Genova mia città intera.
Genova che si riscatta.
Genova sempre umana,
presente, partigiana.
(Giorgio Caproni, Litania)

Vado a votare il 25 giugno 2017, triste, rannicchiato, umiliato. Battaglie condivise, ideali difesi, posizioni assunte fino allo spasimo per amore della Democrazia e la dignità, per l’acqua prima e per i tutti beni comuni, nell’indifferenza di tanti, nell’ardore di molti. Sono più solo triste dell’ultima volta, perché ieri, 23 giugno, è morto Stefano Rodotà, un maestro senza aggettivi, coerente e limpido, un fanciullo di 84 anni.

In questi giorni ho scambiato e-mail con tanti amici e ognuno aveva ragioni sociali, politiche, economiche, ideali, globali, altri più ordinarie, depressive, eppure erano tutte vere, condivisibili. Come non essere d’accordo sui criteri di economia, di politica, di scelte efferate, demenziali, omicide anticostituzionali? Solo un cieco potrebbe dire: “Vado a votare Crivello perché è il nuovo, l’alternativa, la speranza”. Se guardo che il maggior partito che lo sostiene, pur non essendovi lui iscritto, è il Pd, allora i contorcimenti diventano tarantole.

Come dimenticare in cosa si è trasformato il Pd renziano, prima bersaniano, prima ancora lettiano, prima ancora veltroniano, prima ancora dalemiano e prima ancora prodiano? Non posso dimenticare la trasformazione antropologica che affonda le proprie radici nel sostegno permanente e convinto a Berlusconi, che faceva finta di combattere, come ammise alla Camera nella seduta n. 106 della XIV legislatura del 28 febbraio 2002 il deputato Ds Luciano Violante, certificando che durante i governi di centro sinistra il fatturato delle tv di Berlusconi fosse aumentato di 25 volte, per garanzia della sinistra. Non potendo più dimenticare, ho scelto di non accettare il male minore, perché ogni volta si abbassava l’asticella della legalità e dell’etica. La prova? Il Parlamento attuale, eletto da una legge incostituzionale.

Il 25 giugno 2017 a “Genova sempre umana, presente, partigiana”, come canta sublime Giorgio Caproni, vado a votare non per la politica, non per le elezioni, non per questo o per quello, ma per Genova. Solo per Genova. La ragione del mio voto è civile e di civiltà. Non posso tollerare, votando Bucci o non andando a votare o votando scheda bianca o annullando la scheda, di essere complice di consegnare “Genova presente e partigiana” in mano a chi dichiara gli immigrati “bestie”, a chi è xenofobo, a chi si richiama direttamente alla Repubblica di Salò, volendo mettere quei traditori sullo stesso piano dei Resistenti. Se vince Bucci, Genova, che impedì ai fascisti di svolgere il loro congresso in città, facendo di conseguenza cadere il governo Tambroni, da essi appoggiato (maggio 1960), per i prossimi 25 anni avremo Genova macchiata in modo irreversibile e Berlusconi trionfante sulle macerie della resistenza.

Non licet. Non possumus. Il 25 giugno andrò a votare Gianni Crivello. Dopo che sarà eletto lo combatterò con tutte le mie forze per esigere che sia un sindaco a servizio di Genova partigiana e non del Pd o di chiunque altro. Lo voto perché mentre rinnego me stesso, sveglio la mia coscienza a essere cittadino attivo, esigente. Lo devo ai morti, lo devo ai vivi di oggi e di domani, lo devo a Genova, la prima città che, testimone il vescovo di Genova, ricevette nelle mani dei partigiani la resa dei tedeschi a Villa Migone.

Voto Crivello perché amo Genova e la voglio, ora e sempre, resistente e antifascista. Non si azzardi il Pd ad appropriarsi di questo voto che io non gli do e che non gli appartiene né oggi né domani. Il Pd stia con Renzi, il rottamatore della sinistra, io sto con Genova e la Resistenza.

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