E’ una data da cerchiare in rosso per il settore delle adozioni internazionali che accoglie un numero di bimbi in ingresso dimezzato rispetto a cinque anni fa. Dopo tre anni esce di scena Silvia Della Monica, vicepresidente della Commissione adozioni internazionali (Cai) e al suo posto si insedia oggi il giudice minorile Laura Laera. L’uscita però non è in punta di piedi: scaduto il mandato vari parlamentari, enti e coppie adottive hanno chiesto a Paolo Gentiloni di bloccare l’avvicendamento e confermare l’ex magistrato ed ex senatrice Pd per altri tre anni. E’ stata lei, obiettano, a denunciare presunte gravi irregolarità da parte dell’ente milanese Aibi in Congo, finite su una copertina dell’Espresso sotto il titolo “Ladri di bambini”. Non prorogarla significa stare dalla parte dei cattivi, dicono. Palazzo Chigi resiste e forse non a torto.
Dalle carte di un’indagine per truffa a carico di una onlus savonese, che sfocerà in processo nel prossimo ottobre, emerge anche il ruolo a dir poco singolare di Silvia Della Monica che negli sms a Renzi e alla Boschi scomodava Falcone e Borsellino ma nel cuore della notte si sincerava di far sparire dal suo ufficio “documenti pericolosi” che finiranno in un cassonetto della spazzatura. Ai titolari di enti sotto indagine l’ex magistrato e senatore consigliava poi di “non usare il cellulare”. Anche per questo a un certo punto i pm liguri vogliono sentirla come persona informata dei fatti, ma lei temporeggia tanto da indurli a contestarle, in un duro incontro, di “volersi sottrarre”, di voler “sindacare l’orientamento delle indagini” e soprattutto d’aver “sparso una cortina fumogena” attorno alle vicende oggetto della loro indagine. Il gup di Savona ha però respinto la richiesta di coinvolgerla come imputato, anche se resta molto da spiegare. Della Monica però non ha risposto al nostro invito a fornire la sua versione.
Salvate il soldato Della Monica
Per lei si era mobilitato un piccolo esercito. Ha iniziato il senatore Claudio Micheloni (Pd), presidente del Comitato per le Questioni degli italiani all’estero, depositando un’interrogazione per chiedere la riconferma dell’ex magistrato, già senatrice Pd, che avrebbe portato nel settore “una ventata di legalità e trasparenza”. Altri parlamentari si sono messi sulla scia di questa polemica che ha investito per settimane la Presidenza del Consiglio arrivando al punto di insinuare un sospetto infamante su due magistrati dal cv inattaccabile: Laura Laera è moglie del procuratore capo di Milano Francesco Greco, il fatto che lei si troverebbe a gestire il fascicolo amministrativo su Aibi e lui quello penale in arrivo da Roma sarebbe la prova regina del “colpo di spugna” sull’inchiesta congolese. Il teorema complottista non regge, Gentiloni resiste e la campagna per salvare il soldato Della Monica fallisce. Ma non è tutto. Perché lontano da Roma sta emergendo come l’immagine di indefesso tutore del Bene in solitaria lotta contro il Male su cui si fonda era piuttosto dubbia. Certamente non è quella che restituiscono le 9mila pagine dell‘indagine per truffa depositate al processo in corso a Savona a carico dei vertici della onlus Airone. Le carte dell’indagine dei pm liguri documentano anzi un crescendo di comportamenti inspiegabili e ai limiti del lecito da parte di chi era a capo dell’autorità di controllo sulle adozioni: l’ex magistrato Silvia Della Monica.
L’interventismo dell’ex magistrato (ed ex senatore)
Sicuramente ne confermano il carisma: quando è oggetto di critiche Della Monica chiede direttamente agli enti e alle coppie adottive con pratiche in corso di scrivere lettere di sostegno al suo operato che arriveranno puntuali e numerose, anche se di dubbia spontaneità. Si rivolge spesso ai suoi ex colleghi di partito per orientare il vento della politica a proprio favore. “Va fatta un’interpellanza degli amici nostri, io mi sto muovendo”, dice intercettata il 19/10/2014. Punta al senatore Luigi Manconi (Pd), presidente della Commissione sui diritti umani, cui chiede di convocare un’audizione dove lei possa dire “cose forti contro Giovanardi”, ex presidente Cai, colpevole di averla attaccata pubblicamente per non aver mai riunito in tre anni la commissione che presiede. Contro il senatore, che definisce a tratti “stronzo” e “massoneria pura”, chiama ancora in causa Micheloni che s’impegna a depositare subito una contro-interpellanza, perché su SDM – come la chiamano alcuni – puoi mettere la mano sul fuoco.
C’è un sms che Della Monica manda a Renzi, Boschi, Del Rio il 17 ottobre 2014: chiede sostegno perché dopo sei mesi in Cai “ho trovato il finimondo di illegalità e traffico di minori”. Si riferisce alla verifica sull’ente Aibi per presunte irregolarità nelle adozioni in Congo. “Il governo tu e io non possiamo essere complici. La reazione è furibonda con ricerca di sponde in tutte le sedi. Ma enti e persone perbene sono con noi. Ho messo l’elmetto come ai tempi del lavoro con Caponnetto, Falcone e Borsellino”. E’ il profilo alto e istituzionale del magistrato con la schiena dritta. Non sa Della Monica che, nel frattempo, la Procura di Savona intercettava lei, il suo braccio destro Donatella Piazza e altri collaboratori. E hanno molte cose da chiederle il 26 novembre 2014, quando finalmente la ascolteranno come persona informata dei fatti.
Le reticenze davanti ai pm
Il colloquio tra magistrati è tesissimo. I pm lo chiedono da mesi ma Della Monica non ha fretta di rispondere alle domande. Il 18 novembre, dopo vari tentativi andati a vuoto, l’agente di Ps che deve portarle l’invito a comparire annota “ormai è evidente la volontà (di Della Monica, ndr) di continuare a negarsi”. Una parte delle domande verte sul suo ruolo nella vicenda Airone in Kirghizistan, oggetto dell’inchiesta per truffa e associazione a delinquere che stanno istruendo e per la quale oggi si sta celebrando il processo a Savona: vogliono capire se una volta ereditata la grana Della Monica abbia assecondato in qualche modo il disegno di alcuni responsabili di enti – la vicepresidente di Airone Orietta Maini poi deceduta e Stefano Bernardi di Enzo B, indagato a Torino – di aggirare la revoca della onlus di Albenga tramite una fusione tra enti o l’uso di enti “prestanome” così da continuare a utilizzarne le autorizzazioni e gestirne le procedure adottive. Soluzioni che avrebbero anche evitato alla Cai, in base alla normativa, di farsi carico degli oneri di una gestione diretta delle pratiche aperte.
I magistrati vogliono sapere anche altro. Le chiedono, ad esempio, perché in più occasioni a diversi interlocutori (alcuni dei quali indagati e poi a processo) avesse raccomandato di “non parlare al telefono di certi argomenti”. Lei nega, l’allora procuratore capo Francantonio Granero insiste: “Il dover essere limpidi eccetera, allora che senso ha nascondere le cose?”. Sul punto non arriverà mai risposta diversa. Il pm legge la conversazione tra il fondatore di Enzo B Stefano Bernardi e la vicepresidente di Airone Orietta Maini. “Poi sai, com’è rassicurante la Silvia Della Monica, magistrato antimafia che ti dice “le spiace se non ci sentiamo al cellulare?”. Della Monica nega ancora (“di questi rapporti incrociati non so nulla e non ho mai suggerito di non usare telefoni”). Inizia a temere la contestazione e subito fa pesare l’esperienza: “quei fatti – avverte – sono avvenuti territorialmente a Roma”.
Le carte nel cassonetto. La dirigente che voleva parlare
Il sostituto Daniela Pischetola mette il carico: “Ha ostacolato palesemente una mia richiesta”. Parla di accesso agli atti ma anche di atti distrutti nel cuore della notte. La notte del 31 luglio 2014. Della Monica dice di non sapere e che non c’è nulla di strano se l’ufficio era ancora aperto perché “Noi usciamo circa alle due del mattino quasi tutte le sere, per dirvi dell’impegno della commissione. Io quest’estate non ho fatto un giorno di vacanza, un giorno”. Il pm ribatte (“A ferragosto eravate in vacanza a Villa Borghese”) e chiede cosa sia successo nell’ufficio quando alle 3:45 Della Monica chiama la sua più stretta collaboratrice per dirle “ci siamo scordati il sacchetto in ufficio”. Che a sua volta avvisa una collega, che nottetempo lo riapre e va a buttare gli atti in un cassonetto di sotto.
Sostiene ora che quel materiale, che nelle intercettazioni telefoniche descriveva come “molto pericoloso” (“non hai idea di quello che ricostruivano quelle carte”, “brava figlia mia, sei un angelo”), erano le minute di una contestazione disciplinare a carico di una dirigente della segreteria tecnica che voleva rimuovere. Che viene intercettata a sua volta, mentre dice a una collega che vuole vuotare il sacco e parlare direttamente con Renzi: “Stanno manomettendo tutti i fascicoli di Airone, fanno le ore piccole per distruggere le carte. Vogliono riammetterle l’ente revocato che ha fatto le truffe”. Due giorni dopo, puntuale, scatta il disciplinare e poi ben due denunce penali a suo carico scritte direttamente da Della Monica per ottenere la pronta rimozione e l’interdizione. Non senza che la stessa SDM perorasse con il procuratore generale Pignatone l’assegnazione del fascicolo al sostituto Mario Palazzi, al quale è legata da una frequentazione di lunga data. Entrambe le denunce a carico della dipendente saranno poi archiviate senza addebiti dal pm titolare Giorgio Orano.
“E’ necessario che avvengano scandali”
“Quando interrogai Della Monica rimasi interdetto”, racconta l’ex procuratore capo Francantonio Granero, oggi in pensione: “Del magistrato inquirente d’un tempo non c’era più nulla, c’era molto del senatore che rifuggiva alle domande buttandola in politica: ne parlo con Matteo, lo dico a Matteo intendendo l’allora premier Renzi. Quando le si chiedeva soltanto di spiegare certi comportamenti diciamo così, un po’ anomali. Valutammo se fosse il caso di approfondirli, di andare più a fondo, ma nelle singole condotte non c’erano reati penali di grande rilievo, poi c’era l’indagine Tirreno Power che mi assorbiva molto e francamente non era pensabile che una procura di provincia potesse dispiegare un’indagine dagli esiti incerti. Mica potevamo fare il processo al mondo! Con la pm convenimmo che la priorità era accertare rigorosamente i reati eventualmente commessi nel territorio di competenza. Il rischio era di imbarcarsi in una vicenda che sconfina molto nella politica. Se vuole saperlo io mi ero fatto questa idea: che tra gli enti ci fosse una forte concorrenza e che Della Monica avesse scelto un campo. Ritengo ancora possibile che si fosse posta davvero l’obiettivo di risanare il settore ma secondo una visione politica peculiare per la quale, come dicevano i latini, necesse est enim ut veniant scandala. E’ necessario che avvengano scandali”.
Quelle carte ancora attuali
La storia non è uscita del tutto di scena: i legali delle coppie che si ritengono truffate dagli enti formalmente indagati o a processo insistono per l’accertamento di profili di responsabilità. “A Roma ci siamo costituiti in sede civile anche contro la Cai e Della Monica. A settembre attendiamo una sentenza di condanna per omessa vigilanza che confidiamo abbia un peso nel processo penale a Savona”, spiega l’avvocato Pierfrancesco Torrisi, legale di ex coppie di Airone. “Trovo raccapricciante – aggiunge – che il controllore potesse allertare il controllato sotto indagine anziché collaborare con la giustizia”. Non meno duro il giudizio di Anna Ronfani che a Torino assiste le coppie in carico alla piemontese Enzo B su cui indaga il pm Nicoletta Quaglino: “L’ente pubblico non ha vigilato come avrebbe dovuto e ha frapposto enormi difficoltà alla richiesta di informazioni e delucidazioni da parte dei miei assistiti, venendo sistematicamente meno al principio di massima trasparenza e leale collaborazione reciproca che l’ente pubblico doveva garantire in ordine al buon esito delle procedure. Ecco, con Silvia Della Monica questa reciprocità i miei assistiti non l’hanno mai vista”.
Aggiornato il 16 giugno 2016