Rifiutando il ricovero la Regione costrinse il padre a trasferire Eluana in una struttura privata a Udine, dove la ragazza è morta il 9 febbraio 2009. A Beppino Englaro spettano 132.965,78 euro. Il legale della famiglia: "Confermata in toto la pronuncia del Tar. Se la Lombardia non avesse fatto appello, si sarebbero risparmiati soldi dei cittadini"
La Regione Lombardia deve risarcire Beppino Englaro perché non si fece carico di trovare una struttura pubblica nella quale ricoverare sua figlia Eluana per sospendere il trattamento di sostegno vitale. I giudici scrivono, insomma, che spettava alla Regione far staccare il sondino che alimentava la giovane lecchese.
Una volta stabilito in sede civile, con sentenza della Cassazione, il diritto e le volontà di Eluana, “non poteva ragionevolmente porsi in dubbio l’obbligo della Regione di adottare tramite proprie strutture le misure corrispondenti al consenso informato espresso dalla persona”, si legge nelle 56 pagine della sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso della Regione, già condanna dal Tar nell’aprile 2016.
Rifiutando il ricovero, invece, la Lombardia costrinse il padre a trasferire Eluana in una struttura privata a Udine dove la ragazza è morta il 9 febbraio 2009. A Beppino Englaro spettano 132.965,78 euro per danno patrimoniale e e non patrimoniale più il pagamento delle spese legali. I giudici hanno rilevato che il diritto di rifiutare le cure, riconosciuto ad Eluana dalla Corte di Cassazione, e, in sede di rinvio, dalla Corte di appello di Milano, “è un diritto di libertà assoluto, efficace erga omnes. Pertanto, si tratta di una posizione giuridica che può essere fatta valere nei confronti di chiunque intrattenga il rapporto di cura con la persona, sia nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche che di soggetti privati”.
La Regione Lombardia, dopo 17 anni di cure a Eluana, “era tenuta a continuare a fornirle la propria prestazione sanitaria, anche se in modo diverso rispetto al passato, dando doverosa attuazione alla volontà espressa dalla stessa persona assistita, nell’esercizio del proprio diritto fondamentale all’autodeterminazione terapeutica”.
L’atteggiamento della Regione ha causato un danno alla famiglia Englaro e quindi il risarcimento del danno non muta “ed è pari alla somma complessiva di 132.965,78 euro, oltre accessori, di cui 12.965,78 a titolo di danno patrimoniale e di 120.000 a titolo di danno non patrimoniale con l’aggiunta di interessi e rivalutazione”. Dopo aver appreso della pronuncia favorevole del Consiglio di Stato, Vittorio Angiolini, legale del padre della ragazza morta dopo 17 anni di coma vegetativo, ha espresso “soddisfazione per la sentenza” spiegando che alla luce di quanto stabilito dai giudici in appello “se non fosse stato presentato il ricorso, si sarebbero risparmiati soldi dei cittadini”.
“Provvederemo a dare corso alla sentenza secondo i termini di legge”, ha annunciato la Regione. Le pronunce dei giudici, spiega l’assessore al Welfare Giulio Gallera, “non si commentano, ma si attuano, per questo, ancorché i fatti oggetto della sentenza di oggi siano imputabili alla precedente amministrazione, procederemo al risarcimento di Beppino Englaro”.