La Relazione annuale dell'authority stigmatizza gli abusi e gli errori che mettono a rischio i dati personali degli alunni: dalle webcam con funzioni di controllo alla divulgazione di parametri biometrici per segnare l'ingresso a scuola, numeri di cellulare di iscritti e famiglie trasmessi a terzi senza consenso
A tirare le orecchie alla Scuola italiana stavolta è il Garante della privacy che nella Relazione annuale presentata nei giorni scorsi ha denunciato una serie di storture del nostro sistema sulle quali è dovuto intervenire: dall’installazione di una webcam in aula per consentire ai genitori di collegarsi attraverso uno smartphone a chi chiedeva di rilevare le impronte degli alunni per segnalare i ritardi a scuola, alla comunicazione di dati riservati degli alunni a soggetti esterni alla scuola. I casi evidenziati dal Garante non sono pochi.
Un ginepraio di irregolarità sulle quali l’autorità a protezione dei dati personali ha puntato gli occhi per cercare la collaborazione dei dirigenti scolastici.
“In diversi casi – cita la relazione – le segnalazioni o i reclami hanno riguardato ipotesi di diffusione di dati personali di studenti su siti web. Si pensi ad esempio agli elenchi delle classi e dei diplomati con i loro numeri di telefoni e quelli relativi alle famiglie o alla comunicazione di dati a soggetti esterni come le Asl o le parrocchie”. Tutti atti “privi di idonee basi normative”, chiarisce il Garante.
Non solo: “Spesso in riferimento alla diffusione dei dati tramite Internet, si registra in molti casi una non sempre oculata gestione dell’ambito di conoscibilità dei dati; nel contesto scolastico molte informazioni personali possono avere un ambito di circolazione che va oltre il diretto interessato e coinvolge la comunità scolastica ma non possono essere invece diffuse alla Rete e rese disponibili a chiunque non faccia parte di detta comunità”.
Su questa questione la relazione cita un caso esemplare: “Un istituto statale ha effettuato una diffusione di dati personali, idonei a rivelare la vita sessuale di uno studente, in assenza di idonea base normativa”. Che era successo? La scuola aveva pubblicato sull’albo online la delibera del Consiglio d’istituto relativa alla sanzione disciplinare fatta ad uno studente dove venivano riportate informazioni legate, in senso lato, alla vita sessuale del ragazzo.
Ma i problemi non sono relativi solo a questa partita. Sul tema videosorveglianza la relazione si sofferma sul caso del dirigente che voleva installare webcam per consentire ai genitori dei bambini di una sezione della scuola dell’infanzia di collegarsi tramite smartphone per visualizzare le immagini dell’aula e la trasmissione in streaming, sul canale della scuola delle attività didattiche. Secondo il Garante “la peculiarità del contesto educativo e la possibile interferenza che l’utilizzo dei sistemi prospettati avrebbe potuto determinare nella relazione che caratterizza il fisiologico rapporto educativo proprio dell’istituzione scolastica, unitamente alle maggiori cautele e garanzie che devono essere rispettate nel trattamento dei dati dei minori hanno fatto ritenere che un tale trattamento di dati personali si ponesse in contrasto con i princìpi di necessità e proporzionalità”.
E c’è persino un intervento del Garante sulla “biometria in ambito pubblico”: un istituto scolastico ha chiesto l’autorizzazione per la rilevazione, tramite impronte digitali, degli alunni all’ingresso della scuola finalizzata alla registrazione dei ritardi e all’immediato invio di sms ai genitori. Proposta che è stata rinviata al mittente dal Garante: “Nel caso di specie il titolare del trattamento è stato invitato ad accertare, con particolare rigore, che il trattamento dei dati biometrici degli alunni fosse effettivamente necessario e proporzionato rispetto alle finalità concretamente perseguite, tenendo in considerazione la minore età degli interessati e la peculiarità del contesto”.