La premier britannica ha garantito ai cittadini Ue residenti nel Regno Unito da almeno cinque anni gli stessi diritti degli inglesi su sanità, istruzione, benefit e pensioni. Ma per il presidente della Commissione e diversi leader europei non è abbastanza. Critiche al primo ministro Tory arrivano anche dalla Gran Bretagna
“E’ un primo passo, ma non è sufficiente”. Il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha liquidato in poche parole le garanzie anticipate da Theresa May in vista della Brexit. La premier britannica, nel corso del vertice di Bruxelles, ha garantito ai cittadini Ue residenti nel Regno Unito da almeno cinque anni gli stessi diritti degli inglesi su sanità, istruzione, benefit e pensioni. E per chi è sul suolo britannico da meno tempo, ha assicurato che dopo avere raggiunto lo stesso limite temporale potrà chiedere il permesso di soggiorno. Tutti elementi che anche per Angela Merkel (“E’ un buon inizio ma non un progesso”) e il cancelliere austriaco Christian Kern non sono sufficienti. “È una prima buona proposta, che apprezzo – ha detto al suo arrivo al secondo giorno di lavoro del vertice Ue – ma è chiaro che dobbiamo investirci molto più lavoro”. Kern ha poi ricordato che “ci sono molti cittadini che non sono coperti” dalla proposta della May relativa ai cinque anni di residenza, “e questo sarà parte dei negoziati“. Stessa linea anche per il capogruppo dell’Alde al Parlamento europeo Guy Verhofstadt, coordinatore dell’Eurocamera per la Brexit, secondo cui “la ‘generosa offerta’ di Theresa May non garantisce appieno i diritti dei cittadini Ue che vivono in Gran Bretagna“. Quindi, ha aggiunto, “speriamo che il ‘position paper’ britannico atteso per lunedì garantisca ciò che cerchiamo”. Più morbido invece Alfano, secondo cui la trattativa per la Brexit non deve avere “da parte nostra, come Italia e neanche da parte dell’Europa in generale, un approccio punitivo”. La contro-risposta della premier britannica non si è fatta attendere. Al termine della riunione del Consiglio europeo, Theresa May ha ribadito che “abbiamo fatto una offerta giusta e seria” sui diritti dei cittadini, aggiungendo di volere anche “certezza” per i milioni di britannici residenti nell’Unione Europea. “Il Regno Unito lascerà l’Ue ma non l’Europa”, ha specificato chiarendo che vuole “una partnership profonda e speciale”.
Mays “generous offer” does not fully guarantee the rights of EU citizens living in the UK (1/2)
— Guy Verhofstadt (@GuyVerhofstadt) June 23, 2017
Critiche alla May in Uk – Ma le proposte della premier hanno raccolto molte critiche anche in Gran Bretagna. Per il laburista Keir Starmer, ministro per la Brexit ombra, è “troppo poco e in ritardo” quanto proposto rispetto a una questione che non può essere usata come “merce di scambio” nelle trattative. Ha rincarato la dose il sindaco di Londra, il laburista Sadiq Khan, secondo cui la proposta avrebbe una serie di lacune e non arriva a garantire in pieno i diritti di tutti gli immigrati Ue. Stesse critiche anche da parte del leader libdem uscente, Tim Farron, secondo cui restano troppe domande a cui May non ha risposto e una serie di termini della proposta, a partire dalla scadenza ultima dopo la quale non è più possibile richiedere il diritto di residenza, non sono state indicate.
Le proposte della premier britannica – A vivere nel Regno Unito sono oltre tre milioni di cittadini comunitari, che la premier britannica ha tentato di rassicurare nel Consiglio europeo di ieri con proposte che, come ha anticipato il negoziatore inglese David Davis, saranno pubblicate nel dettaglio lunedì e costituiranno una base per il secondo round di negoziati previsto per il 17 luglio. Sempre che la premier britannica riesca a concludere un accordo con gli unionisti nordirlandesi del Dup, per garantirsi una maggioranza in parlamento. Per la premier, nessun cittadino europeo dovrà lasciare il Regno Unito con la Brexit o separarsi dalla sua famiglia, e a tutti verrà data la possibilità di regolarizzare il proprio status.
Per questo verrà data a tutti l’opportunità di regolarizzarsi: tutti i cittadini europei residenti (ad una data che sarà specificata in seguito e non anteriore ai negoziati Brexit) da almeno cinque anni verrà data la residenza con pieni diritti. Avranno sanità, istruzione, benefit e pensioni come se fossero inglesi. Anche a chi è arrivato nel Paese prima della ‘data limite’ (non ancora specificata), ma non ha ancora i 5 anni da residente, verrà data la possibilità di restare fino al loro compimento per poi chiedere poi il permesso di soggiorno. La premier ha anche chiarito che gli europei saranno soggetti alla legge Ue fino a che il Paese non sarà uscito. Ma ha avvertito che la reciprocità è vitale: la sua proposta sarà valida solo se gli stessi diritti saranno riconosciuti agli inglesi residenti nell’Ue.
Intanto nella competizione per portare a Milano l’agenzia Ue per il farmaco (Ema), che assieme a quella dell’autorità di controllo per le banche (Eba) presto dovranno traslocare dal Regno Unito, l’Italia è decisa a far valere il peso di tutto quanto ha da offrire. E’ questo il senso della battaglia che ha condotto assieme a Olanda, Svezia, Spagna, affinché nella scelta finale, a novembre, tra le numerose candidature, possano prevalere i criteri di merito, contro quello di equilibrio geopolitico, a cui si appellano i Paesi dell’Est.
Sulla partita si sono consumate schermaglie per giorni, ma con le rassicurazioni di una valutazione accurata sulla soddisfazione dei requisiti da parte della Commissione Ue, a cui far seguire una discussione politica, prima della votazione, il premier Paolo Gentiloni, al vertice Ue, è riuscito ad incassare qualche chance in più di raggiungere il risultato. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha invece smentito i rumors che la vedevano in combutta sottobanco col presidente Emmanuel Macron per spartirsi le agenzie Ema e Eba.