L’aumento della quattordicesima per i pensionati non ha avuto (perché non è ancora in vigore) e non avrà nemmeno in futuro un impatto positivo sulla disuguaglianza dei redditi. A riconoscerlo è l’Istat: l’istituto, dopo i rilievi del fattoquotidiano.it sui contenuti del rapporto sulla redistribuzione del reddito, come anticipato dal direttore della produzione statistica Roberto Monducci ha fornito i dati disaggregati sull’effetto delle “principali politiche redistributive del periodo 2014-2016” sull’indice di Gini. Che è pari a zero in caso di assoluta uguaglianza, 100 nei Paesi in cui la disuguaglianza è massima.
Lo stesso Monducci ha spiegato all’agenzia Ansa che il bonus di 80 euro nel 2016 ha “ridotto la disuguaglianza da 30,4 punti a 30,2 e il rischio di povertà dal 19,2% al 18,5%”. Mentre la quattordicesima allargata che sarà versata a partire da luglio “riduce lievemente solo il rischio povertà da 19,2 a 19,1″. Sulla distribuzione dei redditi, evidentemente, nessun effetto. Quindi nonostante, come si legge nel rapporto, “gli effetti più importanti dell’aumento della quattordicesima” si osservino “per le famiglie a reddito medio-basso del secondo quinto (circa 940mila famiglie beneficiarie, per un importo medio di 310 euro l’anno)”, l’intervento previsto dall’ultima legge di Bilancio del governo Renzi non ha avuto effetti redistributivi. Quanto al Sostegno di inclusione attiva, entrato in vigore solo nella seconda metà del 2016, “al momento non sembra aver prodotto effetti significativi”.
Nel rapporto, però, alle tre misure viene attribuito un impatto positivo pari a 0,3 punti percentuali: “Queste modifiche al sistema di tasse e benefici”, si legge, “aumentano l’equità della distribuzione dei redditi disponibili. La diseguaglianza, misurata dall’indice di Gini, si riduce infatti dal 30,4 al 30,1“. Di conseguenza, sembra mancare all’appello uno 0,1. A meno che non siano intervenute approssimazioni, cosa che però non è dato di verificare visto che Istat non ha fornito ulteriori dettagli.