Vladimir Putin sarebbe coinvolto direttamente nella campagna di hackeraggio per interferire nelle elezioni presidenziali Usa del 2016. E questa volta non sarebbe solo un’ipotesi: la Cia avrebbe trovato le prove dell’intervento diretto del presidente russo. Lo racconta il Washington Post che, citando diverse fonti, rivela l’esistenza del rapporto di intelligence con le prove, confermate da fonti interne al governo russo. Il numero uno del Cremlino avrebbe dato istruzioni specifiche per danneggiare la candidata democratica Hillary Clinton. Quel rapporto sarebbe arrivato alla Casa Bianca e al presidente Barack Obama già all’inizio del mese di agosto del 2016.
Tre mesi prima del voto per le elezioni presidenziali, spiega il quotidiano della capitale, il quadro generale di un attacco informatico da parte dei servizi di spionaggio della Russia era evidente e all’attenzione delle massime autorità degli Stati Uniti. Soprattutto dopo che il 22 luglio dello scorso anno quasi 20mila email sottratte al comitato elettorale democratico erano state pubblicate online da WikiLeaks. In alcune di quelle email la candidata democratica diceva di essere “lontana dalla classe media” e raccontava di aver sentito piangere Silvio Berlusconi.
Già nel dicembre del 2016 il Washington Post aveva svelato l’ipotesi della Cia. “La conclusione della comunità dell’intelligence è che l’obiettivo della Russia era di favorire un candidato rispetto all’altro, aiutare Trump a essere eletto. Questa è la visione condivisa”, scriveva il quotidiano spiegando che l’ex presidente Obama aveva disposto una verifica “completa” circa le presunte attività di hackeraggio e intrusioni legate alle elezioni presidenziali americane, chiedendo un rapporto esaustivo.
Ma, secondo le indiscrezioni riportate adesso, sono servite molte settimane alle altre agenzie di intelligence Usa per confermare il quadro tracciato dalla Cia. Solo nelle settimane finali dell’amministrazione Obama, in un rapporto declassificato, è stato rivelato ciò che gli 007 sapevano da agosto: Putin avrebbe lavorato per far eleggere Donald Trump. “In particolare – scrive il giornale americano – la Cia ha ottenuto, ai primi di agosto, informazioni da fonti all’interno del governo russo che riportavano le istruzioni specifiche date dal leader russo ai suoi subordinati riguardo agli obiettivi dell’operazione: puntare alla sconfitta dalla candidata democratica ed invece aiutare a consegnare la Casa Bianca a Trump”.
Il Washington Post sottolinea, criticandolo, anche il “noto atteggiamento ponderato” tenuto sul caso da Obama. “Quando si è trattato di rivelare l’operazione di hackeraggio russo durante le elezioni del 2016 – si legge ancora – Barack Obama ha assunto il suo noto atteggiamento ponderato, ‘no drama‘, il fatto è che il dramma lo ha poi investito”. Un modo che viene messo in discussione anche da molti ex funzionari democratici che ora fanno autocritica: “E’ la cosa più difficile da difendere di tutta la mia carriera di governo, siamo rimasti paralizzati”, ammette un ex importante esponente dell’amministrazione Obama.
Uno stato di torpore da cui alla Casa Bianca ci si è risvegliata in modo brusco con la vittoria di Trump: “La Casa Bianca era scioccata e mortificata – ha detto un altro funzionario – e dalla squadra della sicurezza nazionale è arrivata subito l’autocritica, ‘come abbiamo gestito male la cosa’”. Un “errore di calcolo” fatto da Obama e dai suoi, scrive ancora il Post, dovuto anche al fatto che la Casa Bianca, come praticamente tutti, credeva che, hacker o non hacker, Clinton avrebbe vinto lo stesso, tanto ampio era il suo vantaggio – soprattutto nell’agosto del 2016 – su Trump nei sondaggi.
Secondo il medesimo giornale, tuttavia, Obama ordinò per rappresaglia la preparazione di una cyberoffensiva contro la Russia. Ma solo poco prima di lasciare la Casa Bianca e con estrema riluttanza allo scopo di “non peggiorare le cose”. L’amministrazione Obama – raccontano le fonti – in particolare era convinta che agire in maniera decisa contro Mosca “avrebbe potuto provocare un’escalation da parte di Vladimir Putin”.
Ma c’era anche un’altra preoccupazione: quella che un’azione di rappresaglia dell’amministrazione Obama verso la Russia “potesse essere percepita come una interferenza politica in una campagna elettorale già rovente”. Ecco perché l’ex presidente avrebbe aspettato la fine del suo mandato per autorizzate la pianificazione di un cyberattacco, lasciando però la decisione al suo successore.