L’Ama ha dato l’ok alla rigenerazione della seconda linea di termovalorizzazione dell’impianto: smaltirà fino a 220.000 tonnellate di rifiuti romani (contro le 60.000 attuali) a un prezzo di 83 euro a tonnellata (93 euro compreso il trasporto), contro i 135 euro investiti per la trasferenza in Austria e nelle altre regioni del nord Italia
L’inceneritore di Colleferro sarà rimesso a nuovo e “salverà” Roma dall’emergenza rifiuti, allontanando l’ipotesi del commissariamento. Ora c’e’ anche l’ok del Campidoglio. E’ arrivata, a sorpresa, la soluzione al braccio di ferro a tre che da mesi sta anteponendo il Campidoglio alla Regione Lazio e al governo nazionale. L’Ama, società capitolina che si occupa della gestione del ciclo, ha infatti dato l’ok alla rigenerazione (in gergo “revamping”) della seconda linea di termovalorizzazione dell’impianto, situato 40 km a sud del Grande Raccordo Anulare, e al suo utilizzo fino al 2022.
L’operazione era stata bloccata in inverno dall’ex numero uno di Ama, Antonella Giglio, su indicazione dell’amministrazione guidata da Virginia Raggi. Il dietrofront, però, è giunto lunedì 19, durante l’Assemblea dei Soci di Ep Sistemi (società partecipata al 60% dalla regionale Lazio Ambiente e al 40% dalla romana Ama) con il via libera al piano industriale sottoscritto dal neo presidente Lorenzo Bagnacani. Lo stanziamento, già previsto, di 2,5 milioni di euro consentirà di rimettere a nuovo l’impianto entro il primo trimestre del 2018 e di smaltire nelle due linee di incenerimento – l’altra e al 100% di proprietà di Lazio Ambiente – fino a 220.000 tonnellate di rifiuti romani (contro le 60.000 attuali) a un prezzo di 83 euro a tonnellata (93 euro compreso il trasporto), contro i 135 euro investiti per la trasferenza in Austria e nelle altre regioni del nord Italia come Emilia Romagna e Lombardia.
LA RIPRESA DEL DIALOGO ISTITUZIONALE – Ufficialmente, secondo l’Ama, l’approvazione del piano industriale è stata “una scelta obbligata” per evitare una multa da 11 milioni di euro che si sarebbe abbattuta sulle casse della municipalizzata capitolina (con conseguente ipotesi di danno erariale). A quanto risulta a IlFattoQuotidiano.it, in realtà, questa sarebbe stata facilitata da una sorta di compromesso politico, un segnale di apertura rispetto alle richieste del ministro Gian Luca Galletti.
Il termovalorizzatore di Colleferro, pur al massimo della sua potenza, può accogliere solo una parte del cdr prodotto dai tmb romani, ma consentirà alla sindaca Raggi di mettere in atto “con maggiore serenità” (e con abbattimento dei costi per la parte pubblica) il suo piano di smaltimento dei materiali post-consumo, tarato al 2021, con la possibilità – dal 2022 – magari di operare la trasformazione in “fabbrica dei materiali come luogo del riuso” ipotizzato nei mesi scorsi. Dall’altra parte, la Regione Lazio potrà fornire al governo un piano rifiuti completo e in linea con le direttive comunitarie, che non implichi la realizzazione di nuove discariche di servizio, magari ordinata da un commissario governativo.
IL NUOVO FRONTE POLITICO – Tutti contenti, dunque? Non proprio, perché l’operazione rischia di aprire – dopo quello dello stadio dell’As Roma – un altro duro fronte interno del Movimento 5 Stelle, da sempre contrario agli inceneritori. E potrebbe vedere come protagonista la consigliera Monica Montella, che alcune settimane fa dal suo blog aveva auspicato un destino diverso per gli impianti: contattata da IlFattoQuotidiano.it, ha preferito non commentare.
I più scontenti, però, sono i cittadini della Valle del Sacco, area da anni martoriata dall’inquinamento. “Se fosse confermata sarebbe una decisione gravissima – afferma incredulo a IlFattoQuotidiano.it Alberto Valleriani, presidente del Comitato Retuvasa – perché ci era sempre stato assicurato il contrario. La Giunta capitolina aveva l’occasione di sbarazzarsi di questo impianto, invece ancora una volta gli accordi politici che si fanno a Roma vanno a pesare sul nostro territorio. Siamo molto arrabbiati”.
Tirano un sospiro di sollievi gli abitanti della Valle Galeria, di Cerveteri e di Ladispoli, aree che rientrano nella cosiddetta “zona bianca” ipotizzata dagli uffici della Città Metropolitana per la possibile discarica, mentre ancora non è chiaro se la città di Roma sarà costretta a servirsi di altri due impianti del Colari di Manlio Cerroni, il tmb di Guidonia e il tritovagliatore di Rocca Cencia – ipotesi finora sempre smentita dal Campidoglio – come non è chiaro dove sarà posizionato l’altro tritovagliatore, quello mobile di Ama, per il quale oltre al veto di Rocca Cencia adesso c’e’ anche quello su Ostia Antica, apposto pubblicamente dal capogruppo capitolino del M5S, Paolo Ferrara.