Pubblici funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Venezia che si mettono in vendita o si fanno comprare. Imprenditori del ricco Veneto pronti a corrompere per non pagare le tasse sui proventi delle loro attività. Professionisti compiacenti che si prestano a fare da collegamento. E finanzieri pronti a chiudere non un occhio, ma tutti e due, se il contraccambio è un Rolex Daytona, del valore di 8-9mila euro, tre mesi del loro stipendio. Il romanzo delle tangenti è sempre lo stesso. Ma ogni volta che lo si sfoglia riserva varianti e sorprese. Ad esempio una funzionaria incorruttibile.
Accade a Venezia dove 16 persone sono state arrestate (due ai domiciliari) per una lunga sfilza di reati. E’ il segno di un andazzo così generalizzato da far dire al comandante provinciale della Finanza, Alberto Reda: “Questa è la più grande inchiesta contro il fenomeno della corruzione dopo il Mose”. E al procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi: “E’ emerso un contesto criminale vasto e articolato, che travalica i singoli episodi contestati”. E al generale Antonino Maggiore, comandante regionale della Finanza in Veneto: “E’ un’inchiesta dolorosa perché coinvolge due nostri ufficiali”.
La ricerca di coperture politiche – Uno dei principali indagati è Elio Borrelli, ex direttore del Centro Operativo delle Entrate di Venezia. Secondo il gip Alberto Scaramuzza, oltre agli episodi di corruzione vi sarebbe stato anche un suo tentativo di cercare appoggi politici per ottenere un posto di prestigio, nell’ordine la direzione regionale di Venezia, un trasferimento a Verona o a Roma. Nel 2015 chiamò al telefono il commercialista mestrino Arcangelo Boldrin, esponente del Pd veneziano, chiedendogli un appoggio presso il sottosegretario Pier Paolo Baretta a Roma. “Cerca di farmi andare a Verona che cambia la vita anche a te”, è la frase intercettata. Secondo il gip è “una promessa esplicita di favorire le pratiche del commercialista”. Ma il professionista non abboccò, il sottosegretario non venne interessato e Borrelli finì a dirigere l’ufficio Pesaro-Urbino, da cui però continuava a seguire le vicende venete, avvalendosi anche dell’appoggio del direttore provinciale delle Entrate, Massimo Esposito, che è pure stato arrestato.
I complimenti del presidente Bedoni – Borrelli lo troviamo dappertutto, anche nei favori concessi a Cattolica assicurazioni: la compagnia veronese si vide ridurre da 8,8 milioni di euro a poco più di due milioni e mezzo il debito definito nel dicembre 2016 da un atto di adesione unificata. In quel capitolo spuntano due Daytona regalati a Christian David, capo ufficio grandi contribuenti regionale delle Entrate, e al tenente colonnello della Finanza Vincenzo Corrado, in servizio al comando regionale veneto. Nel marchingegno per ridurre l’accertamento fiscale sono coinvolte molte persone, due dirigenti della Cattolica, tra cui il direttore amministrativo Giuseppe Milone. I fotografarono una cena a cui partecipò anche il presidente della società Paolo Bedoni (che non risulta indagato), chiamato nelle intercettazioni “il piemontese”. Dalle carte emerge che quando il debito con le Entrate venne abbattuto, anche Bedoni ne fu informato, dopo un incontro cruciale con uno dei funzionari arrestati. E si complimentò con i subalterni. “E’ andà da Dio a Mestre eh!” gli dice nell’ottobre 2016 Albino Zatachetto, che è segretario del presidente del Cda di Cattolica. E Milone aggiunge: “Ciao è andata bene oggi, sì ho tagliato ancora, duesette-dueotto”. Sono le cifre della contestazione ridotta a fini Irap, Ires e Iva. E Bedoni: “Bravo!”. Milone: “No, so’ sta bravi tutti… poi va bè ti spieghiamo”. Il presidente, entusiasta: “Bravissimi, bravi, ecco bravi!! Complimenti ancora”.
La supermazzetta del costruttore – Aldo Bison di Jesolo è a capo di un gruppo importante nel settore edilizio. Grazie all’interessamento di Borrelli ed Esposito avrebbe goduto del rallentamento degli avvisi degli accertamenti fiscali di alcune sue ditte dal 2008 al 2011. E le imposte e sanzioni dovute sarebbero state ridotte dell’80 per cento, da 41 a 8,3 milioni di euro. Secondo gli investigatori il premio per Borrelli ed Esposito sarebbe stato di 300mila euro. Secondo l’accusa, Bison ne aveva consegnati 140mila, alla fine del 2016, in tre rate pagate a Chioggia e a Pesaro.
Trasferimento per la funzionaria integerrima – La chiamavano “la stronza”. Era Anna Boneschi, una funzionaria delle Entrate che non si faceva corrompere e aveva ordinato nuovi accertamenti su Bison. La paura di Borrelli era che l’imprenditore si rivolgesse direttamente alla donna. Al telefono gli dice: “Aldo, non pensare con il cervello tuo. Un anno fa com’eri? Disperato, dovevi pagare 50 milioni di euro. Ok? Eri disperato… incasinato. Non sapevi da dove uscire e ne stiamo uscendo anche benissimo. Stai tranquillo. Dobbiamo lasciarla stare perché lei è stata bypassata”. Il ricorso aveva, infatti, tolto la competenza alla funzionaria. “Ma se tu vai da lei, lei ci fa saltare tutto, perché va dal direttore generale” aggiunge Borrelli. La funzionaria integerrima verrà trasferita. Lo dice Borrelli a Bison durante una cena: “Siamo riusciti a toglierci dai coglioni la Boneschi. E’ a Treviso dall’1 gennaio (2016, ndr), ma l’abbiamo messa sotto un direttore provinciale che la odia… infatti sta piangendo da due giorni”. E Bison commenta: “Chi semina vento raccoglie tempesta”.
Il colonnello chiacchierone e il giudice – Dal filone riguardante Cattolica Assicurazioni emerge il ruolo che avrebbero avuto il tenente colonnello della Finanza Vincenzo Corrado e il giudice tributario Cesare Rindone, componente della Commissione tributaria regionale, nell’abbattimento del debito verso l’Erario. Il loro obiettivo era di far assumere in Cattolica un loro amico, dipendente comunale a Verona. Anzi, Corrado aveva prospettato anche una sua assunzione, in caso si fosse congedato dalla Finanza. Sorprendentemente l’ufficiale e il giudice ne parlavano al telefono. Annotano i finanzieri che li ascoltavano nell’ottobre 2016: “Rindone, nella paura di essere intercettato, si altera per il linguaggio troppo esplicito utilizzato dal Corrado, che sembra che voglia qualcosa in cambio”. Il giudice dice: “Fai parlare me. Tu devi capire che quando si parla di ste robe qua, anche se in questo momento mentre io e te parliamo c’è il maresciallo che ci sta ascoltando… la cosa che dobbiamo proprio escludere è che tu voglia qualcosa, mi sono spiegato”. E Corrado: “No sto facendo un favore allo Stato, all’Erario, anche perché rischia di non incassare un cazzo se va in contenzioso”. Peccato che poi abbia ricevuto la promessa di un Rolex Daytona, simile a quello che gli fu consegnato per il pubblico ufficiale David. E abbia accettato. “Però un oggettino… cioè una cosa similare mi piace! Non è che non mi piace… Cioè… Cioè….”.
Ex assessore indagato (e poi archiviato) – Dalle carte dell’inchiesta veneziana spunta un filone inedito, legato alle intercettazioni sul Mose. Il gip Scaramuzza scriveva che l’imprenditore Pierluigi Alessandri della Sacaim nel 2013 avrebbe pagato una mazzetta da 100mila euro all’ex assessore comunale veneziano Enrico Mingardi, per lavori stradali a Mestre. Mingardi commentava: “E’ una follia, un’enormità. Il Comune non si occupò di quell’appalto e fu aggiudicato nel 2011 quando non ero più assessore da 6 mesi perché Massimo Cacciari mi aveva tolto le deleghe. Non contavo più nulla”. La posizione di Mingardi è stata poi archiviata nel 2020: “Dalle indagini – scrive la gip Roberta Marchiori – non sono emersi elementi a sostegno dell’originaria ipotesi investigativa che vedeva gli indagati coinvolti in fatti corruttivi e inerenti a false fatturazioni”.
Non è finita. La parola finale di questo romanzo non è ancora stata scritta. Il pubblico ministero Stefano Ancilotto, che conduce l’inchiesta su delega del procuratore Bruno Cherchi, ha già iscritto almeno un’altra decina di persone nel registro degli indagati. Si tratta di pubblici ufficiali – militari della guardia di Finanza e personale delle Agenzie delle Entrate – e di imprenditori. Nei loro confronti non esistevano elementi tali da chiedere provvedimenti restrittivi, eppure ci sarebbero elementi per ritenerli coinvolti in qualche episodio vecchio o nuovo. Nel frattempo non è ancora stato ultimato il giro degli interrogatori di garanzia. Molti si stanno avvalendo della facoltà di non rispondere. Ma Elio Borrelli e Massimo Esposito, funzionari delle Entrate, avrebbero già chiesto di essere interrogati dal pm. C’è aria di collaborazione.
Articolo aggiornato il 9 maggio 2020 da redazioneweb