Secondo notizie di stampa, l’Uefa avrebbe assegnato a Sky i diritti della Champions (con quattro squadre italiane), più l’Europa League, per il periodo 2018-21 per una cifra di poco superiore a quella pagata in precedenza da Premium. S’ipotizza che Sky ceda a Rai la trasmissione in chiaro di una partita. Mentre l’asta per la Champions si sta chiudendo, quella per i diritti della Serie A per il periodo 2018-21 è saltata: il proposito della Lega Calcio di incassare più di un miliardo di euro (+6% circa) non si è al momento realizzato. Si riaprirà un nuovo bando, e c’è anche l’ipotesi che la Lega si doti di un suo canale o confezioni pacchetti di partite da rivendere alle pay.
Un accordo sarà trovato (sarà Sky ad avere tutto?), poiché calcio e Tv hanno bisogno l’uno dell’altro; la variabile che forse ha bloccato finora la trattativa è che mentre i ricavi della Serie A aumentano (dal 2010) di +19%, quelli del sistema televisivo diminuiscono di -11%. Per gli approfondimenti sull’asta del campionato segnalo l’articolo di Augusto Preta; in questa nota illustriamo la relazione fra la Tv e il calcio.
Fra i primi cinque programmi per numero di ascoltatori del 2017 vi sono tre partite di calcio: la finale di Champions Real Madrid-Juventus, la semifinale Juve-Barcellona e la finale di Coppa Italia Juve-Lazio. Ascolti elevati (crollano però quando non c’è una squadra italiana, i telespettatori del calcio sono innanzitutto tifosi) che premiano la scelta di Mediaset di trasmettere su Canale5 alcune partite programmate per Premium (anche Sky trasmise in chiaro le gare decisive della MotoGp durante il “duello” Rossi-Lorenzo).
Questo conferma che solo la Tv free ha la capacità di alimentare gli eventi, grazie alla platea più ampia: sarebbe allora positivo se anche per il campionato una partita fosse trasmessa in chiaro.
La pay, sommando gli abbonati di Sky e Premium (che dovrebbe avere un nuovo assetto), ha raggiunto il 27% delle famiglie, una quota già rilevante per cui è difficile ipotizzare ulteriori forti rialzi di abbonamenti, che consentirebbe alla pay di elargire cifre superiori. La Tv non naviga nell’oro: si pensi che la pubblicità è calata dal 2010 di -29%, gli abbonamenti di +3% e il canone, la risorsa fuori mercato, di +4%.
Se il mercato della Tv è in contrazione, la Serie A continua invece a crescere. Dal 2010 i ricavi sono cresciuti di +19% mentre i costi di +12%; ciò non ha consentito di limitare le continue perdite, anche se ai “padroni” del calcio (parsimoniosi nel loro contributo, solo l’1%) l’utile non sembra essere l’obiettivo primario.
Il 47% dei ricavi della Seria A è dato dai diritti radiotelevisivi, mentre i ricavi da stadio ammontano solo al 9%. L’altro importante fonte sono le plusvalenze (16%). Le plusvalenze (si sottrae dal prezzo di vendita del calciatore il valoro contabile dello stesso, derivante dal costo iniziale tolte le quote annuali di ammortamenti) permettono un po’ a tutti di guadagnare, in particolare se i costi aumentano continuamente. Il cosiddetto calcio-mercato, che tanto attrae i tifosi, è spesso fatto più dai contabili delle società che dai direttori sportivi. Il problema, com’è già accaduto (lo Stato intervenne nel 2003 con il decreto Salva-calcio), è che il patrimonio si gonfi senza aver alcun realistico valore; per cui affidarsi oltremisura a questo escamotage contabile potrebbe rilevarsi negativo.
Il calcio ha necessità di crescere, la televisione è in difficoltà economica: su queste due diverse condizioni si svolge il confronto sui diritti. “Il calcio è per molti aspetti un’ideologia, o perlomeno una moderna versione dell’ideologia che racchiude in sé un sempre più definito armamentario culturale, economico e sociale”. Il bel libro di Marco Bellinazzo, I veri padroni del calcio (Feltrinelli), è il testo migliore utile a capire il calcio del ventunesimo secolo, dagli scandali della Fifa, agli intrighi internazionali per assegnare i mondiali alla Russia e a Doha, alle strategie di espansione tramite il calcio delle potenze mondiali, come la Cina e i Paesi arabi.