Devo farvi una confessione scabrosa. Quando da economista mi imbatto nelle cronache della crisi bancaria italiana, mi assale una sensazione inquietante: mi sembra di leggere la versione dadaista di un romanzo sadomaso che invece di essere ambientato in qualche oscuro boudoir, si svolge tra Palazzo Koch, Palazzo Chigi, l’Eurotower, La Commissione Europea, la Consob, i Consigli di Amministrazione etruschi, veneti e adriatici.

E’ una sensazione inevitabile perché se osserviamo bene ci sono tutti gli ingredienti del genere: gli intrecci perversi; le sottomissioni volontarie dei clienti alle richieste di comprare azioni, i frustini sotto forma di direttive europee, le Commissarie descritte in stivali di pelle e guanti borchiati a infliggere punizioni umilianti in forma di requisiti di capitale, gli amministratori che si autodescrivono come educandi svizzeri, la Banca d’Italia e la Consob nella parte delle ingenue fanciulle subornate e violate dall’Europa subdola e degenerata. E poi le ammucchiate perverse dei politici con i banchieri in Toscana, qualche cappuccetto rosso (non della Hatù), le manette (non di peluche) a Siena.

E in questo ambiente depravato, il Tesoro si spende alla ricerca di nuove fantasie erotiche alternative al bail-in, descritto come un’immonda e rozza pratica di stampo barbaro-teutonico, quindi non applicabile ai sofisticati gusti di Roma, che in quanto a orge, modestamente, ha una tradizione plurimillenaria.

Ma poi ci sono dei twist del topos di assoluto pregio letterario. Nelle versioni classiche dei romanzi sadomaso è l’uomo di mondo porcellone che nell’alcova seduce e imbriglia la verginella ignara delle nequizie del mondo. Mentre nella versione dadaista, nelle “50 sfumature di Visco”, è la vergine della politica che fa profferte al maturo e potente banchiere ammaliandolo col suo fascino affinato nel contado etrusco.

Rispetto al Divin Marchese o a Histoire d’O ci sono anche delle pregevoli trovate che da economista non posso esimermi dal trovare geniali. Si prenda l’ingresso di Atlante, il nano superdotato che in un sol colpo avrebbe impresso al mercato dei crediti deteriorati una traiettoria stellare, risolvendo la crisi bancaria in una settimana. Poi, calate le braghe per la scena madre, si scopre che il nano superdotato è in realtà un patetico ermafrodito le cui miserie vengono ignominosamente destinate a coprire qualche buco (contabile, s’intende, perché non vorrei trascendere nel dadaismo). Ma non soddisfatti di questa performance, entra in scena addirittura Atlante 2, che promette defaillances ancora più turpi e figure ancora più meschine.

Il quadro non sarebbe peraltro completo senza il codazzo di lacché e valletti nei media dediti a coprire gli scandali descrivendo cotali oscene ammucchiate come cene eleganti e informandoci che probilmente qualche palpeggiamento sarà avenuto, qualche slip sarà stato calato, ma cosa volete, signori, siamo uomini di mondo, abbiamo fatto 3 anni di militare tra Rignano e Pontassieve, dopo un severo addestramento all’accademia spaziale (nel senso delle balle) di Arcore.

Quando alfine appare che la fantasia dadaista stia per esaurirsi, ecco un nuovo capitolo che riaccende la fiamma del plot. Banca d’Italia e governo hanno adocchiato delle banche dalle carni un po’ mature e non senza qualche trascorso scollacciato. Sfoderando strumenti da hard bondage hanno imposto agli amministratori (senza chiedere agli azionisti a cui viene concesso al massimo il voyeurismo a pagamento) di congiungersi adguatamente bendati in un consesso carnale con le venete. Da Milano le stagionate cortigiane oppongono resistenza, si negano, si sfilano, ma sanno che contro fruste e catene romane non c’è partita (tantomeno di giro). Potranno consolarsi pensando che il destino poteva essere crudelmente peggiore: ad esempio il decreto del governo che sospende il rimborso del bond di Veneto Banca è un gatto a nove code che si abbatte su quei risparmiatori, né sado, né maso, ma semplicemente boccaloni, in quanto ancora credono all’esistenza della proprietà privata in Italia e dibattendosi sotto l’incalzare della sferza urlano: lo Stato siamo noi!

PS: questo post è tratto da un mio intervento a I Conti della Belva andato in onda sabato 17 giugno su Radio 24.

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