Una ricerca dell'Aci evidenzia lo scetticismo che regna nel nostro Paese riguardo a una tecnologia che potrebbe stravolgere la mobilità di domani. E che porterebbe vantaggi economici e ambientali. Ma prima bisogna definire il quadro delle regole
La guida autonoma? Non è roba per gli italiani. O almeno per la metà di loro, visto che solo il 48% sarebbe disposto a provare una self driving car. Queste le senza dubbio significative risultanze dello studio “Auto-Matica” realizzato dalla Fondazione ACI Filippo Caracciolo. Significative perché in un momento come questo, dove i costruttori stanno investendo pesantemente su una tecnologia destinata a rivoluzionare la mobilità futura, registrare lo scetticismo di quelli che ne dovrebbero essere gli utenti (nostrani, in questo caso) non è proprio un gran segnale.
Certo, siamo ancora in una fase embrionale, e la fiducia va conquistata sul campo. Soprattutto, presumiamo, di quell’automobilista su quattro che, come messo in luce dalla ricerca, non ha la minima intenzione di salire sopra una vettura a guida autonoma.
Va conquistata innanzitutto creandogli intorno un’ambiente adeguato, dove esistano regole precise. Ovvero, come ha sottolineato lo stesso presidente dell’Aci Sticchi Damiani, “sciogliendo i nodi su sicurezza stradale, adeguamento infrastrutturale, responsabilità civile e penale in caso di infrazioni ed incidenti, questioni assicurative, rischi di hackeraggio e privacy”.
E magari mettendone in luce le potenzialità, che secondo la ricerca sarebbero notevoli. A cominciare dai vantaggi economici e quelli per l’ambiente: se tutte le auto in circolazione al mondo fossero autonome (e connesse), si risparmierebbero 200 miliardi di euro in spesa sociale per incidenti stradali e 50 miliardi di euro in minori consumi di carburante. Anche considerando che una macchina rimane ferma per il 90% della giornata e la guida autonoma consente di abbattere i consumi del 10%.
Basterà per convincere scettici e amanti del piacere di guida?