Le civiltà umane si sono sempre sviluppate intorno ai corpi idrici, creando infrastrutture sempre più efficienti per sfruttare e conservare questa preziosa risorsa. La capacità di modificare la natura si è allargata fino a controllare una scala enorme, tanto da produrre ora un impatto sostanziale sul ciclo globale dell’acqua. Questo ciclo è intimamente legato ai cicli di cibo ed energia, del carbonio e dei nutrienti sulla Terra, tutti fortemente influenzati dalle attività umane. La complessità di questi sistemi, interconnessi tra loro, garantisce che ogni perturbazione – per esempio l’incendio di una foresta, una siccità estesa e prolungata o un’inondazione catastrofica – potrà avere conseguenze imprevedibili a causa degli effetti di retroazione positiva che si propagano a ogni ciclo. Tutto ciò inizia a essere percepito anche dalla gente comune, ma è tuttora impossibile pianificare o progettare risposte esaurienti ed esaustive per affrontare questa complessità, come è impossibile disegnare efficaci strategie per proteggerci da una vera e propria minaccia per l’umanità.
Siamo chiamati ad affrontare complessità e disordine senza possedere ancora una chiara visione per risolverle. E spesso accade che anche le soluzioni più diversificate possano produrre ugualmente risultati insoddisfacenti. L’idrocomplessità richiede una visione transdisciplinare in grado di individuare le migliori pratiche per affrontare la crescente minaccia alla sicurezza idrologica che proviene dai cambiamenti climatici, dall’aumento della dipendenza da risorse limitate, dalla gestione intensiva del suolo e dallo sviluppo demografico ed economico. E per capire le perturbazioni che si propagano attraverso i cicli dell’acqua, del carbonio e dei nutrienti e, da qui, generare le risposte più efficaci, gli studiosi devono acquisire una comprensione il più possibile completa dei processi in gioco che controllano ciascuno di questi cicli interconnessi.
Analisi, costruzione e confutazione di prototipi innovativi e olistici devono basarsi sull’osservazione, seguendo la lezione leonardesca. Sono perciò necessari nuovi paradigmi e modelli innovativi basati su osservazioni diffuse, sistematiche e diversificate: strumenti essenziali che forniscono però grandi masse di dati non semplici da gestire e interpretare. E, se si vogliono sviluppare soluzioni efficaci per fronteggiare la scarsità dell’acqua – rimedi che la gente effettivamente adotterà in modo consapevole e convinto – è indispensabile capire come le informazioni stesse fluiscano attraverso le reti istituzionali e inneschino le più diverse reazioni umane.
Inoltre, gli studiosi dovrebbero superare la visione manichea della scienza che separa quantità e qualità, con la pretesa di quantificare sempre e comunque la qualità e spesso in unità monetarie. Gran parte del mondo fronteggia già un’estrema e cronica carenza di acqua dolce: gli esseri umani stanno utilizzando la risorsa più velocemente di quanto il normale ciclo idrologico sia capace di ricostituirla. La stessa gente sta occupando sempre più diffusamente le zone riparie, difendendosi dalle alluvioni con opere spesso inutili e trasferendo il rischio a valle. Stili di vita, assetto urbano, nodi infrastrutturali, sistemi energetici, pratiche agricole e forestali, consuetudini e consumi alimentari sono tutti elementi qualitativi prima che quantitativi, tutti con un grande peso sulla disponibilità e sulla purezza dell’acqua che possiamo bere. E sulla severità delle piene fluviali che dobbiamo temere.
Quando il consueto tavolo tecnico avrà risolto la possibile emergenza idrica nel Centro-Nord Italia di quest’anno – come accadde nel 2006, quando bastò questo intervento rituale, secondo l’archetipo della tavola rotonda ma senza mago Merlino, per provocare finalmente piogge abbondanti – qualche riflessione più approfondita potrebbe essere utile. E sono riflessioni che potrebbero anche aiutare ad affrontare in modo razionale l’endemica siccità del Sud che di norma viene liquidata attraverso un giro periodico di tavole rotonde.
Dalla siccità alle alluvioni il passo è meno lungo di quanto si creda: ne ho parlato nel mio nuovo saggio Bombe d’acqua. Alluvioni d’Italia dall’unità al terzo millennio. Una storia idraulica, civile e politica della questione idrogeologica italiana, dall’unità ai nostri giorni.