Sviluppo e lavoro sì, ma solo in cambio di rifiuti. Nella campagna pisana tutta colline e cipressi, in un’area destinata allo sviluppo turistico, la discarica del Bulera dovrà ingoiare ancora non una, ma un milione di tonnellate di scarti industriali. È la condizione per avere nuova occupazione: di uno stop si parlava già nel 1999, ma ora l’obiettivo è farla andare avanti fino al 2026. E non è la prima volta: la sua vita è stata più volte allungata, prima perché la proprietà non aveva i soldi per chiuderla, ora perché da qui – si dice – dovrebbero arrivare le risorse per nuovi investimenti. Il progetto che terrebbe in vita il sito per altri nove anni è ancora in attesa del sì della Regione, ma intanto sono scoppiate le polemiche per il cortocircuito che si è innescato tra ambiente e lavoro. Così, mentre i cittadini che protestano per l’ampliamento parlano di “ricatto occupazionale”, il presidente della Scl, la società proprietaria dell’invaso, Attilio Pellero, è netto: “Senza autorizzazione cade tutto, perché le risorse da investire dovrebbero venire in parte dalla discarica. L’alternativa sarà il Sud America, dove già abbiamo uno stabilimento e produrre costa un quarto”, dice a ilfattoquotidiano.it.
Rifiuti industriali dal 1982
Nell’avvallamento di Bulera, a pochi chilometri dal piccolo paese di Pomarance e dal sito geotermico di Larderello famoso in tutto il mondo, dal 1982 sono stati smaltiti rifiuti anche pericolosi: non solo gli scarti industriali pieni di arsenico della stessa Scl, nata come primo produttore mondiale di boro, ma anche i fanghi geotermici e poi terre contenenti amianto e altri fanghi contaminati da mercurio. In futuro arriverebbero i rifiuti che in Toscana non si sa dove smaltire: ancora amianto, insieme alle terre di scavo dei porti di Piombino e Livorno e del cantiere fiorentino della tranvia. Intorno i contadini coltivano l’erba per gli animali, il fiume Possera scorre poche decine di metri più sotto e le pecore dei pastori del posto passano davanti al sito per andare a pascolare altrove, lontano dalla vista della discarica. Nei progetti dell’azienda, che da alcuni anni si è lanciata nel business dei fertilizzanti innovativi, vicino al sito dovrebbe nascere un centro ricerche per sperimentare nuovi prodotti, con tanto di serre alimentate dal vapore geotermico. È scritto anche in un protocollo d’intesa firmato da Scl, Comune, Regione e sindacati ad aprile 2016, in cui tutti, in modo un po’ paradossale, si sono impegnati “a dare esecuzione al piano” prima ancora che venisse chiesto il via libera per continuare a seppellire rifiuti a Bulera.
Una valle sepolta dai rifiuti
Ma se i benefici del piano sono stati messi nero su bianco – 20 milioni di investimenti e 30 nuovi posti di lavoro in un’area dove altre aziende hanno già mandato a casa i dipendenti – il progetto ha anche diverse criticità. L’azienda, anziché di aumento dei volumi di rifiuti, parla di “riprofilatura della discarica e sua integrazione nel quadro paesaggistico”. Ma la sostanza non cambia. “Visto che non sono previste nuove aree, la discarica si svilupperebbe in verticale, con un rialzamento di oltre 10 metri. Altro che integrazione paesaggistica: quella che un tempo era chiamata la Valle della luna sarebbe definitivamente sommersa da una montagna di rifiuti”, spiega a ilfatto.it Rita Guidugli, insegnante in pensione che si è messa a capo della protesta. Il tutto in un’area destinata dal Comune allo sviluppo turistico, ma dove la discarica ha già creato dei problemi: un agriturismo vicino, racconta l’amministratore Andrea Cinotti, ha dovuto chiudere i battenti di fronte alle proteste dei turisti. “Negli anni recenti gli ospiti, prevalentemente stranieri, che avevano acquistato il soggiorno attraverso agenzie, una volta arrivati alla fattoria del Bulera e vista la discarica hanno annullato il soggiorno minacciando azioni legali di risarcimento danni”.
Arsenico nel fiume
C’è poi la questione dell’inquinamento idrico della zona. L’invaso sorge infatti su un versante scosceso ed è attraversato da un piccolo torrente che si immette nel vicino fiume Possera. Già nel 2007 l’Europa aveva messo nero su bianco che “l’acqua dell’alta val di Cecina è inquinata dall’arsenico nella zona a valle della discarica di Bulera. Questo porta alla supposizione che la discarica disperda arsenico nelle acque del fiume Possera in quantità significative”. Se è vero che nell’area le fonti di inquinamento da arsenico sono diverse, le stesse rilevazioni Arpat evidenziano differenze nella concentrazione del metallo pesante tra il tratto a monte e quello a valle del sito: 14 contro 40 milligrammi per litro (il limite di qualità è 10), secondo le analisi di aprile 2017. Nell’autunno 2016, il percolato di Bulera è spuntato persino nell’inchiesta “Panta Rei” della Dda dell’Aquila su smaltimenti illeciti nel fiume Pescara. “Dalla Toscana, da lassù viene fino qua per portare quella roba! Perché nessuno la vuole con l’arsenico a cinquanta!”, si sente dire in un’intercettazione che gli inquirenti hanno collegato alla discarica della provincia di Pisa.
20 tir al giorno carichi di rifiuti
E gli effetti negativi non si limiterebbero solo alla zona intorno al sito. Per raggiungere la discarica, infatti, c’è un’unica strada che attraversa il vicino paese di Saline, comune di Volterra. “Si tratterebbe di 20 autotreni al giorno che fanno avanti e indietro, provocando rumore, polveri e emissioni inquinanti. Ci batteremo fino all’ultimo perché finalmente il Bulera chiuda”, dice la consigliera comunale Tiziana Garfagnini. “Anche se il sito non è direttamente sul nostro territorio, i Comuni dell’area dovrebbero scegliere la vocazione in cui credono: il turismo o le discariche. Non si possono avere entrambe le cose”, aggiunge il sindaco di Volterra Marco Buselli.
L’azienda: “Nessun inquinamento, miglioreremo il paesaggio”
Contattata da ilfatto.it, l’assessore all’Ambiente della Regione Toscana Federica Fratoni non ha voluto rilasciare dichiarazioni, perché la procedura autorizzativa è ancora in corso. L’azienda, da parte sua, respinge ogni addebito: dopo l’aggiunta di nuovi rifiuti, sostiene Pellero, “il sito sarà incomparabilmente migliore rispetto a come era prima della discarica. Così sarà armonico con il resto. Se lei non la riempie, rimane uno sfregio ambientale”. E sulla fattoria di Bulera, spiega: “L’agriturismo è stato chiuso nel 2008, servivano degli investimenti che non sono mai stati fatti e non certo a causa della discarica”. Tutto bene, per il presidente di Scl, anche sul fronte dell’acqua: “Le analisi fatte di recente sulle acque profonde indicano una tenuta perfetta del sito. In Abruzzo abbiamo portato percolato una sola volta ed era tutto regolare. Non abbiamo ricevuto avvisi di garanzia e quella intercettazione non si riferisce a noi”. E rassicura chi teme che il centro di ricerche rimanga un bel progetto sulla carta: “Dal punto di vista finanziario le cose sono meno belle di quando abbiamo firmato il protocollo, ma siamo persone di parola e manterremo quello che abbiamo detto. Se non ci danno l’autorizzazione, però, casca tutto”.