E se il Centro – Nord è appannaggio delle criminalità economiche, il Meridione – culla delle mafie di casa nostra – è diventata meta preferita dei clan africani, che hanno spesso stretto legami con la camorra, con la ‘ndrangheta, con Cosa nostra. “Nell’Italia meridionale- prosegue la relazione –  dove le attività illecite più qualificate sono controllate dalle tradizionali organizzazioni mafiose, lo spazio d’azione autonomo si riduce ai settori dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione e lavorativo. Le indagini del Raggruppamento operativo speciale dell’Arma dei Carabinieri hanno documentato qualificate forme di cooperazione tra sodalizi mafiosi“. Già nel 2015 un’inchiesta del fattoquotidiano.it aveva svelato un “patto di non belligeranza” siglato tra il clan di Porta Nuova a Palermo e i nigeriani della Black Axe che invece imperano nel quartiere di Ballarò. Adesso la Dna fa il punto sugli affari delle cosche africane, attivissime sul fronte del traffico di esseri umani. “In modo particolare in Sicilia, Calabria e Puglia, emerge, oramai da diverso tempo, la presenza di nuclei di strutturati sodalizi transnazionali di matrice africana, dediti alla gestione dell’immigrazione irregolare di imponenti flussi migratori che raggiungono l’Italia via mare, anche attraverso l’ausilio di trafficanti di esseri umani operanti in Libia. Il dato più allarmante registrato con riferimento all’immigrazione clandestina è rappresentato, sicuramente, dal fenomeno dello sfruttamento della prostituzione, in quanto le ragazze nigeriane, reclutate nella loro nazione di origine con la promessa di un posto di lavoro in Italia sono, di fatto, ridotte in schiavitù, approfittando anche della situazione di vulnerabilità psicologica determinata dalla celebrazione di un rito Voodoo come garanzia”.

Le indagini documentano la cooperazione tra sodalizi mafiosi”

A dettare legge tra i clan africani ci sono proprio i nigeriani di Black Axe,  l’ascia nera, nata negli anni ’70 all’università di Benin City come una confraternita di studenti. All’inizio era una gang a metà tra un’associazione religiosa (li chiamano culti) e una banda criminale, che stabiliva riti d’iniziazione e imponeva ai suoi affiliati di portare un copricapo, un basco con un teschio e due ossa incrociate, come il simbolo dei corsari. Adesso si è trasformata in una vera e propria piovra, con i suoi capi, i suoi affari e i suoi traffici protetti dalla più invulnerabili delle leggi: l’omertà. “Quanto ai sodalizi nigeriani- confermano gli analisti di via Giulia –  si tratta di gruppi fortemente caratterizzati dalla comune provenienza etnico-tribale dei suoi membri. Tali elementi garantiscono a ciascun sodalizio un’elevata compattezza interna che ne consente un’efficace operatività nonostante la ricorrente suddivisione in cellule, attive in diverse aree territoriali nonché il riconoscimento dei caratteri dell’associazione mafiosa in diversi procedimenti penali. Tali prerogative hanno consentito alla consorteria criminale di affrancarsi dall’assoggettamento ad altri gruppi criminali e di raggiungere una certa autonomia nei traffici perpetrati, nonché di intrattenere proficui rapporti anche con la criminalità organizzata autoctona, come dimostrano alcuni recenti sequestri di hashish proveniente dal Marocco e destinato alla cosche ‘ndranghetiste e ai clan camorristici”. Siciliani, campani, calabresi e nigeriani: un’organizzazione criminale attiva in tutta Italia che nel novembre scorso è finita al centro dell’operazione della procura di Palermo. Per gli investigatori si trattava di una “mafia persino più violenta di Cosa nostra”. 

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