di Flaminio de Castelmur per @SpazioEconomia
Gli ultimi anni sono stati contrassegnati, nel campo finanziario e degli investimenti, da una serie di dissesti bancari. Sono state coinvolte centinaia di migliaia di risparmiatori, con modalità, prodotti e procedure al limite del delinquenziale.
I provvedimenti liquidativi che hanno interessato Banca Etruria, Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza, Banca Marche, CariChieti e Cariferrara, solo per limitarci a quelle conclamate mentre un’altra potrebbe rientrare nel novero, hanno così causato almeno 18 miliardi di euro di perdite agli investitori e innumerevoli azioni legali risarcitorie.
Tutto questo ha portato lo Stato italiano, con la delibera Consob n. 19602 del 4 maggio 2016, a introdurre la figura dell’Arbitro delle controversie finanziarie (Acf), operativo dal 9 gennaio 2017. L’istituzione di questo nuovo organismo è in linea con le previsioni legislative in attuazione della direttiva 2013/11/UE (“Direttiva sull’ADR per i consumatori”), attribuente un ruolo centrale alle Autorità amministrative indipendenti nel prevedere strumenti di composizione delle controversie (Alternative dispute resolution) nei settori del mercato competenza delle stesse ed in alternativa al ricorso al giudice civile.
La normativa prevede che le banche e gli intermediari finanziari debbano obbligatoriamente aderire al nuovo Arbitro delle controversie finanziarie. Tutto questo costituisce un’enorme evoluzione della normativa precedente, con una Camera di conciliazione e arbitrato, che però non imponeva la partecipazione obbligatoria degli intermediari finanziari, i quali sostanzialmente evitavano di partecipare alle procedure rendendo inutile ogni ricorso.
Spiega la Consob come l’Acf intenda fornire ai risparmiatori che hanno presentato senza successo reclami agli intermediari finanziari di cui sono clienti uno strumento alternativo, veloce ed efficiente per risolvere le controversie senza dover adire la via giudiziaria.
Una delle caratteristiche salienti di questo istituto, sta nel fatto che l’attività dell’Acf prevede la totale gratuità dei ricorsi per i risparmiatori. Inoltre vi sarà rapidità delle decisioni, che dovranno essere prese entro sei mesi con la fissazione dei risarcimenti da pagare da parte degli intermediari, qualora i ricorrenti venissero riconosciuti come vessati da pratiche scorrette.
Il Collegio incaricato della decisione, è composto da 4 membri più il Presidente; quest’ultimo e due membri sono individuati e nominati dalla Consob. Gli altri due membri, anch’essi nominati dalla Consob, sono designati uno dalle Associazioni dei Consumatori e l’altro da quelle degli intermediari. Tutti i componenti devono possedere requisiti di professionalità e di onorabilità riconosciuti e comportarsi con imparzialità.
Destinatari del diritto ad adire all’Autorità sono i risparmiatori cosiddetti “retail”, che investono in maniera non professionale e comunque non dotati di particolari competenze e conoscenze tecniche.
Possono essere chiamati a rispondere delle proprie azioni gli intermediari costituiti in linea di massima da banche, società di intermediazione mobiliare (sim), soggetti che gestiscono fondi comuni di investimento, sgr (società di gestione del risparmio), sicav (società di investimento a capitale variabile), sicaf (società di investimento a capitale fisso). Sono soggetti alla normativa anche analoghi soggetti stranieri, se comunitari con succursali in Italia e se extracomunitari, autorizzati a operarvi. Aggiungiamo infine tra gli intermediari le Poste italiane, le imprese di assicurazione, i gestori di portali di crowdfunding ed i consulenti finanziari autonomi.
Le controversie sottoposte all’Acf devono riguardare fatti il cui importo massimo non può superare i 500.00 € e la violazione da parte degli intermediari degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza che la normativa pone a loro carico quando prestano servizi di investimento e gestione collettiva del risparmio.
Un altro requisito di ammissibilità sta nel fatto che l’investitore dovrà preventivamente inoltrare un formale reclamo all’intermediario avente ad oggetto i medesimi fatti che in seguito costituiranno base del ricorso all’Acf.
In particolare, si potrà agire dopo la risposta al reclamo da parte dell’intermediario oppure dopo che siano trascorsi 60 giorni senza aver ricevuto alcun riscontro.
Se l’intermediario non esegue spontaneamente la decisione, ne è data notizia sul sito dell’Acf, su due quotidiani nazionali e sulla pagina iniziale del sito dell’intermediario stesso, con conseguente danno alla sua reputazione.
Ovviamente, se l’intermediario non esegue la decisione, l’investitore potrà rivolgersi all’Autorità giudiziaria con una carta in più, non di poco conto.
Nel caso che l’Acf non accolga la domanda dell’investitore, in tutto o in parte, questi potrà sempre rivolgersi all’Autorità giudiziaria.
Dall’avvio della sua attività, l’Acf ha pubblicato sei decisioni, una sola di incompatibilità e cinque a favore dell’investitore. Se gli intermediari non adempiranno entro 60 giorni, dovranno comunicarne i motivi che verranno pubblicati come previsto. Probabilmente questa sarà la pubblicità più dirompente per coloro che finora poche volte hanno riconosciuto i propri errori.