Nonostante fosse stato segnalato come ‘radicalizzato a rischio’ già da due anni, Adan Lofti Djaziri, il 31enne che lunedì si è andato a schiantare con la sua Renault Megane contro un furgone della Gendarmeria di pattuglia sugli Champs-Elysées, si era visto rinnovare il porto d’armi solo pochi mesi fa. Bombole a gas, due pistole, un kalashnikov, 9mila munizioni a bordo. E in tasca il documento che gli permetteva di continuare a maneggiare fucili, un lasciapassare che ha fatto scoppiare la polemica politica.
Nato in Francia nel 1985 da padre tunisino e madre polacca, Lotfi tornava spesso in Tunisia, dove era solito frequentare ambienti estremisti islamici, in particolare il gruppo dichiarato terroristico dalle autorità tunisine Ansar Al Sharia. Spesso viaggia verso la Turchia, ufficialmente per commerciare oro. Senza precedenti giudiziari, l’uomo era schedato nel 2015 e un anno prima le autorità tunisine avevano diramato un mandato d’arresto per fatti di terrorismo risalenti al 2013. Risultava anche tra i codice ‘J’ di Interpol: era stato chiesto, insomma, alle autorità francesi di sorvegliarlo in modo discreto, avvisando i servizi tunisini che lo cercavano da tempo.
Così aveva avuto il tempo di andare a bussare alla porta della prefettura dell’Essonne per dichiarare di essere in possesso di nove armi con le quali spesso si esercitava in un club di tiro sportivo. E così a febbraio era arrivato il rinnovo del porto d’armi. Un ‘via libera’ che ha fatto infuriare diversi politici perché decreterebbe la totale assenza di coordinamento tra i vari servizi d’intelligence, nonostante lo stato d’emergenza decretato dopo gli attentati del 13 novembre 2015.
Il premier Edouard Philippe ha detto in tv: “Nessuno può essere soddisfatto se qualcuno che era schedato poteva continuare a beneficiare” di un porto d’armi. “Non solo lasciano a piede libero chi è schedato ‘S’, ma in più viene riconosciuto loro il porto d’armi… sono pazzi o cosa?”, ha invece scritto su Twitter la leader del Front National, Marine Le Pen.
Una difesa arriva dagli 007 francesi: “Se nel febbraio scorso hanno riconfermato il porto d’armi al ragazzo radicalizzato – spiega una fonte della polizia citata da Le Monde – era solo per non insospettirlo. Una classica tecnica di intelligence che ha l’obiettivo di facilitare la sorveglianza dell’interessato e del suo ambiente”. Dopo il tentativo di colpire di nuovo nel cuore della Capitale, le forze armate hanno reagito piombando nella sua abitazione e fermando la moglie, il fratello, la cognata e il padre.
In casa, rivela Bfm-Tv, è stato ritrovato tutto l’occorrente per fabbricare una bomba, oltre a una lettera nella quale il 31enne aveva prestato giuramento all’Isis. Domani il ministro dell’Interno Gérard Collomb presenterà in consiglio dei ministri il nuovo progetto di legge antiterrorismo per “pedinare individui come questo, evitando dunque gli attentati”.