“Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”. Con queste parole inedite per la storia della Chiesa cattolica, Papa Francesco, a Cassano allo Jonio, il 21 giugno 2014, scomunicava i mafiosi. Parole che non erano nel testo preparato, ma che Bergoglio disse a braccio andando ben oltre il durissimo anatema contro la mafia che san Giovanni Paolo II pronunciò nel 1993 ad Agrigento, un anno dopo gli omicidi dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Dalla scomunica di Francesco ci si è domandati più volte, all’interno dei dicasteri competenti della Curia romana, ma soprattutto a livello di diocesi e di conferenze episcopali regionali, come concretizzare la chiara indicazione data dal Papa. Un quesito che si è riproposto con maggiore forza soprattutto per il susseguirsi degli “inchini” delle statue dei santi ai boss mafiosi durante le processioni religiose, in particolare nel Sud Italia, e per le richieste di alcuni affiliati a organizzazioni criminali di fare da “padrini” ai battesimi e alle cresime di famigliari e amici.
Da qui la decisione del Vaticano di realizzare un vademecum sulla scomunica per corruzione e associazione mafiosa per non lasciare senza nessuna linea guida i parroci e i vescovi diocesani, molto spesso chiamati a essere degli eroi per vincere l’omertà e le connivenze presenti nei loro territori. Ciò purtroppo non senza alcune gravissime eccezioni che hanno visto la complicità di alcuni sacerdoti che preferiscono chinare il capo davanti alle richieste dei mafiosi per paura di ritorsioni.
Il testo sulla scomunica per corruzione e associazione mafiosa è attualmente ancora in fase di elaborazione presso il dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale istituito da Francesco e attivo ormai dal 1° gennaio 2017. All’interno di questo organismo, affidato alla guida del cardinale ghanese Peter Turkson, sono confluite le competenze dei Pontifici Consigli della giustizia e della pace, “Cor unum”, della pastorale per i migranti e gli itineranti e della pastorale per gli operatori sanitari. Dicasteri, questi quattro, contestualmente soppressi da Bergoglio che ha voluto così razionalizzare le competenze della Curia romana.
Il vademecum promette di fornire indicazioni chiare e precise su come parroci e vescovi devono comportarsi davanti alle richieste di corrotti e mafiosi, in particolare per quanto attiene alla sfera dei sacramenti. In questo modo sarà tradotta concretamente la scomunica nella quale, per volontà di Francesco, essi incorrono. Una scomunica che canonicamente viene definita “latae sententiae”, ovvero automatica nel momento in cui si commettono determinati delitti, senza cioè che un tribunale ecclesiastico emetta una sentenza alla quale eventualmente appellarsi.
Il testo indicherà anche come, una volta convertiti e ritornati a una vita segnata dalla legalità, magari collaborando con la giustizia, potrà essere revocata loro la scomunica. Il vademecum individuerà anche le modalità con quali intervenire ed eventualmente sospendere le processioni religiose dove avvengono “inchini” mafiosi. Ma anche come comportarsi davanti alla richiesta dei funerali per un affiliato a organizzazioni malavitose per evitare così scandali pubblici come avvenuto in occasione delle esequie romane del boss Vittorio Casamonica.
Una volta elaborate queste linee guida l’ultima parola spetterà al Papa. Appena il vademecum sarà pronto toccherà al cardinale Turkson sottoporlo al vaglio di Francesco che dovrà fare le opportune correzioni e integrazioni, ma soprattutto dovrà indicare le modalità della scomunica. Per questo motivo sarà indispensabile anche il parere dei canonisti della Curia romana e del Tribunale della Penitenzieria Apostolica, organismo guidato dal cardinale Mauro Piacenza, che ha il compito di occuparsi anche delle indulgenze che vengono decise dal Papa. Se l’iter procederà speditamente, la pubblicazione delle linee guida sulla scomunica a corrotti e mafiosi potrebbe avvenire già entro la fine del 2017 ed entrare così in vigore con l’inizio del nuovo anno.
“La ’ndrangheta – disse Bergoglio scomunicando i mafiosi – è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere”. Un invito, quello alla conversione di corrotti e mafiosi, che Francesco ha rivolto nella bolla d’indizione del Giubileo straordinario della misericordia. “Il mio invito alla conversione si rivolge con ancora più insistenza verso quelle persone che si trovano lontane dalla grazia di Dio per la loro condotta di vita. Penso in modo particolare agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale. Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignità. È solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’al di là. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire”.
Lo stesso invito Bergoglio lo aveva rivolto anche “alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. La corruzione è un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza. È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo”.
Proprio alla vigilia dell’annuncio dell’elaborazione del testo sulla scomunica per corruzione e associazione mafiosa, Francesco ha affermato che “dobbiamo lavorare tutti insieme, cristiani, non cristiani, persone di tutte le fedi e non credenti, per combattere questa forma di bestemmia, questo cancro che logora le nostre vite. È urgente prenderne consapevolezza, e per questo ci vuole educazione e cultura misericordiosa, ci vuole cooperazione da parte di tutti secondo le proprie possibilità, i propri talenti, la propria creatività”.
Twitter: @FrancescoGrana