Ci sono volute le immagini raccapriccianti di un inferno di cemento, lamiere, plastica e vetro per aprire nel Regno Unito il dibattito sui privilegi delle classi più abbienti. E già, perché a Londra, dopo la tragedia della Grenfell Tower non si è parlato delle diseguaglianze di reddito – tema ormai trito e ritrito – ma dell’ingiustizia perpetrata da un sistema dove i poveri sono diventati invisibili e, tutt’al più, diventano numeri quando si trasformano nei corpi carbonizzati delle vittime di un incendio. Per chi voglia capire cosa sta succedendo nel Regno Unito, perché si è votato Brexit e perché il filo-marxista Corbyn ha portato a casa il 40 per cento dei voti, suggerisco di usare come parole guida ingiustizia e Grenfell Tower. Quest’ultima faceva parte della vecchia Londra, una città popolata dagli sfollati alla fine della seconda guerra mondiale, una città che sembrava una fetta di formaggio gruviere, tanti erano le voragini scavate dalle bombe dei blitz.

Al loro posto, dal 1945 fino agli anni Settanta, vennero eretti complessi di case popolari, palazzi e grattacieli che come ha commentato una residente della Grenfell Tower oggi assomigliano più a piccionaie che a edifici residenziali. Una o massimo due camere da letto incastrate una sopra all’altra con al centro due ascensori puzzolenti e una singola scala. Protezione contro gli incendi inesistente. Ma tutto ciò avveniva nel dopoguerra.

Nelle case popolari andarono a vivere i poveri, i senza tetto e chiunque non avesse la possibilità di vivere in una casa propria. Ma la vita non era così difficile. I governi laburisti e conservatori costruirono intorno a questi centri scuole, ospedali, uffici postali e così via, pietre miliari della vita societaria. E a tutti questi servizi accedevano anche coloro che avevano una casa loro. La parola d’ordine era dunque integrazione.

Fu la signora Thatcher a offrire ai residenti delle case popolari la possibilità di acquistare a prezzi stracciati l’appartamento in cui vivevano. Potevano diventare landlord e farci quel che volevano. Successe negli anni Ottanta e da allora molti di questi palazzi e grattacieli sono stati privatizzati e ristrutturati, gli appartamenti venduti o affittati. Ed è esattamente quello che è successo alla Grenfell Tower. Ciò spiega perché tra i dispersi c’erano stranieri, come il profugo siriano o la coppia di giovani italiani, andati a Londra a cercare fortuna.

Nonostante la privatizzazione degli appartamenti, le parti comuni sono rimaste pubbliche e le ristrutturazioni sono state a carico delle circoscrizioni. Quasi tutte non hanno trasformate torri come la Grenfell in edifici sicuri, a norma con le moderne regole anti-incendio. Sono costruzioni vecchie, che spesso non possono essere migliorate, bisognerebbe buttarle giù e ricostruirne di nuove, ma lo Stato non ha i soldi per farlo. Allora cosa si fa? Ci si concentra sull’aspetto esteriore, pretendendo che si siano fatte grandi cose.

Molti hanno detto che si è voluto abbellire la Grenfell Tower perché si affacciava sui giardini delle case dei multimiliardari di Holland Park e Kensington, ma la verità è ancora più cruda. Nell’era dell’austerità ingannare gli inquilini e l’elettorato è diventata un’arte. E come i padroni di case coprono le crepe con una mano di vernice così lo Stato britannico ha coperto con pannelli di alluminio i pericoli della Grenfell Tower.

Ma torniamo all’ingiustizia, tema che in questa Londra di metà giugno, stranamente calda e luminosa, rischia di diventare una buccia di banana per la signora May. A est della città, intorno alla City e anche a sud, dall’altra parte del fiume, negli ultimi dieci anni sono sorti grattacieli spettacolari dove si sono ubicate le imprese più ricche del mondo. Alcuni, specialmente quelli lungo il fiume, a Dockland, ospitano appartamenti con viste mozzafiato sulla città, simili a quelle dei piani più alti di Grenfell Tower. Lì però i sistemi di sicurezza sono tutti a norma, ci sono gli allarmi anti-incendio che aprono automaticamente rubinetti incastrati nei soffitti da dove scorrono fiumi e fiumi di acqua; ci sono scale anti incendio accessibilissime e tanti ascensori.

Queste costruzioni appartengono al settore privato mentre le case popolari rientrano in quello pubblico. Due pesi e due misure, insomma, chi ha costruito i nuovi edifici ha dovuto farlo seguendo regole che non sono state rispettate nella ristrutturazione di quelli vecchi.

Come i grattacieli anche la popolazione di Londra si bipartisce intorno alla dicotomia pubblico/privato dove vige il principio di due pesi e due misure. I ricchi non usano l’Nhs, il sistema sanitario pubblico, non fanno la fila per mesi per fare la chemio, non mandano i figli alla scuola pubblica, a stento usano la metro… I ricchi abitano la Londra del settore privato dove tutto funziona, tutto è sicuro e tutto è costosissimo.

Per chi, come i residenti della Grenfell Tower, sopravvive all’interno del settore pubblico Londra è invece un inferno: sovrappopolata, con lavori sottopagati, sporca e con sempre meno servizi pubblici. Con la scusa dell’austerità i governi conservatori, e ahimè, prima di loro anche quelli laburisti, hanno tagliato i fondi al settore pubblico e fatto orecchie da mercante alle proteste dei residenti delle case popolari. Grenfell Tower è solo la punta dell’iceberg, ce ne sono centinaia di migliaia di edifici simili in tutto il Regno Unito pronti a prendere fuoco per un corto circuito.

La rabbia dei sopravvissuti è diretta verso tutti questi governi che si sono avvicendati dagli anni Ottanta in poi, una classe politica che ha tagliato le tasse ai ricchi, ha aperto le frontiere agli stranieri e quando l’economia ha iniziato a perdere quota ha introdotto politiche di austerità sulla pelle dei meno abbienti e dei poveri. Comportamenti ingiusti che hanno prodotto la tragedia di Grenfell.

La voce dei sopravvissuti è la voce di una nazione che vuole cambiare, che è stufa delle promesse da marinaio dei governi e che vede di buon occhio le proposte ‘socialiste’ di Corbyn, perchè da sempre abita nel settore pubblico, l’unico che conosce, ma anche non ne può più di un’Europa guidata da politici che di loro non ne vogliono sapere.

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