La minaccia di “una busta con proiettile”. Lo sputo nel piatto al ristorante. O, al contrario, le profferte sessuali. Tutto pur di non essere licenziati. O pur di essere assunti. Così un “tagliatore di teste”, il manager Massimo Lolli, racconta il dietro le quinte del lavoro di un professionista dei licenziamenti, uno di quelli che le aziende chiamano quando tira aria di crisi ed è necessario disfarsi degli “esuberi”. Lo fa in un’intervista a Fq MillenniuM, il mensile dell’Editoriale Il Fatto, attualmente in edicola con il numero di giugno. “Finisco in una trattoria e mi accorgo che il padrone è uno che avevo convinto a lasciare il posto”, ricorda Lolli. “Io sono molto imbarazzato. Lui no: mi abbraccia, chiama la famiglia, foto, sorrisi e selfie”. Poche settimane dopo l’amara scoperta attraverso una “talpa” in cucina: “Il padrone, prima di servire i piatti, ci sputava dentro”.
Lolli racconta alcuni dei drammatici colloqui che ha condotto nella sua carriera, davanti a persone che si vedevano crollare il mondo addosso in un istante. Svela i meccanismi di selezione dei bersagli, le tecniche per rendere la pillola meno indigesta, le reazioni a volte disperate e viscerali di chi gli è capitato di fronte: “Una volta uno mi lascia finire il solito discorsetto, poi mi dice: ‘C’è un proiettile con il tuo nome sopra’”, racconta Lolli al mensile dell’Editoriale Il Fatto. “Anche io ho una cosa per lei” gli rispondo. “Una lettera di licenziamento con il suo nome sopra”.
Classe 1960, il manager ha pubblicato diversi romanzi, compreso l’autobiografico Volevo solo dormirle addosso, diventato anche un film: la storia vera di un giovane dirigente che si ritrova di punto in bianco a dover “dimissionare” 25 persone nel giro di tre mesi. “Un manager che esclude la possibilità di tagliare i costi non è un manager”, spiega a Fq MillenniuM. “Un manager che non pensa che sia ora di farla finita con precarietà e licenziamenti e di immaginare una Società diversa non è un cittadino”.