Domenica c’è stata l’adunanza della sinistra “vera” al Brancaccio di Roma, che qui chiamerò la “Leopolda dei gufi”. Ero stato invitato dagli organizzatori e avrei partecipato volentieri, se non fossi stato la sera prima al Premio Cimitile e la sera stessa al Trentino Book Festival. Avrei partecipato per curiosità e perché ho profonda stima di Tomaso Montanari, una delle persone più argute e garbate che conosca. Non conosco invece personalmente Anna Falcone, ma quello che propone è sempre lucido e apprezzabile. Avendo comunque seguito la giornata al Brancaccio, provo a buttare giù qualche riflessione.
1. Condivido l’intervento di Tomaso, compresa la parte in cui ha demolito il comportamento pavido e spesso colpevole del centrosinistra italiano con Berlusconi. Tenendo conto che D’Alema era in prima fila, per dire queste cose servono le palle. E lui le ha. Altri, no.
2. D’Alema non ha parlato e per qualcuno non doveva neanche esserci. Ci sta. Ma in quel teatro c’erano figuri “de sinistra” non meno discutibili, anche se cari a certi ambienti antagonisti. Per dirne due: Vendola e Casarini. Non li trovo meno colpevoli di D’Alema. Ah: vale anche per Bertinotti e il bertinottismo, che ha fatto più danni della grandine. Nasci gramsciano e finisci ciellino: una prece.
3. Falcone e Montanari hanno detto che non vogliono rifare un Ulivo 2 (e ci credo), ma una sinistra nuova. Intento nobile: auguri. E’ stata proprio la “sinistra” a deludere di più negli ultimi anni, comprese (salvo rari casi) le esperienze tipo Lista Ingroia o Tsipras. Chi ci riproverà dovrà sconfiggere la naturale diffidenza che, a prescindere dalla bontà dei promotori, suscitano ormai tali iniziative.
4. Lo spirito (?) di Pisapia aleggiava sul Brancaccio. Giustamente Montanari ha detto che, il prossimo Primo Luglio, Pisapia dovrà dire una volta per tutte quello che desidera fare da grande (ovviamente non lo dirà). Su Pisapia ci sono due cose da dire. La prima è che il suo peso elettorale è oltremodo amplificato, per esempio da Repubblica: voi conoscete qualcuno su scala nazionale che voterebbe Pisapia, a parte Lerner o Vecchioni? Io no. La seconda è che Pisapia piace a Repubblica – e quindi al Pd renziano – in funzione di “accalappiatore”. Va cioè usato per abbindolare gli elettori di sinistra che non amano Renzi, ma che tramite Pisapia verrebbero portati a Renzi. In questo senso, Pisapia può essere un’immane iattura politica. Spetta solo a lui non esserlo. Nel frattempo, può smettere di porre veti su chi può stare e chi no nel progetto. Pisapia che fa veti è come Sturaro che va da Ventura e gli dice “Se convochi Bernardeschi io sto a casa”. Ecco, appunto: stai a casa.