Mondo

Siria, Mosca: “Forse abbiamo ucciso Al Baghdadi il 28 maggio. Colpito da un raid a Raqqa”

Verifiche del ministro della Difesa russo per accertare che il capo del Califfato sia morto. Ma la Coalizione anti-Isis chiarisce: "Al momento non possiamo confermare questa informazione". Anche l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria: "Informazioni russe non accurate: in quelle date nessun raid"

Colpito durante un vertice dell’autoproclamato Stato Islamico a Raqqa lo scorso 28 maggio. A parlare è il ministero della Difesa russa, che riferisce di avere probabilmente ucciso il leader Isis Al Baghdadi durante un raid nella città siriana, considerata la capitale del Califfato. E dove oggi i miliziani Isis hanno lanciato una controffensiva contro le milizie curde. “Secondo le informazioni che si stanno verificando attraverso diversi canali”, nel sobborgo a sud di Raqqa “era presente anche il leader dell’Isis Ibrahim Abu-Bakr Al Baghdadi, che è stato eliminato inseguito al raid”, fa sapere Mosca attraverso il sito della tv del dicastero, Zvezda.

Una notizia che la Coalizione internazionale anti-Isis a guida Usa, però, afferma di non poter confermare, come ha riferito in una email inviata all’Associated Press il colonnello Ryan Dillon, portavoce della Coalizione. Dubbi anche da parte dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) che su facebook scrive: “Sembra che ai russi siano arrivate informazioni non accurate”. L’Osservatorio, infatti, ha detto all’agenzia di stampa Dpa il direttore della ong legata agli attivisti delle opposizioni, “non ha registrato alcun raid in quella data nelle zone indicate”.

#AlBaghdadi may have been killed alongside other #Daesh leaders in Russian strike near Raqqa; verification ongoing https://t.co/PaD9lGhUYb pic.twitter.com/5yo5g3HcgH


Al Baghdadi era presente a una riunione dei leader del gruppo terroristico vicino Raqqa presa di mira dai jet militari russi, alla quale erano probabilmente presenti il sedicente emiro di Raqqa Abu al-Hadji al-Masri, Ibrahim al-Naef al-Hadj, che controllava un’area tra Raqqa ed Es-Suhne, e il capo della sicurezza del gruppo terroristico Suleiman al-Shuah. “In seguito ai bombardamenti dei Su-35 e dei Su-34 – riporta il ministero della Difesa russo – sono stati uccisi comandanti di alto livello dei gruppi terroristici che facevano parte del cosiddetto Consiglio militare dell’Isis, nonché circa 30 comandanti di campo di medio rango e fino a 300 miliziani addetti alla loro sicurezza personale”. Il raid – spiega il dicastero – è avvenuto dopo che i russi avevano avuto conferma dai droni del luogo in cui avveniva il vertice e precisa di aver avvertito gli Usa “in anticipo attraverso i canali di interazione sui tempi e sul luogo del bombardamento russo”. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, i miliziani dell’Isis, dopo la ritirata delle scorse settimane, hanno contrattaccato in tre punti i loro avversari nel quartiere di Al Yazra, nella parte occidentale della città, vicino al fiume Eufrate. Ci sono vittime nelle file delle forze democratiche siriane, la cui avanzata è ostacolata anche da cecchini e mine antiuomo. L’agenzia dell’Isis, Amaq, ha diffuso su Telegram un comunicato in cui parla di oltre 30 morti tra i combattenti curdi.

Chi è al Baghdadi – Il leader del sedicente Stato islamico è stato dato per morto diverse volte in passato: l’ultima risale a pochi giorni fa, l’11 giugno, quando la televisione di Stato siriana ha riferito che il Califfo era rimasto ucciso in un raid sulla città di Raqqa il giorno prima, e cioè il 10 giugno. La notizia della tv di Damasco non ha poi ricevuto altre conferme. L’ultima immagine verificata che si ha di al Baghdadi risale ormai a quasi tre anni fa, quando proclamò la nascita del Califfato dalla moschea Al Nouri di Mosul.

Baghdadi nasce da una famiglia sunnita nel 1971 a Samarra, in Iraq, città simbolo dello sciismo. Il nome al secolo è Awwad al Badri. L’epiteto attuale è composto dal nome di uno dei primi quattro califfi dell’Islam con l’aggiunta dell’origine geografica della città dove è cresciuto: Baghdad.

Nel 2003, durante l’invasione anglo-americana dell’Iraq, Awwad, allora trentaduenne, forma un gruppuscolo armato e si unisce alle formazioni jihadiste. Nel 2005 finisce nelle mani dei soldati americani e passa quattro anni in una prigione nel sud di Baghdad, per venire poi rilasciato. Quando il 18 aprile del 2010 l’allora capo dello Stato islamico dell’Iraq, Abu Omar al Baghdadi, viene ucciso, i vertici della piattaforma nominano responsabile del gruppo Abu Bakr, da poco tornato in libertà. Un mese dopo, il 16 maggio, è proprio il nuovo leader ad annunciare la sua alleanza con al Qaida, guidata da Ayman al Zawahiri. Ma subito dopo Al Baghdadi comincia a sfidare l’autorità del medico egiziano, successore di Osama bin Laden (ucciso nel 2011) e rintanato sulle montagne tra Pakistan e Afghanistan.

Con l’inasprirsi della guerra siriana nel 2013 e con il ritiro di gran parte delle truppe governative di Damasco dal nord e dall’est siriano, gli uomini di Baghdadi risalgono facilmente l’Eufrate e prendono Raqqa senza colpo ferire, proprio come è successo poi con Mosul, la seconda città dell’Iraq, caduta nel giugno 2014. Nell’aprile del 2013 Baghdadi – su cui gli Usa hanno messo una taglia di 25 milioni di dollari – rompe con al Qaida. Forte di successi militari ancora inspiegabili contro eserciti descritti come i più potenti della regione, il credito di Baghdadi conquista ormai i cuori di migliaia di giovani disadattati di mezzo mondo in cerca di una ragione per vivere e morire.