L’imputato dovrà risarcire con una provvisionale da 20mila euro immediatamente esecutiva Mauro Crippa, capo della comunicazione del Biscione, oggetto di uno dei tentativi di estorsione che per il giudice della sesta sezione penale Aldo Carboni Fede avrebbe messo a segno. La Procura aveva chiesto 4 anni e 9 mesi
I guai giudiziari per Emilio Fede non finiscono mai. Dopo la condanna di tre giorni fa per concorso in bancarotta l’ex direttore del Tg4 è stato condannato a 2 anni e 3 mesi per il caso dei fotoricatti per cui la Procura aveva chiesto 4 anni e 9 mesi. Secondo l’accusa il giornalista avrebbe fatto confezionare alcuni fotomontaggi per ricattare i vertici di Mediaset, quando venne licenziato nel 2012 e, in sostanza, per ottenere un accordo di uscita più vantaggioso. L’imputato dovrà risarcire con una provvisionale da 20mila euro immediatamente esecutiva Mauro Crippa, capo della comunicazione del Biscione, oggetto di uno dei tentativi di estorsione che per il giudice della sesta sezione penale Aldo Carboni Fede avrebbe messo a segno. Il giornalista dovrà anche risarcire con 2mila euro il suo ex personal trainer Gaetano Ferri (già condannato in appello per questa vicenda) che avrebbe realizzato fotomontaggi di dirigenti del Biscione in pose osé e si sarebbe incaricato di chiedere soldi in cambio della consegna delle foto.
Fede, accusato di estorsione e tentata estorsione, avrebbe chiesto a Ferri e ad altre due persone di assemblare fotomontaggi che avevano come soggetto Crippa e Fedele Confalonieri, presidente dell’azienda. Stando a quanto ricostruito dal pm davanti al giudice della sesta sezione penale Alberto Carboni il giornalista fece assemblare immagini “che potevano distruggere la carriera di Crippa” e poi attraverso una serie di “pressioni e minacce”, in pratica, come sostenuto dal pm in requisitoria, avrebbe costretto “Crippa, Confalonieri ma anche lo stesso Silvio Berlusconi” a fargli avere “un accordo più vantaggioso con una buonuscita di 820mila euro e un contratto di collaborazione di 3 anni”.
Nello stesso processo Fede doveva rispondere anche delle accuse di violenza privata, per minacce nei confronti di Ferri. A quest’ultimo Fede avrebbe inviato “messaggi intimidatori” che facevano riferimento a quei fotomontaggi. Uno dei messaggi, come ha spiegato il pm, recitava così: “Quella foto era pronta per essere consegnata e quindi ricattarti“. Il pm, durante la requisitoria, aveva sostenuto che Fede, oltre a “millantare di avere del materiale anche su Confalonieri”, avrebbe consegnato a Berlusconi una delle false foto che ritraevano Crippa.
In quella fase, tra il marzo e il luglio del 2012, Fede, secondo il pm, sarebbe riuscito a “inquinare le trattative” con “pressioni anche su Berlusconi”, testimoniate anche da alcune telefonate di Ferri al legale Niccolò Ghedini. Lo stesso Fede, tra l’altro, aveva spiegato il pm, con dichiarazioni alla stampa “ci ha detto di aver portato quelle foto a Berlusconi e poi ha collegato il contratto di consulenza ottenuto con l’intervento diretto” dell’ex capo del governo.
Gli scatti e le immagini erano saltate fuori il 28 marzo 2012, nel giorno del rocambolesco licenziamento di Fede, per poi sparire fino a quando non sono riapparse fuori durante una perquisizione a casa di Ferri, nel frattempo invischiato in una vicenda di file audio che riguardavano i rapporti tra Ruby e Berlusconi finita nel mirino della Procura di Monza. Il nuovo tentativo di estorsione emergeva dalle conversazioni registrate da Ferri con il giornalista e sequestrati dagli inquirenti monzesi che poi per competenza li hanno inviati ai colleghi milanesi. In quei colloqui Fede parlava di Dell’Utri e della mafia e illustrava la possibilità di scucire denaro al leader di Forza Italia per non rivelare l’esistenza di scatti compromettenti di Crippa e del filmato mai realizzato di Confalonieri. Il tentativo di ricatto nei confronti dell’ex premier abortì perché Ferri, secondo la tesi dell’accusa, cercò di contattare il bersaglio. A questo punto Fede minacciò Ferri via sms. E quest’ultimo è accusato a sua volta di aver ottenuto dal giornalista 700mila euro in cambio del silenzio per non svelare il complotto.
“Emilio Fede vantava un’amicizia vecchia 25 anni con il presidente Berlusconi ma quello che è emerso è solo la minima parte di quello che voleva fargli” ha detto Ferri dopo il verdetto. “Come diceva Sallusti, il grande sogno di Fede era portare via i soldi a Berlusconi. Lui sognava un posto come senatore di Forza Italia dopo il lavoro a Mediaset. Quando invece ha visto che Mauro Crippa lo metteva alle strette e voleva licenziarlo, allora ha chiesto a me di fare quei fotomontaggi. Io sono certo di quello che ho visto e mi dispiace essere stato fermato così perché la situazione era molto più grave di quanto oggi non sia emerso in aula”.
“Fin da ora annuncio che faremo appello contro queste due sentenze che sono atti di ingiustizia, perché questi due processi hanno dimostrato l’innocenza di Emilio Fede – dice l’avvocato Alessandra Guarini – Attendiamo le motivazioni e poi faremo una lettura complessiva delle due sentenze e di questa settimana giudiziaria del Tribunale di Milano – ha chiarito il legale – perché queste due condanne sono arrivate malgrado le prove palesi dell’innocenza di Fede“.