L'istituto milanese non intende investire denaro più che simbolico nei buchi veneti e tanto meno perdere peso e redditività per causa loro. Lo ha messo nero su bianco il cda in una delibera che, con voto unanime, ha approvato "la disponibilità all’acquisto di certe attività e passività e certi rapporti giuridici facenti capo a Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca"
Intesa SanPaolo rompe gli indugi e da il via all’operazione di sistema per arginare il collasso di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, dopo il fallimento del fondo Atlante e le conseguenti trattative a vuoto con Bruxelles. Ma a condizioni molto chiare: la banca milanese non intende investire denaro più che simbolico nei buchi veneti e tanto meno perdere peso e redditività per causa loro.
Lo ha messo nero su bianco il cda dell’istituto in una delibera che, con voto unanime, ha approvato “la disponibilità all’acquisto di certe attività e passività e certi rapporti giuridici facenti capo a Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca”. Intesa esclude aumenti di capitale e prevede il pagamento “di un corrispettivo simbolico“. La disponibilità c’è “purché a condizioni e termini che garantiscano, anche sul piano normativo e regolamentare, la totale neutralità dell’operazione rispetto al Common Equity Tier 1 ratio e alla dividend policy del Gruppo Intesa Sanpaolo”.
In pratica le condizioni prefigurano la creazione di una good bank dei due istituti prima di poter chiudere un accordo con il compratore, visto che sono esclusi dal perimetro dell’eventuale acquisizione i crediti deteriorati, quelli in bonis ad alto rischio, le obbligazioni subordinate, nonché partecipazioni e rapporti giuridici considerati non funzionali. L’operazione è poi “subordinata all’incondizionato placet di ogni autorità competente anche con riferimento alla relativa cornice legislativa e regolamentare”.