Antonello de Galizia, 31 anni, vive a Parigi dal 2012. In Italia non ha trovato lavoro, ma all'estero ha convinto Airbus, vincendo contro candidati da tutto il mondo, e ora si occupa di veicoli autonomi e mobilità del futuro. "La mia storia è quella di uno studente che, pur non avendo i mezzi, è arrivato, contro ogni previsione, a fare l'ingegnere su temi di primissimo piano"
Quando era al liceo, ne ha visti di professori cadere nell’errore, o per meglio dire nella tentazione, di influenzare il futuro universitario degli studenti. “Il senso di onnipotenza della classe insegnanti e professori in Italia è nota”. Antonello de Galizia era bravo nel disegno e non aveva una pagella con tutti otto. Chiaro il messaggio che gli era arrivato: l’ingegneria non era per lui. “Ai giovani si suggerisce di non perseguire la dura strada dell’impegno perché tanto un operaio ‘porta a casa più di te’”. È come se “fare l’università, specializzarsi, avere un profilo qualificato, in Italia non fosse visto di buon occhio”.
Ora, a distanza di più di dieci anni, dopo un dottorato di ricerca in Automatica e Ingegneria informatica e con una carriera ben avviata in Francia, è sempre un vizio scolastico a impedirgli di tornare in Italia, dove una laurea magistrale in Ingegneria nucleare al Politecnico di Milano con votazione inferiore al 100 sbarra la strada a tanti colloqui. “In Francia il mio curriculum è valutato nella sua complessità, e nessuno mi ha mai chiesto il voto di laurea o scandagliato la mia sfera personale”.
Perché con lo stesso curriculum il 31enne di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) ha convinto Airbus, il più importante costruttore di aeromobili al mondo insieme a Boeing, tra decine di candidati francesi, inglesi e tedeschi, e nel Belpaese non è riuscito neppure ad arrivare a primo colloquio? “Mai come in Italia si fa selezione, troppo facilmente, sulla base del voto finale, che si tratti di quello della maturità o della laurea. Per intenderci, io ho sempre avuto risultati soddisfacenti ma non eccellenti”. Mentre vive a Parigi dal 2012, cercare una via per tornare “a casa”, è stato per lui un tentativo di capire come funziona il mondo del lavoro italiano. “In Italia non c’è trasparenza su come viene gestita la sezione careers di molte aziende. Per intenderci, ci sono realtà che fanno cose interessanti, ma sembrano non avere mai posizione aperte”.
Liquida in poche parole il tentativo di ritorno in Italia dopo avere ottenuto un dottorato e un primo impiego in Airbus nella capitale francese, come se la sua storia fosse uguale a quella di tanti altri. Decine di curriculum inviati alle aziende leader del settore energetico italiano, anche per profili junior e senza PhD, e nessuna risposta ricevuta. “Credo che il limite maggiore sia un modello culturale che, partendo dal principio sano e umano dell’aiuto reciproco, scade facilmente in meccanismi di clientelismo e favoritismi basati su conoscenze personali”. Tanto che ora il 31enne non pensa più al suo futuro professionale in Italia, ma in big del mondo dell’informazione e della tecnologia che guardano al settore dei trasporti, come Google e Uber.
Quella che traspare dalle parole di Antonello non è rabbia. È abituato a non farsi vincere dalla rabbia chi ha passato le estati a lavorare per pagarsi i primi mesi di alloggio di uno stage all’Electricité de France (EDF) a Parigi, la più grande azienda al mondo per produzione di elettricità. Non ha rabbia chi ha vissuto come normalità non potere andare in vacanza studio, chi viene da una famiglia modesta e vede nei suoi traguardi il riflesso dei sacrifici dei suoi genitori. Eppure, tra le sue parole alla rabbia si sostituisce l’amarezza. Come è possibile che avere un dottorato in Italia riduca le possibilità di trovare un lavoro? “La crisi, oltre che economica, è soprattutto culturale: se uno ha fatto tanto, merita tanto. Ma la meritocrazia non è il forte del sistema italiano”, racconta Antonello dal suo appartamento nel centro parigino, a poche fermate da Porte D’Orleans. Il 31enne ora ha un contratto indeterminato come research engineer (ingegnere di ricerca e sviluppo) all’interno di un progetto internazionale sullo sviluppo di veicoli autonomi e mobilità del futuro, dalle città connesse alle auto elettriche. “La mia storia è quella di uno studente che, pur non avendo i mezzi, è arrivato, contro ogni previsione, a fare l’ingegnere su temi di primissimo piano. Il richiamo dell’Italia è forte: ma come si fa a tornare?”.