E’ indubbio che il nostro pianeta in questi ultimi anni sta attraversando un periodo non felice in fatto di relazioni internazionali, conflitti in atto, terrorismo diffuso ed efferato. Inoltre, l’aspetto religioso sta prendendo il sopravvento tanto che oramai si parla apertamente di guerre di religione se non addirittura di scontri fra civiltà. Ci è parso naturale, quindi, descrivere con i numeri le dimensioni dei credi religiosi principali, con un approfondimento sulla dottrina cattolica, facendo ricorso alle fonti più attendibili in materia. A volte i dati provenienti da tali fonti possono non coincidere tra di loro in quanto frutto di stime ed elaborazioni avvenute in tempi diversi e utilizzando differenti metodologie di calcolo.
Le religioni più diffuse sono il cristianesimo, l’islamismo e l’induismo, mentre il giudaismo, pur rappresentando lo 0,2% della popolazione mondiale, assume una enorme importanza dal punto di vista strategico nell’odierna situazione politico-militare.
La Tabella 1 e il Grafico 1 descrivono la proiezione della situazione della distribuzione dei fedeli da qui al 2050.
Nel 2010 la religione più diffusa era il cristianesimo con oltre 2 miliardi di fedeli, cioè poco meno di un terzo della popolazione mondiale. L’islamismo poco meno di un quarto e l’induismo poco meno di un sesto. Il trend fino al 2050 descrive come l’islamismo raggiungerà per diffusione all’incirca il cristianesimo, stabile a livello percentuale nel tempo. Ovviamente, l’andamento di tali stime risentono dei differenti tassi di crescita demografica.
Allargando ancora di più la forbice (Grafico 2) vediamo che ad una parità nel 2070 tra le due religioni segue un sorpasso della religione musulmana su quella cristiana, tanto che nel 2100 si stima che l’islamismo supererà di un punto percentuale circa il cristianesimo.
La Tabella 2 evidenzia la distribuzione difforme sul pianeta delle principali religioni. Il cristianesimo prevale in Europa, in America latina e centrale e in Africa sub-sahariana. L’islamismo si concentra in Asia (61,7%) in cui ancor più si concentrano induismo (99,3%) e buddismo (98,7%). Il giudaismo, di limitata diffusione, si divide tra Nord America (43,6%) e Medio Oriente (40,6%).
Un aspetto particolare riguarda la religiosità o l’ateismo delle nazioni (Tabella 3).
Prendendo a riferimento la religione prevalente nei diversi Paesi, risulta maggiore la diffusione dell’ateismo in Occidente, che significa perdita di credenti per le diverse confessioni cristiane: Macedonia (90%), Romania (89%), Polonia (81%) e Italia (73%) si dichiarano credenti per almeno i ¾ circa della propria popolazione. Le più alte quote di credenti, invece, si registrano nei Paesi economicamente più arretrati. In Cina, che rappresenta il 20% della popolazione mondiale e dove è presente una filosofia di vita come il confucianesimo, poco meno della metà degli abitanti si dichiara atea. Ciò contribuisce a determinare la quota complessiva della popolazione atea mondiale che è pari a circa un sesto.
Fra le nazioni più religiose si riscontra, invece, una eterogeneità di provenienza dai diversi continenti con ai primi posti due Paesi africani ma di religiosità assai distante come il Ghana (religione pentecostale) e la Nigeria (religione musulmana) seguite da Armenia (chiesa apostolica armena) e Fiji (religione protestante).
Il cristianesimo racchiude al suo interno la Chiesa cattolica, quella ortodossa (suddivisa a sua volta tra copta e orientale) e la protestante (suddivisa in anglicana, luterana, calvinista e altre minori). La Tabella 4 evidenzia che la componente cattolica copre una metà del cristianesimo e che nelle Americhe vi è il maggior numero di cattolici (47,5%), in Europa di ortodossi (76,9%), in Africa subsahariana di protestanti (36,9%) e sempre nelle Americhe quello relativo agli altri cristiani (63,2%).
Analizzando nella Tabella 5 l’evoluzione per gli ultimi anni dei fedeli della religione cattolica, possiamo rilevare una certa costante crescita in termini assoluti a cui però non corrisponde un altrettanto costante incremento, in termini percentuali, perché a intensificarsi è stata la crescita demografica dei non cattolici.
La successiva Tabella 6 mostra l’andamento dei cattolici per continente in 11 anni a partire dal 2003. Nei continenti più “vecchi” la presenza percentuale tende a diminuire, in quelli “più giovani” ad aumentare.
(Ha collaborato Mariano Ferrazzano)
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