, entrambi “virati” in un contesto ancora “altro” e originalissimo. La speranza è che il film, anche grazie al premio, possa tornare a illuminare qualche schermo estivo della Penisola, in attesa di vederlo su Sky nei prossimi mesi. Ed è anche degna di elogio la scelta di attribuire a Lasciati andare di Francesco Amato il Globo quale Miglior commedia: il terzo film di finzione del regista piemontese non solo vanta il protagonista Toni Servillo dentro gli inediti panni di commediante per il grande schermo, ma elabora con intelligenza e umorismo un tessuto relazionale (la coppia scoppiata) troppe volte trattato con banalità, specie nelle (altre) commedie italiane di recente fabbricazione. Sullo sfondo la cornice della cultura ebraico-romana contemporanea raramente portata al cinema se non attraverso il tragico filtro dell’Olocausto.
Premiati come migliori attori Isabella Ragonese e Renato CarpentieriBen motivate sono anche le scelte per i riconoscimenti attoriali: se il Globo a Isabella Ragonese per Il padre d’Italia di Fabio Mollo si origina dalla capacità della giovane siciliana di “proporre al pubblico le più disparate sfaccettature dell’universo femminile, partendo dal ruolo di madre inconsapevole”, quello a Renato Carpentieri per La tenerezza di Gianni Amelio è ancor più radicale e “definitivo”, ovvero “per aver creato il padre “ameliano” più complesso in assoluto”. Da sottolineare che Carpentieri ha una partecipazione non marginale anche nel film vincitore, La stoffa dei sogni.
Meno originali, ma non per questo immeritati, risultano alcuni altri riconoscimenti, fra cui il Globo alla miglior opera prima assegnato a La ragazza del mondo di Marco Danieli, quello alla miglior musica attribuito a Enzo Avitabile per Indivisibili di Edoardo De Angelis ed infine quello alla miglior sceneggiatura consegnato a Paolo Virzì e Francesca Archibugi per La pazza gioia, film già trionfatore ai David e ai Ciak d’oro. Decisamente meno prevedibile è stato il Globo “Gran premio della Stampa Estera” per il documentario Restaurare il cielo di Tommaso Santi sull’epocale restauro della Basilica della Natività a Betlemme.