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Consip, Mdp presenta la mozione: “Togliere i poteri a Lotti”. La maggioranza al Senato appesa di nuovo ai verdiniani

Numeri sul filo al Senato: martedì si voteranno 5 documenti sul caso che coinvolge il ministro dello Sport e l'ad della società Marroni. Uno di questi è degli ex Pd: "Se tutti restano in carica, è un segnale di arroganza politica". Toni che potrebbero attirare gli umori del M5s. Se le opposizioni votassero con gli Articolo 1, ai democratici servirebbe il soccorso azzurro di Ala

L’ad di Consip Luigi Marroni resta al suo posto e così tutti i tentativi del Pd di disinnescare il voto al Senato sulla vicenda che coinvolge anche il ministro Luca Lotti per ora sono falliti. Anzi, i rischi della maggioranza aumentano non solo perché crescono fino a 5 le mozioni sul caso della società che gestisce gli appalti della Pubblica amministrazione. Ma perché una di queste è firmata da un gruppo di maggioranza, Mdp, e dice che le vicende di Lotti e Marroni sono intrecciate e quindi oltre a rinnovare i vertici della società bisogna anche ritirare le deleghe al ministro dello Sport. In concreto non vuol dire granché, tanto più che la mozione di sfiducia individuale nei confronti di Lotti è stata già respinta mesi fa. Ma è evidente che sotto il profilo politico vuol dire molto, un po’ perché Lotti è il ministro più vicino a Matteo Renzi e un po’ perché nell’ultimo periodo la maggioranza procede con passo barcollante, tra la fiducia negata dallo stesso Mdp sulla manovrina che conteneva i voucher e il voto in ordine sparso al momento dell’approvazione della riforma penale. L’incidente in Aula è dietro l’angolo, quindi, e le eventuali conseguenze sono poco chiare.

Il Pd ci proverà fino all’ultimo a non votare le mozioni, terreno più che scivoloso per la maggioranza. Per tutto il giorno il capogruppo Luigi Zanda e altri senatori renziani come Andrea Marcucci hanno tentato di spiegare che quei testi da votare “non hanno più senso” perché chiedono l’azzeramento di vertici che hanno già rassegnato le dimissioni. In realtà Marroni è ancora formalmente al suo posto tanto che è stato lui stesso a convocare l’assemblea degli azionisti per il 27 giugno per il rinnovo dei vertici. E infatti è da qui che parte la replica delle forze di opposizione. “Fino all’assemblea degli azionisti il dottor Marroni rimane in carica, non avendo presentato le dimissioni – risponde Andrea Augello, eletto col Pdl e ora nel neonato gruppo di Quagliariello, Federazione delle Libertà – È altrettanto chiaro che fino a quel momento il Governo potrebbe perfino respingere le uniche due lettere di dimissioni fin qui effettivamente pervenute. Infine le mozioni contengono ulteriori richieste”. La decisione spetterà al presidente Piero Grasso, ma gli ex del Pdl mettono le mani avanti e hanno già inviato a Grasso i pareri di giuristi “di chiara fama” (un amministrativista e un costituzionalista” che confermano che a norma di statuto Marroni è ancora in carica.

La mozione che sulla carta preoccupa di più è la mozione che ha come primo firmatario il senatore bersaniano Miguel Gotor (Mdp) e che rischia di inacidire ulteriormente i rapporti con il Pd. Secondo gli ex scissionisti le vicende di Lotti e Marroni sono “indissolubilmente intrecciate” e uno dei due ha “mentito davanti all’autorità giudiziaria e davanti all’opinione pubblica”. E quindi, se dovessero restare in carica, si tratterebbe di un “segnale di arroganza politica”. Al contrario sospendere le deleghe a Lotti – indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento – permette di allontanare “a prescindere da rilievi penali” il sospetto di “comportamenti familistici” nella gestione del potere o di nomine “per provenienza geografica”.

Mdp apre un fronte interno
Proprio il documento di Mdp apre un fronte interno alla maggioranza al Senato. I numeri a Palazzo Madama sono già risicati. Finora le mosse della maggioranza hanno tutelato il ministro indagato, a partire dalla rinnovata fiducia sulla mozione individuale. Ora la mozione dei bersaniani spacca il fronte. Sarà un passaggio delicato, perché i senatori M5S potrebbero votare in blocco una delle mozioni della minoranza o quella degli ex dem. Alcuni esponenti dei Cinquestelle sono infatti tra i firmatari del testo di Idea e Sinistra Italiana. Mentre sul documento di Mdp che chiama in causa Lotti, per il quale i pentastellati chiesero ufficialmente le dimissioni a marzo, la decisione dei senatori M5s arriverà poco prima della seduta.

I numeri: servono i verdiniani
La mozione dei dem ha potenzialmente 145 voti (98 Pd, 25 alfaniani, 18 del gruppo autonomie, più i tre senatori di Fare e il senatore ex montiano e ora nel gruppo misto Benedetto Della Vedova). La maggioranza assoluta è a quota 161. A preoccupare il Pd non sono tanto le mozioni dell’opposizione e quella della Lega (tutte insieme possono contare su 134 voti) ma proprio quella dei bersaniani. È l’unica che chiede esplicitamente l’allontanamento di Lotti dal governo e se arrivasse a raccogliere tutti i voti delle opposizioni arriverebbe quota 150, superando la mozione del Pd. Ago della bilancia, come già avvenuto in passato, sarà il gruppo dei verdiniani: con i loro 16 voti porterebbero il bottino della maggioranza a quota 161, scongiurando l’approvazione della mozione di Mdp. I senatori guidati da Denis Verdini già fanno capire come si comporteranno perché chiedono “massima trasparenza e rispetto delle procedure” ma in sostanza difendono la gestione di Consip “che ha determinato consistenti risparmi”.

Le 5 mozioni da votare
In ballo ci sono 5 mozioni. Due sono quelle già calendarizzate da tempo, presentate da Idea e da Sinistra Italiana e poi firmate da parlamentari di diversi gruppi di opposizione di tutti gli orientamenti (Forza Italia e M5s compresi). Entrambe chiedono di azzerare i vertici Consip e di avviare un’inchiesta sul sistema degli appalti. La mozione della De Petris chiede in particolare di indagare sulle “indebite pressioni di qualunque provenienza politica”. Altre 2 sono state presentate oggi da Mdp e Lega Nord. Il Carroccio chiede all’esecutivo di “non esercitare pressioni” su Marroni e ad “assumersi la responsabilità dell’eventuale sua rimozione anticipata con provvedimento pubblico e motivato”. La quinta, infine, è quella che il Pd aveva già presentato venerdì scorso e che oggi ha riformulato insieme ad Alternativa Popolare e al gruppo Autonomie, i due gruppi di maggioranza più “leali”: il testo invita a prendere atto delle dimissioni del presidente di Consip Luigi Ferrara e della consigliera Marialaura Ferragni e chiede al Governo di “procedere in tempi celeri e solleciti al rinnovo dei vertici della Consip”.

 

 

Cosa chiede Mdp
Mdp chiede la sospensione delle deleghe di Lotti e di valutare la revoca dell’incarico di Marroni. Una strategia diversa, sostengono i senatori bersaniani, sarebbe “un’inaccettabile segnale di arroganza politica che contribuisce ad aumentare il discredito delle istituzioni pubbliche”. La gestione del potere pubblico, infatti, continuano gli ex parlamentari dem “non può avvenire mediante la nomina di soggetti di provata fedeltà personale o di una determinata provenienza geografica a discapito di una verifica delle loro intrinseche qualità professionali”, perché “tale comportamento rischia di alimentare l’affermazione e di favorire interessi privati e domestici in cui la famiglia, la fazione, la consorteria si sovrappongono allo Stato fino a confondersi con esso a detrimento della necessaria autorevolezza che deve accompagnare l’esercizio della funzione pubblica”. Per questo “non è necessario attendere che la giustizia faccia il suo corso per rendersi conto di come nella vicenda Consip la commistione tra affari e politica abbia dato luogo a un intreccio dannoso per l’autorevolezza e la rispettabilità delle istituzioni””.